Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

Presentazione alla Spezia di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiVenerdì 5 aprile ore 17Biblioteca Civica Arzelà – PONZANO MAGRA
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L’edilizia sociale rischia la scomparsa

a cura di in data 21 Settembre 2008 – 09:32

Il Secolo XIX – 21 settembre 2008 – Giacomo Di Capua, consigliere comunale di FI, ha accusato di “faziosità” le critiche alla politica di edilizia sociale del governo apparse su questa rubrica. E’ bene partire da un’analisi della realtà, per capire i bisogni delle parti più deboli del Paese e le risposte da dare.
In Italia gli alloggi pubblici per l’affitto sono il 4,5% del totale. In Olanda il 36%, in Gran Bretagna il 22%, la media europea è il 20%. Dal 1998, in Italia, sono stati realizzati 320.000 alloggi l’anno, tutti destinati all’acquisto. L’offerta in affitto è asfittica e a prezzi inaccessibili. Il canale concordato copre solo il 15%. Ma il fabbisogno è in crescita, perché vi sono ragioni sociali che richiedono un forte aumento di case in affitto:  40.000 sfratti per morosità; 750.000 famiglie in difficoltà, il cui contratto è scaduto; 600.000 domande inevase di edilizia pubblica; su 9 milioni di giovani tra i 20 e i 34 anni 8,4 milioni vivono in famiglia (lo fa anche il 47% dei giovani occupati); su 3 milioni e mezzo di immigrati meno della metà ha una situazione abitativa stabile, l’altra metà è in condizioni di sovraffollamento o in alloggi di fortuna. Chi si sposta per lavoro fuori dalla propria città deve rinunciare a metà salario: dal 2000 ad oggi il reddito dei lavoratori dipendenti è stazionario, mentre i canoni di affitto sono cresciuti dall’80 al 110%.
Un Paese giusto e civile deve sapere rispondere a queste domande. CGIL, Sunia e Legambiente propongono un milione di case e 100 milioni di investimento in 10 anni: un programma di ampio respiro di edilizia residenziale in locazione a canone moderato, finanziato con fondi pubblici, di imprenditori privati, di soggetti istituzionali come fondazioni bancarie, fondi pensione, enti previdenziali.
Il contributo pubblico è essenziale per coagulare e indirizzare questo insieme di interessi: rendere disponibili aree a costi accessibili, ridurre gli oneri sui costi di costruzione, varare misure fiscali e procedurali incentivanti.
Insomma, occorre un impegno straordinario per rendere più vivibili le città e le loro periferie, dare una casa ai giovani, tutelare i lavoratori e i pensionati, dare risposte civili agli immigrati.
Dopo anni di totale disattenzione il Governo Prodi ha varato misure ancora parziali ma che andavano nella direzione giusta. Nella finanziaria 2008 erano stati stanziati 550 milioni per  ristrutturare 12.000 alloggi pubblici di edilizia sociale.
Il nuovo Governo ha “requisito” queste risorse inserendole in un piano casa molto centralizzato (altro che federalismo!). I soldi pubblici stanziati sono gli stessi, ma non sono spendibili e vengono rinviati ad un futuro incerto. A Spezia si sarebbero ristrutturati 64 alloggi, preziosi in una città in cui sono state presentate 1600 domande per la “casa popolare”.  Inoltre non si distingue più tra pubblico e privato, né tra affitto e proprietà. Non a caso Di Capua parla solo di proprietà, mai di affitto. Il timore è che non si costruiscano più case per la locazione ai ceti più deboli: ecco perché c’è il rischio che si vada verso la fine dell’edilizia sociale. Ora il Governo andrà al confronto con Regioni e Comuni: spero che questo timore sia smentito. Ma con i fatti.

lontanoevicino@gmail.com

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