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La maggioranza invisibile

a cura di in data 18 Aprile 2015 – 10:51
La Spezia, Circolo Velico   (2011)    (foto Giorgio Pagano)

La Spezia, Circolo Velico
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 12 aprile 2015 – Come è possibile trasformare la nostra società, renderla meno diseguale e più giusta? Come si può vincere la passività che ci schiaccia sull’esistente? Chi ha la forza di trasformare? Serve, per cercare di rispondere a queste domande, un’analisi delle forze che potenzialmente costituiscono la base sociale di un nuovo “blocco” egemonico, per usare il linguaggio di Antonio Gramsci. Venerdì ho presentato a Genova il libro del nipote Antonio Gramsci jr, uno straordinario affresco della sua famiglia, e ho tenuto una relazione sul tema “L’importanza di Gramsci nel pensiero democratico e popolare italiano”. Per Gramsci è chiaro qual è la soggettività che cambia la storia: è la classe operaia delle grandi fabbriche. Ma oggi l’organizzazione produttiva fordista e la società di massa industriale appartengono a un mondo in declino, almeno nel nostro Occidente. L’interesse del libro “La maggioranza invisibile” di Emanuele Ferragina, docente di sociologia a Parigi, sta nel fatto che ha un approccio gramsciano -la ricerca delle forze del “blocco” progressista- e che individua, in questa ricerca, il “blocco” dei nostri tempi, radicalmente diverso da quello dei tempi in cui Gramsci viveva.

La Spezia, il ponte Thaon di Revel    (2011)    (foto Giorgio Pagano)

La Spezia, il ponte Thaon di Revel
(2011) (foto Giorgio Pagano)


Chi bisogna unire per trasformare il nostro Paese? Qual è la maggioranza invisibile? I disoccupati nel 2014 sono cresciuti del 5,5% rispetto al 2013, arrivando a 3,5 milioni. I “neet” (chi non lavora e non studia) sono 3,5 milioni: un milione e mezzo sono disoccupati, altri due milioni sono inattivi. 3,9 milioni sono i lavoratori precari. Undici milioni sono i pensionati con meno di 1000 euro al mese. I migranti sono 5,4 milioni. Sono in tutto 25 milioni di persone, elettoralmente valgono oltre il 50%. Poi ci sono gli operai, metalmeccanici in primis, che vivono l’impatto della crisi, sul lavoro e sul reddito. Ci sono gli studenti. E c’è, soprattutto, la classe media impoverita, che si ritrova sempre più a condividere problemi e bisogni di chi considerava lontano: è una situazione inedita, in cui chi aveva un reddito sufficiente a garantire uno standard di vita confortevole ed era portatore di una visione del mondo moderata, è oggi spinto a mobilitarsi per una più equa redistribuzione della ricchezza. La redistribuzione e una maggiore eguaglianza sono, per Ferragina, l’elemento unificante di questo nuovo “blocco” di forze. C’è una grande maggioranza potenziale favorevole a un progetto politico che abbia questi obbiettivi. Ma, per organizzare sul piano politico la maggioranza invisibile, dice Ferragina, serve una netta rottura con il passato: con il sindacato fordista, con il Pd asservito alle politiche di austerity e con la galassia dei partitini di sinistra, ormai morti. Quello che viene prospettato è un percorso lungo, tutto da costruire, ma in direzioni del tutto nuove. Posizioni simili ha espresso, in questi mesi, Stefano Rodotà: uscire dagli schemi classici visti finora, costruire una coalizione sociale maggioritaria, senza pensare a trasformare il Pd o ad assemblare i frammenti e i gruppi perdenti della sinistra.
E Maurizio Landini? La coalizione sociale che la Fiom cerca di costruire sembra andare in questa direzione: prendere atto della crisi della rappresentanza per cercare non di ripristinare la vecchia rappresentanza ma di costruirne una nuova. L’importante è che la coalizione sociale non si affianchi come “terza forza” alla sfera politica e alla sfera sindacale così come sono, ma entri in rotta di collisione con loro per cambiarle profondamente. La crisi dei partiti ha portato al partito mediatico, leaderista e monocratico. Ma anche la crisi del sindacato non è da meno. La coalizione sociale, per Landini, è uno strumento per cambiare il sindacato ma non è lo strumento per creare un nuovo partito: deve pretendere, però, che anche i partiti cambino. Ma ecco, a questo punto, la vera domanda: è possibile riformare questi partiti? C’è da dubitare che da qualche loro costola, miracolosamente sana, possa prendere avvio una diversa direzione di marcia. Lo vedremo. Prima c’è da mettere in relazione i soggetti sociali con le reti civiche e l’associazionismo diffuso, c’è da rilanciare l’attivismo dei cittadini. C’è da costruire la vera coalizione sociale, che unisca la maggioranza invisibile.

lucidellacitta2011@gmail.com

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