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Rosa Luxemburg, Jan Palach e l’altra strada

a cura di in data 18 Gennaio 2019 – 13:09
Berlino, Memoriale di Rosa Luxemburg presso il ponte Lichtenstein sul canale Landwehr, dal quale gli assassini gettarono il suo corpo  (2005)  (foto Giorgio Pagano)

Berlino, Memoriale di Rosa Luxemburg presso il ponte Lichtenstein sul canale Landwehr, dal quale gli assassini gettarono il suo corpo
(2005) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 13 gennaio 2019 – Il 15 gennaio del 1919, cento anni fa, a Berlino faceva molto freddo. Quel giorno, poco prima di mezzanotte, Rosa Luxemburg, una delle donne più celebri della storia, venne uccisa con un colpo di pistola in testa. Il suo corpo venne ritrovato il 31 maggio nel canale Landwehr. Fu gettato da un ponte, vicino al quale oggi c’è il memoriale che vedete nella foto in alto.
Rosa, nata in Polonia, aderì al movimento di sinistra “Proletariat”. Perseguitata, emigrò in Svizzera e poi in Germania, dove si iscrisse al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Quando, nel 1914, scoppiò la Prima Guerra Mondiale, Rosa abbandonò la carriera di insegnante e iniziò quella di attivista. A lungo si dedicò a manifestazioni contro la guerra finché non venne arrestata per ordine del kaiser Guglielmo II. Lasciato l’SPD, fondò prima la “Lega di Spartaco” insieme all’amico Karl Liebknecht e poi il primo Partito Comunista Tedesco, con cui, a fine della guerra, tentò un’insurrezione che venne spietatamente repressa e che si concluse con la fucilazione di Liebknecht e di Rosa.
A uccidere entrambi fu un gruppo dei “Freikorps”, miliziani di destra al soldo del Ministro della Difesa Gustav Noske, dell’SPD. Lo ha ricordato anche di recente Andrea Nahles, Presidente dell’SPD. I vertici del partito sapevano, a partire da Friedrich Ebert, che sarebbe diventato dopo poche settimane Presidente della Repubblica. A organizzare materialmente le esecuzioni fu un socialdemocratico, capitano dell’esercito: Waldemar Pabst. Molti anni dopo, nel 1961, venne registrato un suo discorso durante un incontro con ex commilitoni: “Con quella giusta punizione spezzammo la schiena alle persone” che sostenevano la rivoluzione socialista, disse Pabst. Aggiunse di aver sentito di persona i comizi di Rosa Luxemburg: “Adolf Hitler non era neanche lontanamente così bravo. La gente era pazza di lei”.

“LA LIBERTA’ E’ SEMPRE UNICAMENTE LIBERTA’ DI CHI LA PENSA DIVERSAMENTE”
L’opera e il pensiero di Rosa Luxemburg ci fanno capire che nel movimento operaio, socialdemocratico e comunista, sono esistite, anche se sconfitte, altre tendenze e altre culture. Un’altra strada. Rosa combatté tutta la vita contro l’ideologia della “rivoluzione dall’alto”, contro il “socialismo dei decreti”: “il socialismo -disse poco prima di essere uccisa- non si fa e non può essere fatto mediante decreti, neppure da un governo socialista. Il socialismo deve essere fatto dalle masse, da ciascun proletario”. La sua fu una battaglia libertaria, contro l’ideologia -dominante nella socialdemocrazia come nel comunismo- della conquista del potere dall’alto. Contro il socialdemocratico Kautsky e contro il comunista Lenin, la concezione luxemburghiana della trasformazione sociale era ancorata a una libera e creativa iniziativa delle masse, alla capacità di autogoverno delle persone. Trova qui fondamento la visione della libertà di Rosa Luxemburg, come processo in espansione, come diritto uno e indivisibile: “La libertà solo per i seguaci del governo, solo per i membri di un partito non è libertà. La libertà è sempre unicamente libertà di chi la pensa diversamente”. Senza questa libertà, diceva parlando della nuova Russia sovietica, “la vita si spegne”.

UNA DONNA TENERA, SENSIBILE, UMANA
Per i suoi avversari era « La sanguinaria Rosa ». Era invece una donna tenera, sensibile, umana. Adorava i bambini, amava appassionatamente i fiori, le piante, gli uccelli, gli animali, che le hanno ispirato pagine toccanti. Un filo d’ erba che vedeva dalla finestra stretta della sua prigione in Polonia, un canto di uccello, la rallegravano. E le sue lettere dal carcere rivelano una sensibilità delicata e raffinata. Quando, chiusa in una cella umida e scura, la malattia indeboliva il suo corpo ed esasperava i suoi nervi, lei manteneva il suo ottimismo: “Nella vita sociale, come nella vita privata -scriveva- bisogna accettare tutto ugualmente, tranquillamente, con un’anima elevata; con un sorriso di dolcezza”.

Berlino, decorazioni risalenti al "socialismo reale"  (2005)  (foto Giorgio Pagano)

Berlino, decorazioni risalenti al “socialismo reale”
(2005) (foto Giorgio Pagano)

JAN PALACH E IL SOCIALISMO DAL VOLTO UMANO
Cinquant’anni fa, il 16 gennaio 1969, lo studente di filosofia Jan Palach si diede fuoco a Praga, in piazza San Venceslao. Aveva poco più di vent’anni. La Cecoslovacchia aveva subito l’invasione sovietica nell’agosto 1968, la speranza di una generazione che aveva creduto nel “socialismo dal volto umano” di Alexander Dubcek stava spegnendosi. Senza libertà, diceva Rosa Luxemburg, “la vita si spegne”.
Nella ricerca a cui sto lavorando con Maria Cristina Mirabello sul 1968-69 alla Spezia emerge che, anche nella nostra città e nel nostro Paese, la destra fascista tentò vergognosamente di impadronirsi del nome di Palach. Ciò avviene anche oggi. Ma cosa c’entra una così nobile battaglia per la democrazia con l’estrema destra? Ciò fu favorito allora dalla insensibilità di larga parte della sinistra per le speranze della “Primavera di Praga”. Ed è favorito oggi dalla dissoluzione della memoria e della storia. Omaggia Palach chi ha costruito in questi anni nei Paesi dell’Est europeo, dopo il crollo del “socialismo reale”, regimi illiberali e autoritari; e chi, nel nostro Paese, è vicino a queste forze.
Le vere domande sono: la sinistra europea poteva fare di più per impedire che la rivoluzione russa sfociasse in una dittatura? Per appoggiare chi, nei Paesi del “socialismo reale”, si batteva per un altro socialismo, come Dubcek e come Palach? E poi per contrastare i regimi illiberali e autoritari oggi trionfanti?
Certamente sì. Ecco perché parla ancora a noi Jan Palach. E perché parla ancora a noi Rosa Luxemburg. C’è, nella storia pur variegata del socialismo libertario, un ampio e inesplorato mondo di potenzialità, che hanno alla loro base l’idea della ricerca ininterrotta per la liberazione della persona e per la sua capacità di autorealizzazione, l’idea di coniugare libertà ed eguaglianza. Potenzialità da riscoprire, per uscire dalle macerie della sinistra statalista.

Post scriptum:
Sui temi del socialismo libertario si vedano:
l’Introduzione al mio libro “Non come tutti”, in www.associazioneculturalemediterraneo.com
il mio articolo “Cambiare la vita o conquistare il potere”, in www.micromega.net, 31 agosto 2018

lucidellacitta2011@gmail.com

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