Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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I disperati della storia nessuno li fermerà. Il dramma dell’Eritrea

a cura di in data 7 Ottobre 2017 – 22:54
Sao Tomé, Guadalupe, mamma con bambino    (2015)    (foto Giorgio Pagano)

Sao Tomé, Guadalupe, mamma con bambino
(2015) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 1° ottobre 2017

PADRE ZANOTELLI: ROMPIAMO IL SILENZIO SULL’AFRICA
Nelle scorse settimane il missionario comboniano padre Alex Zanotelli ha scritto un appello rivolto ai media intitolato “Rompiamo il silenzio sull’Africa”. Eccolo, quasi integrale:
“Cari colleghi e colleghe, scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo come missionario uso la penna (anch’io appartengo alla vostra categoria) per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani… Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli stanno vivendo.
Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa. (Sono poche purtroppo le eccezioni in questo campo!). È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa), ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga. È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur. È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni. È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa. È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai. È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera. È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi. È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi. È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’Onu. È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile. È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi Paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).
Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi. Questo crea la paranoia dell’’invasione’, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi. Questo forza i Governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact, contratti fatti con i Governi africani per bloccare i migranti. Ma i disperati della storia nessuno li fermerà. Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al Sistema economico-finanziario. L’Onu si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano, dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’Eni a Finmeccanica. E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti.
Davanti a tutto questo non possiamo rimanere in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?). Per questo vi prego di rompere questo silenzio- stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne… Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un‘altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa”.
Ecco perché oggi scriverò sull’Eritrea.

Sao Tomé, le palaié (venditrici di pesce) si riforniscono di pesce appena pescato    (2015)    (foto Giorgio Pagano)

Sao Tomé, le palaié (venditrici di pesce) si riforniscono di pesce appena pescato
(2015) (foto Giorgio Pagano)

PERCHE’ GLI ERITREI SCAPPANO DAL LORO PAESE
Ho ancora davanti agli occhi le immagini del violento sgombero degli eritrei, anche donne e bambini, dal palazzo di piazza Indipendenza a Roma. Erano rifugiati, in gran parte residenti nella capitale da molti anni. Una vicenda che ha messo in luce non solo la nostra incapacità di accogliere i rifugiati, ma anche la scarsa informazione sulla situazione in Eritrea, e pure la rimozione del passato coloniale italiano. Come il 3 ottobre 2013, quando in un terribile naufragio a Lampedusa morirono 360 eritrei su 368 vittime complessive. Da dove scappavano gli eritrei morti a Lampedusa? Da cosa scappano gli eritrei di piazza Indipendenza? Perché gli eritrei fuggono in massa dal loro Paese?
Lo fanno perché il popolo eritreo è un popolo oppresso. Così descrive la situazione in Eritrea l’appello “Europa, poni fine al dramma degli eritrei”, sottoscritto da molte personalità: “Un sistema totalitario, servizio militare a tempo indeterminato, totale assenza di libertà, nessun futuro che non sia schiavitù. Issayas Afeworki, eroe della trentennale guerra d’indipendenza contro l’Etiopia, è diventato l’aguzzino del suo popolo. Governa con il terrore in assenza di una Costituzione, di un Parlamento, di un’opposizione, di elezioni, di una stampa libera. Il 18 settembre 2001 ha fatto arrestare e incarcerare i suoi principali oppositori. Sono passati sedici anni senza un processo, un’imputazione, le famiglie non hanno mai ricevuto notizie dei detenuti. Non si sa neppure se siano vivi”. L’appello così prosegue: “A prezzo di sforzi titanici alcuni coraggiosi sono riusciti a fuggire, eludendo il sadico controllo degli apparati di sicurezza dello stato. Dopo aver vagato mesi, talvolta anni, a piedi, su camion e imbarcazioni, hanno raggiunto l’Europa. Molti hanno subito torture, rapimenti, sequestri o rapine. Tutti hanno visto morire amici e compagni di viaggio”. Ma che accoglienza trovano in Europa questi coraggiosi sopravvissuti? Dovrebbero, secondo il diritto internazionale, essere accolti dignitosamente e ottenere subito lo status di rifugiati. La vicenda romana ci spiega come si sia lontani da tutto questo. In realtà l’Europa è interessata ad altro: a evitare che i profughi ci raggiungano. Leggiamo ancora l’appello:
“Gli Stati europei versano all’Eritrea milioni di euro nella speranza di evitare l’esodo. Inoltre consentono che lo Stato eritreo estorca una tassa del 2% sulle rimesse degli eritrei della diaspora, nonostante la condanna dell’Onu. Stringono inoltre accordi con il regime criminale del Sudan, che affida il controllo di alcune porzioni del confine con la Libia alle milizie a suo tempo responsabili di crimini contro l’umanità nel Darfur, le quali talvolta collaborano con soggetti discutibili che sfruttano e bistrattano i profughi. Sbagliando, gli europei prendono a modello il disastroso accordo Ue-Turchia sui migranti, con effetti devastanti sulla democrazia e i diritti umani. Questa politica ha conseguenze opposte agli auspici e contrarie ai valori fondamentali dell’Unione Europea: il regime di Asmara si è rafforzato, invece di diventare meno totalitario, aumentando la spinta all’esodo e aggravandone i rischi. Il numero degli aspiranti profughi non diminuisce e quello dei morti e degli oppressi aumenta”.
L’Europa, per aiutare gli eritrei a costruire un futuro che non sia di sofferenza, deve accogliere i rifugiati e cambiare radicalmente la sua politica verso l’Eritrea: sostenere non un Governo oppressore ma un popolo oppresso. Noi italiani dovremmo farlo più di tutti gli altri. Oggi nei gulag eritrei, come accertato da una Commissione di inchiesta dell’Onu, si pratica sistematicamente la tortura. Le torture subite hanno nomi italiani: Ferro, Otto, Gesù Cristo… Nomignoli tramandati di dominazione in dominazione, dai carcerieri di ieri a quelli di oggi. E gli attuali campi di internamento sorgono esattamente dove sorgevamo i nostri vecchi campi coloniali.
Stiamo rimuovendo sia il presente che il passato. In piazza Indipendenza il cartello di un giovane eritreo era il più eloquente di tutti: “Dalla mia Africa prendete tutto: petrolio, gas, oro, ferro, diamanti, banane… ma rifiutate gli essere umani”. Quel cartello ci indica la svolta profonda da fare: accogliere e integrare in Italia, sostenere i popoli e non i dittatori, basare la cooperazione su partnership fondate sulla parità e la reciprocità, smettere di depredare le risorse africane e non trasformare la cooperazione in aiuti ai regimi perché rinchiudano nei lager chi è costretto a fuggire. Serve un sostegno vero, che ripari alle malefatte della nostra economia di rapina.

lucidellacitta2011@gmail.com

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