Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Sabato 23 marzo ore 17 ad Arcola
17 Marzo 2024 – 20:08

Presentazione alla Spezia di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiSabato 23 marzo ore 17Sala polivalente, piazza 2 giugno – ARCOLA
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Umberto, Carmen e quella grande voglia di libertà

a cura di in data 30 Aprile 2020 – 08:04

Città della Spezia, Il Secolo XIX 25 aprile 2020 – Qualche giorno fa i condomini di un palazzo del centro si sono affacciati alle finestre per augurare buon compleanno al partigiano Umberto Bellavigna “William”, che compiva 92 anni. Un compleanno diverso, scandito dall’affetto dei vicini di casa che si sono uniti per cantare “Bella ciao” e l’inno di Mameli. La storia di “William” è straordinaria: fu con Dante Castellucci “Facio”, poi, alla sua morte per mano di altri partigiani, fu costretto per salvare la vita ad aderire alla Repubblica di Salò, ed infine tornò sui monti. “William” fece due volte quella che Claudio Pavone definì la scelta morale: combattere per la libertà contro ogni attendismo, reagire all’impotenza per riscoprirsi soggetti e non sudditi plaudenti. La scelta morale va considerata piuttosto che come un’istantanea illuminazione come un processo che talvolta si apre la strada a fatica, perché affaticati erano gli uomini del tempo. Ciascuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo caso di coscienza, un suo personale “ardir”. A “William” capitò due volte. La Liberazione fu questa scossa che spalancò la possibilità di un’alternativa, fu l’atto che inaugurò un nuovo rapporto con se stessi e preludeva alla libertà. In un’altra bellissima storia, la genovese Carmen Bisighin, partigiana in Val di Vara, racconta: “Il mio fu un antifascismo istintuale. Ero una persona libera, e dunque antifascista”. Da tante storie individuali come queste sorse una storia collettiva, un impulso diffuso che indicò agli italiani la via della ribellione e del riscatto.

Anche oggi, in modo molto diverso da allora, abbiamo voglia di libertà. Ci siamo autolimitati per salvare noi stessi e gli altri da un rischio di morte. Ma in questa esperienza abbiamo capito la sofferenza causata dalla libertà negata. Ecco perché festeggeremo il 25 aprile con la voglia di difendere la libertà. Guardiamo a cosa sta succedendo in tanta parte del mondo: le élites hanno accolto con favore i modelli rigidi di restrizione perché vi hanno colto la possibilità della deriva autoritaria, accoppiando le misure di salute pubblica con il bavaglio all’opposizione e alla società civile. Spiega Carmen Bisighin: “Ci sarà sempre qualcuno che ci vuole rubare la libertà. L’antidoto è lo spirito critico: chiedere sempre il perché”.

Soprattutto quest’anno la Liberazione assume un carattere universale. Senza piazze o cortei, si creerà un legame spontaneo tra le nostre piccole libertà individuali sospese e la libertà riconquistata per tutti settantacinque anni fa. Nella tragedia in cui siamo dobbiamo avere memoria della vicenda storica italiana e riconoscerci pienamente in essa.

Sappiamo che questa condivisione dei valori fondanti della Repubblica è un problema aperto. La storia del dopoguerra ce ne dà una spiegazione. Ma un Paese si può dividere sulle scelte politiche senza rischiare di perdersi come comunità solo se tutti sentono il vincolo dell’identità nazionale. A tal fine non c’è alternativa ad una riconsiderazione dell’antifascismo come spazio repubblicano super partes: quali altri ideali abbiamo se non quelli che ci hanno ispirato nella lotta di Liberazione? L’unica alternativa è una repubblica priva di ogni elemento identitario, complesso di procedure gestite da una classe politica sempre più “castale”: una prospettiva inaccettabile, tanto più nell’abisso in cui ci troviamo.

Finita la storia dei partiti che diedero vita alla Repubblica, le varie retoriche in conflitto nel dopoguerra non servono più. Da esse uscì stritolata la Resistenza popolare e civile delle donne e degli uomini comuni, come Umberto Bellavigna e Carmen Bisighin, che avrebbe dovuto essere posta a fondamento del tentativo di formare le “virtù civiche e morali” degli italiani. E’ dalle loro storie che dobbiamo ripartire. Perché, oggi come allora, il problema è “quale nuova Italia vogliamo”. E la base della risposta sta nelle “virtù civiche e morali”.

Giorgio Pagano
già Sindaco della Spezia, autore di “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” e, con Maria Cristina Mirabello, di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana”.

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