Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

Presentazione alla Spezia di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiVenerdì 5 aprile ore 17Biblioteca Civica Arzelà – PONZANO MAGRA
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É tempo di riabilitare il partigiano Facio

a cura di in data 1 Giugno 2011 – 17:45

Il  Secolo  XIX – 1 giugno 2011 – Il 4 giugno le istituzioni e le associazioni partigiane organizzano l’iniziativa “Lago Santo 18 e 19 marzo 1944. Ricordo della leggendaria battaglia”. In questa rubrica, il 21 marzo, ho ricordato questo episodio epico, uno dei più belli della Resistenza dell’Appennino, e la necessità di un riconoscimento, come propone il Comitato per la Medaglia d’Oro ai combattenti del Lago Santo.
L’iniziativa ci spinge a riflettere su un episodio successivo, il più tragico della Resistenza spezzina. Il capo dei nove eroi del Lago Santo era Dante Castellucci, Facio, un coraggioso comunista calabrese. All’alba del 22 luglio 1944 Facio fu fucilato ad Adelano di Zeri, da un plotone di partigiani, dopo un processo sommario. Dietro l’accusa di aver occultato materiali di lanci aerei destinati ad altre formazioni, c’erano l’ambizione di Salvatore Cabrelli e la cieca intransigenza con cui alcuni partigiani comunisti volevano unificare e politicizzare le bande. Come ha raccontato la compagna di Facio, la partigiana Laura Seghettini, che gli fu a fianco fino alla morte, la condanna fu pronunciata in nome del Partito Comunista, da un tribunale in cui in realtà nessuno rappresentava il partito. Antonio Borgatti, segretario comunista provinciale, incaricò Paolino Ranieri di accertare la regolarità del processo e, sulla base del suo rapporto, criticò con una lunga lettera il comportamento dei militanti in montagna. La dirigenza comunista si rese conto del gravissimo errore commesso, ma poi prevalsero le esigenze politico-militari e non vi fu alcun seguito. Tutti i protagonisti della vicenda, nel dopoguerra, furono allontanati dal partito o comunque si distanzieranno da esso: ma, nonostante la determinazione con cui Laura continuò a pretendere giustizia, la verità non venne alla luce. Il Pci non volle andare oltre l’allontanamento dei responsabili, e non mise in discussione il processo di Adelano. Fino alla finta riabilitazione di Facio, a cui nel 1963 fu assegnata una medaglia d’argento alla memoria con una motivazione sfacciatamente menzognera: “scoperto dal nemico veniva ucciso sul posto”. Quasi una seconda esecuzione, non più col piombo ma con l’argento, scrive Spartaco Capogreco nel suo “Il piombo e l’argento” del 2007. La verità storica è ormai accertata da tempo: la raccontò Antonio Bianchi nel suo libro del 1975, poi Giulivo Ricci nel 1978, fino al diario di Laura Seghettini del 2004 e al libro di Capogreco. E’ giunto il momento non solo di reclamare la revisione del processo, ma anche di procedere alla restituzione allo Stato della medaglia d’argento, motivata con un falso storico, e di pretendere la riabilitazione di un eroe della Resistenza. La Resistenza è stata un momento epico di lotta democratica: le sue miserie e debolezze vanno conosciute anche per apprezzare meglio le sue straordinarie grandezze. Chi ha militato nel Pci deve rivendicare con orgoglio il contributo dei comunisti spezzini alla Resistenza: 49 condannati dal tribunale speciale nel ventennio (su 51), 300 caduti su 500, 2400 partigiani garibaldini su 3400. Ma deve impegnarsi per rimediare a questo tragico errore. Poco prima di morire, Facio disse a Laura: “Un giorno qualcuno farà luce sulla mia storia”. Dobbiamo farla fino in fondo, per Facio e per la Resistenza.

lontanoevicino@gmail.com

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