Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Waterfront, bisogna invertire la rotta

a cura di in data 20 Dicembre 2011 – 12:35

Lunigiana,le Alpi Apuane all'alba dalle alture di Tresana (2011) foto Giorgio Pagano

Città  della  Spezia,  18  dicembre  2011 – Le dichiarazioni sul waterfront del sindaco Federici sul Secolo XIX del 15 dicembre sono di notevole interesse. Le riporto integralmente: “Il waterfront trasformerà il volto della città. Bisogna fare presto, ma soprattutto fare bene. Questo vuol dire anche farsi carico di quella parte di suggerimenti e di critiche che richiamano a prendersi cura della qualità, della bellezza. Il disegno del verde, ad esempio, deve tornare a dare il senso di continuità ai giardini storici che si connettono al nuovo fronte mare. Se il grattacielo è vissuto come un elemento estraneo al contesto, può essere rimodulato. E’ necessario recuperare il fascino che suggeriva l’idea originaria e che si è un po’ sfumato”. Sono opinioni largamente condivisibili: un’apertura rispetto al passato, che va approfondita e a cui va data forma politica compiuta con puntuali linee programmatiche e con i conseguenti atti amministrativi.

Io stesso, dalla presentazione del masterplan in poi (si vedano sul sito www.associazioneculturalemediterraneo.com gli articoli sul Secolo XIX e su Repubblica e la documentazione su un incontro promosso dall’associazione), ho posto innanzitutto una questione preliminare: capire “la strategia”, cioè il perché delle differenze tra il progetto vincitore del concorso di idee e il masterplan. E poi alcune questioni di merito: puntare sul massimo di qualità; conquistare il massimo di spazi pubblici (la stessa stazione marittima va pensata come un luogo “aperto” alla città e vissuto tutto l’anno); tener conto del contesto urbano in cui va inserito e “saldato” il  rinnovamento urbanistico, e quindi realizzare il nuovo edificato nel rispetto del tessuto esistente; ricercare l’originalità del nostro waterfront rispetto a tutti gli altri, costruendo non il solito albergo grattacielo ma, per esempio, un luogo della cultura legato alla nostra identità marittima. Sul grattacielo basti pensare a come sono isolati e estranei al contesto gli edifici di piazza Beverini e di piazza Ginocchio per capire che cosa non bisogna fare. Io sono arrivato alla conclusione che basterebbe realizzare la stazione marittima, un albergo e un luogo della cultura, e poi destinare tutto a verde e percorsi pedonali e ciclabili, all’incontro tra mare e città. Schematizzando molto: addirittura semplificherei il progetto vincitore del concorso di idee, oggi al contrario complicato e appesantito da troppe volumetrie.

Molte osservazioni e critiche stimolanti sono giunte, in questi anni, dalle associazioni ambientaliste, dal Gruppo tematico Spezia-centro storico, dagli interventi sulla stampa degli architetti Silvano D’Alto e Renato Raggi e dell’”esperto di mare” Mario Astraldi, e così via. Ora, dopo le dichiarazioni del sindaco, bisogna aprire una fase di partecipazione vera, con regole e tempi certi: nessun waterfront al mondo è stato realizzato in assenza di forti processi di ascolto e coinvolgimento dei cittadini. E poi, una volta presa la decisione, è importante assumerla nel Piano Urbanistico Comunale (PUC), che, dopo un decennio, necessita di una revisione. Perché deve essere chiaro che a decidere sulla materia è il Comune, che rappresenta tutti i cittadini, e non l’Autorità Portuale, che ha altri compiti.

Il tema è decisivo per l’identità della città e per il suo futuro economico. Davvero non dobbiamo sbagliare. Spezia, dopo la grande crisi degli anni Novanta del secolo scorso, ha scelto giustamente l’economia della varietà: cioè di restare città industriale (il che è possibile solo stando al passo con le tecnologie, che, lo si dimentica troppo spesso, oggi sono quelle “verdi”), di sviluppare il porto e di riposizionarsi drasticamente sul terreno dove era più debole, quello del turismo, del terziario e dei servizi. Ma questa terza opzione è stata troppo spesso praticata senza attenzione alla sostenibilità ambientale, con progetti troppo invasivi. Si pensi all’outlet di Brugnato, pensato in una zona a rischio idraulico: giustamente la Regione ha deliberato, dopo la tragedia che ci ha colpiti, per la salvaguardia delle aree alluvionate, vietando, in attesa degli studi necessari, gli interventi di nuova edificazione e sospendendo quelli già assentiti con titolo edilizio, come appunto l’outlet. La deliberazione blocca un altro progetto invasivo e a rischio idraulico, quello di Marinella-Fiumaretta per la parte criticabile, quella della Marina di Fiumaretta (la darsena sul Magra). Il masterplan del waterfront soffre anch’esso, sia pure per motivi diversi, di questa “cultura”, ormai figlia di un’altra epoca. Bisogna invertire la rotta. Sarà uno dei temi decisivi della prossima campagna elettorale amministrativa e delle primarie, che sono auspicabili sia per centrosinistra che per il centrodestra.

 

Contatti: lucidellacitta2011@gmail.com

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