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Governare la città con gli abitanti

a cura di in data 22 Marzo 2012 – 10:55

La Spezia, la Marina del Canaletto (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 18 Marzo 2012 – Nella politica e nell’amministrazione pubblica bisogna certamente decidere, ma c’è un solo modo per farlo bene: garantire la partecipazione democratica alla costruzione delle scelte. Piccole e grandi: perché i cittadini richiedono sia la piccola partecipazione quotidiana sulle piccole cose di ordinaria amministrazione, sia la grande partecipazione alla definizione delle grandi strategie sul futuro della città. E dei cittadini c’è bisogno per le une e per le altre. All’assemblea sul programma elettorale organizzata da Sel al CAMeC il Sindaco era stato, su questo punto, molto franco: “la partecipazione non è stata la cifra del mio operato nel primo mandato, ma ora c’è bisogno di una svolta”. Primi segnali positivi sono già arrivati. Federici e l’assessore alla partecipazione e al decentramento Simona Cossu hanno infatti presentato le loro idee sul punto più urgente: come risolvere la questione della soppressione delle Circoscrizioni, prevista dalla finanziaria 2008 nelle città con popolazione inferiore ai 250.000 abitanti? Decisione sicuramente demagogica, come se fossero questi i veri “costi della politica”, e non quelli dei consiglieri regionali o dei parlamentari. Anche in questo caso, insomma, si è partiti dall’anello debole della catena. Spero, almeno, per non fermarsi lì. Detto questo, la soluzione prospettata dal nostro Comune a questo “vulnus” va nella direzione giusta: “lo spazio più agevole per esercitare la democrazia partecipativa per il cittadino è la propria comunità -ha detto l’assessore- per questo abbiamo individuato i quartieri come unità socio-territoriali insostituibili, in grado di rivitalizzare i processi partecipativi grazie al loro patrimonio di relazioni sociali”. Questa giusta scelta è stata suggerita dagli stessi cittadini, pochi e sfiduciati, che hanno partecipato nei mesi scorsi alle assemblee della campagna di ascolto “Ci sono anch’io”: i quartieri, hanno spiegato agli amministratori, sono il luogo ideale per partecipare e prestare attività. Ne sono assolutamente convinto. Durante i miei due mandati da Sindaco, due volte l’anno dedicavo, d’intesa con i Presidenti di Circoscrizione, un mese intero alle oltre 30 assemblee in tutti i quartieri: per me un’esperienza “dura” ma bellissima e utilissima, che facevo con entusiasmo e senza la fatica che spesso, invece, mi assaliva nei Consigli Comunali o nelle riunioni con i partiti. Chi governa ha bisogno di cittadini attivi e consapevoli, che si formano innanzitutto proprio nei luoghi dove abitano e vivono, riprendendo la parola sulle capacità di plasmare e di curare il proprio ambiente di vita e di relazione. Cittadini che vogliono partecipare per conoscere. E conoscere per pianificare il territorio, nelle piccole e grandi cose, come bene comune.

Ora la proposta della Cossu, che prevede anche l’elezione del portavoce dell’assemblea, un’attività di formazione dei portavoce e la costituzione dell’Ufficio Partecipazione del Comune, va discussa -a partire dall’elaborazione partecipata del programma della coalizione di centrosinistra- e poi andrà sperimentata. I cittadini saranno disponibili? Certamente, se capiranno che si fa sul serio. Ho sempre pensato che a volte i cittadini non si occupano degli “spazi pubblici” non per eccesso di “familismo amorale”, ma per carenza di modalità partecipative trasparenti e efficaci. E’ quando queste mancano che sale la sfiducia tra cittadini e istituzioni e ogni tipo di rapporto viene ingabbiato dalla burocrazia. Bisognerà, quindi, far sì che le assemblee non siano solo “sfogatoi”, ma spazi reali di coinvolgimento dei cittadini, con poteri e funzioni ben regolamentati.

La proposta prevede il coinvolgimento dei cittadini anche nelle grandi scelte. Bene, ma bisogna chiedersi se in questi casi lo strumento dell’assemblea popolare è sufficiente. Credo proprio di no, e che sui temi strategici sia indispensabile la pianificazione strategica, cioè lo strumento di governo che costruisce in modo partecipato la “visione” del cambiamento di una città e i tanti progetti che la concretizzano. E’ lo strumento che ha cambiato profondamente Barcellona, Lione, Berlino, Torino e tante altre città europee e italiane; e che oggi conosce, anche nel nostro Paese, una nuova fortuna, tant’è che molti nuovi Sindaci hanno deciso di redigerlo o di aggiornarlo (dal torinese Fassino al bolognese Merola e al napoletano De Magistris, solo per citarne alcuni). La Spezia elaborò due Piani, impegnandosi per molti anni a cavallo del millennio, con la partecipazione di oltre 70 tra istituzioni e associazioni, firmatarie dei Piani e degli impegni che comportavano per ciascuna. E con il coinvolgimento di migliaia di cittadini. Tutti i grandi progetti realizzati negli anni successivi o in corso di realizzazione nacquero in quegli anni di “costruzione sociale” delle grandi scelte. Naturalmente facemmo anche errori, ma resta la lezione di un metodo di governo capace di coinvolgere la società civile, di liberare energie e risorse, di rompere le pratiche corporative. Perché la pianificazione strategica punta a mobilitare tutti gli attori collettivi, non solo quelli “forti” ma anche quelli “deboli”; a far intersecare gli “interessi economici” con altri interessi e punti di vista, quelli delle associazioni e dei movimenti sociali urbani, gruppi portavoce di domande “qualitative” (qualità della vita e urbana). La presenza di questi “interessi – movimenti” rende più ricca la coalizione di forze che sostiene i progetti di cambiamento urbano. Il consenso da cui dipende il processo, del resto, rende la loro partecipazione necessaria: nessun governo urbano potrebbe farne a meno.

Intanto è sul progetto del waterfront, così importante per la città, che va riaperta la discussione partecipata, come scritto nel programma del centrosinistra e come assicurato dal Sindaco. Ogni waterfront del mondo, come ho sottolineato più volte, è stato progettato con gli abitanti. I metodi sono tanti, basta scegliere. Molto utile, per esempio, è stato quello utilizzato a Berlino, la città che ha conosciuto in questi anni un’attività pianificatoria e progettuale che per estensione e intensità non trova l’uguale in nessun’altra città europea. La delicata e complessa missione fu affidata a Hans Stimmann, architetto e figura di spicco del pensiero socialdemocratico, che coprì il ruolo di direttore della pianificazione urbana della città dal 1991 al 2006. Il Planwerk Innenstadt fu elaborato grazie all’esperienza dello Stadtforum. Con periodica sistematicità, nella storica Sala degli Orsi, furono discussi per anni i principali temi d’architettura della città in pubbliche assemblee, che videro mediamente una partecipazione di circa 500 cittadini, tra i quali rappresentanti di tutte le associazioni e anche noti esponenti della cultura tedesca. Così, senza esautorare il Senato dal diritto-dovere di deliberare, fu coniata l’inedita formula del “consulente collettivo”. Lo straordinario connubio tra memoria e innovazione che ammiriamo nella capitale tedesca è il frutto di questo altrettanto straordinario laboratorio di progettazione urbana partecipata.

lucidellacitta2011@gmail.com

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