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Le ragioni degli operai la politica e il lavoro

a cura di in data 31 Gennaio 2011 – 10:08

Il  Secolo  XIX – 31  gennaio  2011 – Venerdì, anche a Spezia, sono tornati i metalmeccanici. Alla radice della loro ribellione c’è la questione del loro futuro, del loro ruolo nel Paese. Gli operai sono molti milioni ma sembrano inesistenti: reclamano una rappresentanza e l’attuazione dei diritti scritti nella Costituzione.
Andrea Gerini, della Rsu del Muggiano, e Stefano Bettalli, segretario della Fiom, si sono commossi sul palco, sostenuti dai loro compagni che stavano in piazza. L’emozione si spiega: Sergio Marchionne voleva chiudere la partita e gli operai di Pomigliano e di Mirafiori l’hanno riaperta con un coraggio e una consapevolezza commoventi, visto il ricatto subito. Anche la sofferenza dei sì ha colpito. Andrea e Stefano hanno voluto dirci che gli operai non vogliono sentirsi persone sole, isolate rispetto alle ragioni del mercato. E ci hanno trasmesso l’orgoglio di chi lotta per mantenere la propria dignità.
In questi ultimi anni la mia “postazione” è stata civica e associativa, non partitica. Ci sono stati due momenti che mi hanno spinto a fare qualcosa di più direttamente “politico”: il dramma di Rosarno e, oggi, l’attacco al lavoro. In due giorni con alcuni amici abbiamo raccolto 200 adesioni all’appello “Per la libertà del lavoro. La società civile con la Fiom”: abbiamo scoperto che la nostra  indignazione era di tanti, e che i metalmeccanici sono oggi i “portatori” di un bisogno collettivo di cambiamento.
Le ragioni di Marchionne sono quelle della globalizzazione, o meglio della “americanizzazione”: dammi il tuo lavoro e gran parte dei tuoi diritti, in cambio avrai il salario e il posto. Tra la Germania, punta di diamante dell’industria europea, e gli Usa in piena crisi, Marchionne ha scelto il modello americano. In Germania il governo -di destra- e il sindacato lo considererebbero un provocatore. In Italia, invece,  ha assunto le sembianze del “modernizzatore” lungamente atteso. In realtà, con il suo modello, il lavoro torna ad essere semplice merce, non più l’elemento di emancipazione che è a fondamento della democrazia e della Costituzione.
Le ragioni della Fiom sono quelle del conflitto sociale: tu sei il mercato, io sono la forza lavoro, e ho bisogni, dignità, diritti. Un compromesso tra economia e diritti va raggiunto: ma senza conflitto sociale non c’è compromesso. E la democrazia e la Costituzione si reggono su questo compromesso. Le ragioni dei metalmeccanici sono quindi le ragioni di tutti. Anche perché il sistema dei diritti sta in piedi tutto insieme: cedere sui diritti del lavoro apre la strada alla demolizione di tutti gli altri.
Anche nel corteo spezzino c’era una domanda di fondo: dov’è la politica? Senza un progetto politico il disagio di operai, precari e giovani potrebbe diventare cieca rivolta. Se la politica, soprattutto quella di sinistra, non ascolta il dolore e i bisogni del mondo del lavoro diventa una contesa tra notabili che si appiattisce sull’economia e le lascia una delega in bianco ad occuparsi del lavoro. La crisi della politica nasce da qui. Come quella della sinistra: la sinistra deve essere convinta che a un problema non c’è solo la soluzione proposta da chi detiene il potere, ma almeno un’altra, alternativa, che ha come finalità l’emancipazione di chi non ha potere. Altrimenti la sinistra è una finzione.

lontanoevicino@gmail.com

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