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Intervista a Giorgio Pagano

a cura di in data 4 Gennaio 2016 – 16:48

Il Secolo XIX La Spezia, 29 Dicembre 2015

Intervista a Giorgio Pagano sul futuro della città:
«A Spezia “impero” del Pd al tramonto»
Nel 2017 l’ex sindaco auspica una lista civica aperta, a partire da chi non vota più

NIGER e Palestina prima, Sao Tomè e Principe adesso, l’America latina in futuro, se si presenterà l’occasione. Giorgio Pagano, sindaco di Spezia dal 1997 al 2007, ha scelto da tempo l’attività di cooperatore internazionale per conto di “Funzionari senza frontiere” che presiede dal 2011. L’associazione ha lo scopo di accompagnare e sostenere i processi di rafforzamento in corso nelle amministrazioni locali africane attraverso il metodo dell’affiancamento tra amministrazioni europee e africane e l’impegno dei dipendenti pubblici europei come cooperanti.

Veltroni non è andato in Africa come aveva promesso, lei invece sì. Come mai?
«La mia è una scelta di vita. Potevo restare in politica e fare altre cose ma mi sento realizzato così. Sono partito per Sao Tomè e Principe a giugno, rientrato a fine ottobre e riparto a inizio febbraio».

In che cosa consiste il suo lavoro?
«Collaboro con gli amministratori locali alla redazione dei piani strategici. La cosa più importante è aiutare l’affermazione dell’autogoverno e l’economia del posto. A Sao Tomè, arcipelago all’altezza dell’equatore nel Golfo di Guinea, la vita si basa su agricoltura e pesca».

Stop alla politica dopo il progetto, fallito di presentarsi in Regione?
«Nel 2007 lasciai la politica partitica e istituzionale. Poi, per qualche tempo, ho sperato in Sel ma era un’illusione: questa sinistra e questi partiti hanno fatto il loro tempo. Lo capii quando un pezzo di civismo genovese mi propose come candidato a presidente della Regione: la chiusura autoreferenziale dei partitini di sinistra fu agghiacciante»

Disfatta dei partiti, morte della politica. Non le sembra di essere troppo catastrofico?
«Prendo atto della realtà. L’unico modo per ripartire è quello di cominciare a lavorare e ad impegnarsi dal basso, dai territori, dalle comunità locali, dalla società, dalla cultura, dalle persone. Questo è il terreno del mio impegno: a Spezia con l’associazione culturale Mediterraneo; a Genova con un’associazione che nascerà nel 2016 e impegnerà non solo quel pezzo di civismo che mi candidò, ma anche tante altre persone. Poi vedremo chi rappresenterà politicamente queste battaglie»

Veniamo a Spezia, città che lei ha amministrato per dieci anni da sindaco, senza contare quelli precedenti da assessore.
«A Spezia un “impero” sta volgendo al tramonto. Dopo la Regione tocca al Comune. La maggioranza dei cittadini dà un giudizio negativo su come governa il Pd. Che cosa accadrà dopo l'”impero” non lo so. Può vincere la destra, come in Regione. Ma non governerà certo meglio. L’alternativa è una coalizione civica, aperta a tutti, a partire da chi non vota più. Un’alleanza tra cittadini, diversi ma uniti, capace di riprendere in mano il destino della propria comunità e il filo delle passate esperienze di governo basate su un’idea di città e sulla partecipazione».

Cosa manca oggi?
«Oggi non c’è più una visione: lo dimostra il fatto stesso che si parli di demolizioni navali in Arsenale, nel luogo dove dovrebbe nascere la città futura, quella della cultura, del turismo, dell’industria innovativa. E non c’è più dialogo sociale,vicinanza alle persone. Non si tratta di sostituire un’amministrazione con un’altra, ma di cambiare il modo stesso di amministrare».

Lei sarebbe pronto a impegnarsi a queste condizioni?
«Come cittadino, se nascerà una coalizione di cittadini, mi impegnerò».

E il suo ultimo libro dove l’ha scritto, in Africa?
«Sì, nelle lunghe notti africane, visto che laggiù alle 17 è già buio. “Eppur bisogna ardir” è una testimonianza sulla Resistenza a Spezia, L’ardimento, cioè il coraggio morale dei partigiani, è la parola chiave del libro. La scelta morale fu per la libertà contro la dittatura, per la vita intesa come cammino non solo individuale ma anche collettivo. Anche in questo senso la scelta morale dei partigiani è più che mai attuale».

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