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Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello. A Montereggio il 22 Agosto, a San Terenzo il 24 Agosto e a Framura il 25 Agosto

a cura di in data 17 Agosto 2021 – 10:06

Queste le prossime tappe del giro di presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”:
domenica 22 agosto alle ore 17 alla Festa del Libro di Montereggio di Mulazzo;
martedì 24 agosto alle ore 21 a San Terenzo di Lerici (Parco Shelley), con Bernardo Ratti e Filippo Paganini, per iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo e della Società Marittima di Mutuo Soccorso di Lerici, con il patrocinio del Comune di Lerici;
mercoledì 25 agosto alle ore 21 a Costa di Framura (Piazza della Chiesa), con Andrea Da Passano e Sandro Antonini, per iniziativa del Comune di Framura e dell’Associazione Culturale Mediterraneo.
A Montereggio verranno presentati entrambi i Volumi del libro, a San Terenzo e a Framura solo il secondo Volume.

I testimoni che hanno collaborato al libro sono 341, a cui aggiungere i due autori.
“Caratteristica dell’opera -scrive lo storico Paolo Pezzino nella Prefazione- è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose. I due Volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica. In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.

Il secondo Volume si sofferma sulla “grande occupazione” delle scuole del dicembre 1968, che coinvolse tutto il litorale tirrenico, sulle lotte operaie e su tutti gli altri avvenimenti del biennio, dalla notte della Bussola alla strage di piazza Fontana, offrendo un ritratto compiuto della vita politica, sociale e culturale di tutta la provincia e anche, per molti aspetti, di tutto il Paese. Gli studenti e gli operai lunigianesi, lericini e della riviera di Levante sono tra i protagonisti del libro.

Scrivono gli autori nel retro di copertina:
“Negli anni Sessanta prese corpo, fino all’esplosione nel 1968-1969, una ‘rivolta etica’: una lotta antiautoritaria contro autorità a cui non si riconosceva più legittimità. Una contestazione della grande razionalizzazione autoritaria che negava autonomia, autorealizzazione di sé e dignità alla persona umana: allo studente della scuola nozionistica e gerarchica, che ossificava la cultura, come all’operaio della fabbrica fordista, nella quale i calcoli ingegneristici applicati ai tempi di produzione si sposavano con un comando brutale affidato all’onnipotenza ed alla prepotenza dei capi.
Si trattò di un movimento complesso, che aveva alle origini una miscela di sentimenti e di politica, un intreccio tra l’affermarsi di una volontà di autogoverno della propria vita e lo sviluppo di un’azione collettiva ispirata ai valori della libertà, dell’eguaglianza e della fratellanza. Protagoniste furono anche le giovani donne: all’insegna, in questa fase, più dell’emancipazione e della parità che della liberazione e della differenza. E tuttavia anche tali caratteristiche segnavano, per l’ampiezza delle ragazze coinvolte (che, in un certo senso, stimolavano la generazione delle madri), qualcosa di veramente nuovo.
Nel libro si delineano i tratti, riguardanti la cultura -si pensi all’importanza del linguaggio della musica- ma anche gli stili di consumo ed i comportamenti di vita, della comunità giovanile protagonista della ‘rivolta’. ‘Dio è morto’ fu anche il manifesto di questa comunità e della frattura giovani-adulti che si verificò. Era emersa una generazione, per molti aspetti diversa dalla precedente e da essa distinta, insoddisfatta del presente ma anche delle proposte di cambiamento indicate sia dal centrosinistra che dalla ‘sinistra storica’.
Il tentativo di questa generazione di costituire una ‘soggettività politica’ subì uno scacco. Ma le sue pulsioni vitali hanno lasciato segni che ci riguardano ancora”.

 

LE FOTOGRAFIE DELLA PRESENTAZIONE A MONTEREGGIO (di CLAUDIA BALDINI)



 

LE FOTOGRAFIE DELLA PRESENTAZIONE A SAN TERENZO (di ENRICO AMICI)



 

Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha fatto tappa alla Festa del Libro di Montereggio di Mulazzo, a San Terenzo di Lerici (Parco Shelley) e a Framura. A Montereggio sono stati presentati entrambi i Volumi, a San Terenzo e a Framura solo il secondo Volume.
Erano presenti i Sindaci di Mulazzo Claudio Novoa e di Framura Andrea Da Passano e l’assessore lericina Alessandra Di Sibio. Stimolato dalle domande di Paolo Bissoli, Filippo Paganini e Sandro Antonini (a San Terenzo è intervenuto anche Bernardo Ratti, presidente della Società Marittima di Mutuo Soccorso di Lerici) Giorgio Pagano si è soffermato innanzitutto sulle caratteristiche del movimento studentesco e del movimento operaio nel Sessantotto:
“Le due esperienze furono contigue dal punto di vista comportamentale: sia gli studenti che gli operai partivano dalla soggettività per approdare alla dimensione comunitaria. Gli studenti non ne potevano più della scuola nozionistica e gerarchica, gli operai dell’arbitrio padronale e dei bassi salari. Furono due movimenti con caratterizzazione analoga: antiautoritarismo e questione sociale; lotta morale per la dignità della persona; fratellanza: voglia di essere liberi e voglia di stare insieme. Nelle occupazioni studentesche come nei cortei operai. Ci furono contagio e reciproca influenza. Fu un’unica storia”.
In tutte e tre le iniziative è stata posta grande attenzione al tema della sconfitta del Sessantotto e di “quel che resta di quegli anni” (titolo della parte conclusiva dei Racconti del libro). Questa la riflessione di Pagano:
“I figli vollero farsi carico dei sogni non realizzati dai padri. Ma ciò faceva correre il rischio di ricadere nei loro stessi errori. Ed è quel che accadde: la ripresa dei vecchi strumenti organizzativi e delle vecchie nozioni, in forma perfino più dogmatica, finì con il soffocare le istanze libertarie ed etiche originarie. Un movimento che, per dare una base teorica alle proprie intuizioni, avrebbe avuto bisogno di Gramsci, di Capitini e di un pensiero etico della politica, finì per abbracciare in modo acritico la dottrina leninista o maoista o stalinista. Il Sessantotto rifluì nelle vecchie idee contro cui si era battuto. Nacque l’estremismo. Anche perché le pulsioni vitali del movimento non riuscirono a entrare nel patrimonio genetico delle forze politiche. Tutte le culture politiche, nel medio periodo, fallirono: quella comunista, quella socialista, quella democristiana. Va aggiunto che ebbero certamente un ruolo anche altri attori politici, relegati nel “sommerso della Repubblica”: chi organizzò o coprì lo stragismo, chi usò gli apparati dello Stato per bloccare il cambiamento.
Tutto ciò fece sì che il sogno di una generazione venisse spezzato. E’ vero che la ‘rivolta etica’ di un movimento che voleva essere rivoluzionario fu agente, nei primi anni Settanta, di riforme di notevole portata, sia pure non inquadrate in un progetto politico unitario. Ma già alla fine degli anni Settanta furono abbandonate, cominciò l’egemonia di un altro pensiero, di un’altra idea della modernizzazione: quella liberista. Gli anni Settanta, frutto dei processi vincenti negli anni Sessanta, furono progressivamente sconfitti dai processi definitivamente vincenti negli anni Ottanta”.
Tuttavia -ha concluso Pagano- “le pulsioni vitali hanno lasciato segni difficili da cancellare, che ci riguardano e ci parlano ancora”. Alcune “idee giuste dei vinti degli anni Sessanta” rimangono:
“Non basta ‘il punto di vista di classe’, perché occorre creare un nuovo ‘senso comune’, una nuova moralità, un nuovo senso della vita: da qui la centralità della scuola, degli apparati dell’egemonia culturale, della riforma intellettuale e morale. Non basta la conquista del potere dall’alto, perché serve la liberazione della persona, la sua capacità di autodeterminare la propria vita. Non basta la politica come potenza, perché nella ridefinizione della politica è centrale il problema della nonviolenza, -il Sessantotto degli inizi era non violento. È vero, ‘andò diversamente’. Ma in quelle idee c’era una virtualità generatrice di futuro. Di quell’ebollizione, di quella grande marea l’onda di ritorno arriva fino a noi. Quei lasciti ci sono ancora, come potenzialità attuali. Come tracce di culture ‘dormienti’ che possono tornare in forme nuove”.

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