Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Cinquant’anni fa lo sciopero che salvò il Muggiano

a cura di in data 18 Marzo 2019 – 09:15

Il Secolo XIX, 11 marzo 2019 – L’11 marzo 1969, cinquant’anni fa, Spezia fu paralizzata dallo sciopero generale per la salvezza del Cantiere Muggiano. Fu un momento di svolta, che avviò la chiusura di una fase della storia della città, mentre iniziava a prendere forma una fase nuova.
Il 1968-1969 fu un biennio inscindibile: “l’anno degli studenti” e “l’anno degli operai” si comprendono solo concependoli congiuntamente. E la vicenda del Muggiano fu il punto focale delle lotte, che unì i lavoratori, gli studenti e anche ampi strati di ceto medio.
Tutto era iniziato nel 1965, con la decisione di IRI e Fincantieri di ridimensionare il Cantiere, momentaneamente bloccata dalla ribellione della città. Nel 1966 la Commissione Caron (dal nome del Sottosegretario democristiano che la presiedeva) confermò quella scelta: il Muggiano doveva trasformarsi da cantiere di costruzione a cantiere di riparazione. Sarebbe stata l’anticamera della chiusura. Nel triennio che va dal 1966 al 1968 si susseguirono lotte e promesse mancate. La rottura con il Governo e l’IRI ci fu la sera del 5 marzo 1969. Il 7 marzo la Giunta comunale e quella provinciale -entrambe di centrosinistra- diedero le dimissioni in segno di protesta: fu soprattutto il Sindaco Ezio Musiani, eletto come indipendente nella lista della DC, a volerlo.
L’11 marzo ci fu il grande sciopero generale. Si era creata un’unità molto ampia, politica e sociale. I sindacati dei lavoratori e gli stessi dirigenti del Cantiere dimostrarono che il Muggiano era pienamente affidabile, sia come qualità produttiva che come rendimento di impresa.

Il Presidente del Consiglio Rumor propose, dopo lo sciopero, una commissione. Nella DC subentrarono i dubbi, il 24 aprile le decisioni prese vennero rovesciate. Solo Musiani e l’assessore Emilio Paita, della CISL, confermarono, il 22 maggio, le dimissioni. Anni dopo Musiani scrisse:
“In tutto ciò non ci fu nulla di eroico, ma solo coerenza e amore per la nostra città… Quelle azioni di protesta e i vari interventi hanno evitato azioni immediate e drastiche del Governo, consentendo così alla situazione di evolversi e modificarsi approdando a soluzioni più meditate e perciò positive”.
Il marzo 1969 segnò una svolta perché fu grazie a quella lotta che Spezia rimase città industriale. Il Muggiano continuò a costruire navi, e riprese dal 1976 la tradizionale attività dell’allestimento di navi militari. Il Governo di allora favoleggiava di “pacchetti compensativi” proponendo lo sviluppo dell’Arsenale: ipotesi, come dimostra la storia successiva, priva di fondamento.
Ma la svolta fu anche politica: in quella vicenda si consumò l’alleanza di centrosinistra e iniziò il cammino che portò alle Giunte di sinistra, che governarono Spezia dal 1971, per 46 anni. La DC commise un errore capitale: incrinare l’unità della città in una vertenza ancora non vinta. E ne pagò le conseguenze.
Stupisce che in tanti anni nessuno, della DC, abbia mai affrontato una riflessione critica di quel passaggio nodale. Del resto, la sinistra sta facendo altrettanto rispetto alla sua sconfitta storica, quella del 2017. Ma ha ragione il Dalai Lama: “Quando perdi, non perdere la lezione”.

Giorgio Pagano
già Sindaco della città, attualmente impegnato, con Maria Cristina Mirabello,
in una ricerca storica sul 1968-1969 alla Spezia

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