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Furono le mancate alleanze a far esplodere il debito di Acam

a cura di in data 11 Febbraio 2013 – 10:39

Il Secolo XIX – 10 Febbraio 2013 – E’ singolare che la Femca Cisl chieda a chi ha avuto un ruolo nella vicenda Acam di tacere. Semmai va chiesto il contrario: il confronto sul passato è utile per capire il presente e costruire il futuro. Ed è un modo per essere vicini ai lavoratori. Io sono stato l’unico, in questi anni, a cercare di aprire una discussione, che però non si è mai voluta fare. Di fronte al fatto che nessuno mi ha mai chiamato a una riflessione collettiva per un’assunzione comune di responsabilità della classe dirigente, ho sentito il dovere di procedere comunque, in solitudine, e di dare il mio contributo. Lo feci nel 2010, pubblicando un Diario. Ovviamente si può e si deve discutere le mie tesi nel merito. Ma non mettere la testa sotto la sabbia.

La mia è una ricostruzione dei fatti basata sugli atti: i bilanci, le deliberazioni, soprattutto i documenti, finora riservati, della società e dell’advisor di Acam e, da un certo punto in poi, anche dell’advisor di cui il Comune di Spezia, isolato rispetto alle spinte prevalenti, fu costretto a dotarsi. Ne emerge il perché del fallimento del tentativo di dar vita a un’alleanza tra Acam e altre multiutilities, che era necessaria per ricapitalizzare l’azienda e assicurarle più efficienza dentro una “casa più grande”. Prevalse, per scelta dell’azienda, avallata dalla maggioranza degli azionisti, il “cattivo localismo”, cioè la scelta di “stare da soli” e di coltivare un isolamento fuori dai tempi. Contro la volontà del mio Comune: il che non ci assolve affatto, perché chi è sconfitto ha il demerito di non avercela fatta. Sicuramente sbagliai a cercare sempre di mediare e a rinunciare a una discussione pubblica e aperta. Non sarebbe stato semplice, e sarebbe scoppiato un putiferio. Ma avrei dovuto farlo.
La mia autocritica riguarda anche i troppi investimenti che l’azienda fece per i Comuni. Detto questo, è sbagliato dire, come afferma la Felca Cisl, che ”è riduttivo indicare come causa del disastro le mancate alleanze”, perché ciò non spiegherebbe “i più di 500 milioni di debiti”. In realtà l’alleanza era anche il modo per mettere sotto controllo la situazione debitoria che si stava manifestando. Se l’avessimo fatta, la posizione finanziaria netta di 162 milioni -dato dell’ultimo bilancio che approvai, quello del 2005- sarebbe stata ridotta e non avrebbe comportato problemi: così ci spiegarono l’advisor Rothschild e i revisori. Invece fu fatta, nel 2004, un’altra scelta: rimanere da soli nell’acqua e nei rifiuti, i settori più antieconomici, e privatizzare al 49% il gas, il settore più remunerativo. E’ questa scelta all’origine della precipitazione della crisi negli anni successivi. Io potrei cercare di cavarmela dicendo che il debito è aumentato dal 2007 in poi: ma non sarei onesto, perché sono anche stati fatti errori successivi, ma alla radice di tutto c’è la scelta “strutturale” del 2004, e la mia sconfitta di allora. L’onestà serve, però, da parte di tutti: se il problema dell’indebitamento fosse riferibile solo al mio decennio amministrativo, dopo sarebbe diminuito. Invece è cresciuto a dismisura. Il che dimostra che il problema è “strutturale”, e che solo cambiando “struttura” può essere superato. Purtroppo anche il tentativo di cambiare “struttura” attraverso l’alleanza con Hera è fallito. Ora Acam e la città devono farcela da sole: non si possono più rinviare scelte come le riorganizzazione interna, un serio piano industriale, il piano dei rifiuti. Ma resta valida l’indicazione di superare il “cattivo localismo”: che si parli di piano dei rifiuti o, per fare un altro esempio, di un piano industriale basato anche sulle energie rinnovabili, torna sempre l’esigenza di operare in ambiti più vasti di quello provinciale e di aprirsi ad alleanze e aggregazioni.

Giorgio Pagano

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