Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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Ci stiamo giocando il futuro

a cura di in data 22 Giugno 2019 – 10:19
La Spezia, nave da crociera (2018) (foto Roberto Celi)

La Spezia, nave da crociera
(2018) (foto Roberto Celi)

Città della Spezia, 16 giugno 2019 – Sono ancora una volta lontano dalla mia città, ma cerco, come sempre, di esserle vicino. Il punto di vista da lontano è certamente limitativo, perché perde in relazioni e contatti umani. Ma consente uno sguardo che è a suo modo più vicino, perché distante non solo dall’odio dei social (in cui non sono mai stato) ma anche dai toni violenti e sopra le righe e dalle polemiche senza costrutto e fondamento che prevalgono nel dibattito politico, anche in quella che dovrebbe essere la sua sede più alta, il Consiglio Comunale.

LA VERA QUESTIONE: MAI PIU’ IMPIANTI INQUINANTI IN PIENO CENTRO URBANO
Vista da lontano, Spezia sembra essere di fronte ad un passaggio chiave della sua storia. La questione non è “centrale a gas sì – centrale a gas no”, ma se Spezia deve avere o no per altri venticinque – trent’anni -il periodo di ammortamento del costo dell’investimento- un impianto energetico comunque inquinante in pieno centro urbano, in mezzo alle case. La polemica retrospettiva non ha veramente senso. All’inizio degli anni Sessanta la Centrale Enel non fu voluta da qualcuno contro altri: i Governi nazionali e locali guidati dalla DC e comprendenti il PSI, ma anche l’opposizione comunista erano d’accordo. Perché quella era la cultura del tempo: su tutto prevaleva l’obbiettivo dei posti di lavoro.
La cultura dell’industrialismo dissipatore prevaleva anche agli inizi degli anni Novanta, quando la Centrale fu ammodernata. Ma nel frattempo era nata la cultura ambientalista, che già negli anni Settanta e Ottanta aveva portato a battaglie dei cittadini e del Comune che ottennero la diminuzione dell’inquinamento, fino alla chiusura della Centrale per due anni. Una scelta dell’allora Sindaco socialista -di una Giunta di sinistra- Gianluigi Burrafato, che da Capogruppo consiliare del PCI sostenni con grande convinzione. Poi, a metà degli anni Novanta, la centrale fu ammodernata. Così ho riflettuto su quella fase in questa rubrica:

Anche per ciò che riguarda l’ambiente dobbiamo mettere in discussione noi stessi in modo radicale. Negli anni Novanta l’ambientalismo cominciava a farsi strada. C’era chi si batteva per la dismissione della centrale. E chi ne proponeva solo un ammodernamento: ancora quattro gruppi da 1800 MW a carbone, sia pure desolforato. Io mi battei, con Lucio Rosaia Sindaco, per la soluzione che considerai la più avanzata in quella fase: una centrale depotenziata, di 1200 MW, per metà a carbone e per metà a metano. Traguardando la dismissione alla fine di questo nuovo ciclo. E tuttavia oggi riconosco che anch’io, che pure mi scontrai allora con tanti miei compagni “sviluppisti”, ero troppo vincolato dal pensiero del vecchio industrialismo. Avevano ragione i “vinti”, gli ambientalisti. Bisogna fare una storia che non sia solo quella dei “vincitori”, detentori del potere. Bisogna ritrovare i fili spezzati di una storia che non è stata: penso, per la mia parte politica, al discorso sull’austerità e sul nuovo modello di sviluppo di Enrico Berlinguer nel 1977.
Oggi la dismissione della centrale e il riuso dell’area sono la cartina di tornasole per uscire dalle macerie del vecchio industrialismo e far decollare l’economia circolare e sostenibile: non è impossibile concepire il lavoro al servizio della società e del bene comune vivendo in armonia con la natura. (“Ciò che è vivo e ciò che è morto nel Novecento spezzino”, “Città della Spezia”, 9 aprile 2017).

All’inizio degli anni Novanta la cultura “sviluppista” era ancora forte: nella DC e nel PSI, ma anche nel PCI. E naturalmente in tutti i sindacati. Io ero allora assessore di Lucio Rosaia Sindaco. Ad un certo punto tutto spingeva -anche una nuova, grave crisi economica della città-, per la soluzione dei quattro gruppi a carbone desolforati: certamente un passo in avanti, ma molto, troppo, limitato. Dissi a Rosaia -con cui avevo un rapporto strettissimo- che, se fosse passata quella soluzione, non l’avrei sostenuta e mi sarei dimesso da assessore. Lui condivise e si mobilitò: in pochi giorni, in un modo per molti allora inaspettato, si giunse alla soluzione della centrale più piccola, con un gruppo a carbone desolforato ed un gruppo a metano, che in realtà non fu poi mai adoperato. Racconto questo episodio perché chiarisce che allora era chiaro a tutti che comunque, una volta ammortizzato il ciclo dell’investimento, la Centrale avrebbe dovuto essere dismessa: coerentemente con ciò, alla fine del mio secondo mandato da Sindaco (2007), non firmai la convenzione con l’Enel e chiesi la dismissione della Centrale. Ma lo racconto anche perché spiega qual era allora la forza della politica: grazie a un impegno di alcuni del mondo della politica nazionale e locale -contro quello di altri- l’Enel cambiò linea (anche perché trovammo “sponde” al suo interno).
Ma oggi? Ha certamente ragione il Sindaco quando dice che è debole nei confronti dell’Enel. Perché è debole tutta la politica.
Tuttavia la mobilitazione di una città unita può certamente farcela. Io sono per valorizzare la convergenza realizzatasi nell’ultimo Consiglio Comunale tra maggioranza e opposizione. Certo, non ha facilitato il fatto che per una fase la maggioranza (non solo in Comune ma anche in Regione) abbia sostenuto l’opzione del gas. Spero che il ripensamento non sia stato solo tattico, di fronte alla posizione così largamente favorevole alla dismissione presente in città. Preoccupa che dopo il successivo incontro in Regione del 12 giugno si sia scritto che dopo il “no al progetto così come presentato da Enel”, le parti “si sono impegnate a confrontarsi su un più ampio progetto complessivo, integrato”, anche con “un importante piano di sostenibilità per la città”. Come se il gas fosse nuovamente non escluso, magari con un impianto più ridotto, nell’ambito di un “progetto integrato” al momento non noto.

SANITA’ E URBANISTICA: CHE COSA SERVE NEL CONFRONTO CON L’ENEL
Spero non sia così. In ogni caso il confronto con l’Enel sarà molto duro. Serviranno una forte mobilitazione popolare e civica, l’unità del Consiglio Comunale, l’impegno della Regione, quello degli altri Comuni (Arcola in primis), quello del M5S, che a Spezia e in Regione è contrario all’impianto, ed esprime i tre Ministri in vario modo competenti in materia: allo Sviluppo Economico, all’Ambiente ed alla Sanità.
E serviranno atti amministrativi del Comune che siano conseguenti: un’indagine epidemiologica che certifichi il danno sanitario ed uno strumento urbanistico che non preveda impianti insalubri nell’area oggi occupata da Enel. Sono stato critico nei confronti dell’Amministrazione precedente all’attuale perché è stata troppo remissiva quando il Governo ha concesso l’ultima autorizzazione ambientale all’Enel e perché non ha proseguito l’indagine epidemiologica iniziata tra 2002 e 2005; ma le riconosco il grande merito di aver varato un nuovo Piano Urbanistico Comunale (cioè il Piano Regolatore)che non prevedeva più impianti inquinanti nell’area. La nuova Amministrazione ha fatto decadere quel Piano; ma sono comunque possibili strumenti urbanistici, riferiti all’area, che abbiano la stessa funzione. Per ottenere la dismissione, il Comune deve dunque utilizzare al meglio gli unici due poteri amministrativi che ha, oltre alla forza politica: quello sanitario e quello urbanistico.

La Spezia, nave da crociera (2018) (foto Roberto Celi)

La Spezia, nave da crociera
(2018) (foto Roberto Celi)

L’ALLARME DEI FUMI DELLE NAVI DA CROCIERA
Un’altra questione ambientale, riguardante anch’essa la qualità dell’aria che respiriamo, è emersa in questi giorni: quella dell’inquinamento prodotto dalle navi da crociera. L’allarme è stato lanciato da Transport & Environment (T&E). I risultati di un suo studio riferiscono che 203 navi da crociera, navigando nei mari europei per tutto il 2017, hanno prodotto emissioni di ossidi di azoto circa venti volte superiori a quelle dei 260 milioni di automobili circolanti nell’Unione europea. Spezia, in questo studio, è il diciottesimo porto più inquinato in Europa, il quinto in Italia. Carla Roncallo, Presidente dell’Autorità Portuale, e Giorgio Bucchioni, ex Presidente, hanno parlato di “dati non scientifici” e di “fake news”.
In realtà che le emissioni navali siano un problema ce lo dicono tutti gli studi. E anche i dati della centralina ARPAL di rilevamento dell’inquinamento collocata in via San Cipriano, la più vicina alle navi da crociera. ARPAL stessa attribuisce i valori elevati di inquinamento rilevati da questa centralina alla permanenza delle navi da crociera. Ed è l’inventario regionale delle emissioni comunali che evidenzia come dai porti liguri provenga buona parte dell’inquinamento prodotto all’interno dei rispettivi territori comunali. Tra pochi mesi sarà pubblicato l’inventario aggiornato al 2018, ne vedremo gli esiti. Va aggiunto che il nostro sistema di rilevamento dell’inquinamento non è adeguato: noi mettemmo la centralina in via San Cipriano per rilevare l’inquinamento da traffico automobilistico; se si trova in una zona di ricaduta dei fumi delle navi da crociera che attraccano a Spezia è dunque un fatto assolutamente casuale. Bisogna quindi adeguare con urgenza le strutture di rilevamento.
Non si tratta di essere contro le navi da crociera. Ho lavorato perché Spezia diventasse un porto crocieristico, e le prime navi da crociera arrivarono durante il mio mandato. Ma non avevo l’obbiettivo di un porto crocieristico così massiccio. Se lo si vuole, bisogna anche renderlo sostenibile: capire che significa dal punto di vista dell’inquinamento e poi o ridurre le emissioni o ridurre gli arrivi. Altrimenti si arriverà ad una contrapposizione, anche in questo caso, tra lavoro ed ambiente.

LA SANITA’ SPEZZINA E’ DEL TUTTO INADEGUATA
La riscossa civica degli spezzini è cominciata. Lo si vede dalla mobilitazione sull’Enel, ma anche da quella sulla sanità. Questione importantissima anche per l’ambiente: in una situazione ambientale così critica, come si fa ad avere una sanità così disastrata? Prima di partire ho partecipato a una bella manifestazione organizzata da tante associazioni spezzine. Così non si può più andare avanti. I dati che ci ricordato Rino Tortorelli sono drammatici: 286 posti letto, largamente insufficienti ed al di sotto dello standard nazionale fissato al 3,7% per ogni mille abitanti; 100 dipendenti ogni 10.000 abitanti, di fronte ad una media regionale di 153; la costruzione dell’Ospedale del Felettino ferma da due anni, e un Sant’Andrea in cui non si possono fare interventi strutturali perché non è più di proprietà pubblica, dato che è stato venduto all’impresa che dovrebbe costruire il Felettino; la sanità pubblica è sempre più indebolita, ed avanza la privatizzazione. In questa situazione, così drammatica, il Sindaco deve unire la città e pretendere una svolta dalla Regione. Non conta il colore politico della Regione -anche la precedente Giunta regionale porta una parte di responsabilità -, conta l’interesse della città.

Post scriptum
Dedico l’articolo odierno a un’amica che se ne è andata, Rachele Farina. Storica e organizzatrice culturale, lavorò a Milano e a Torino, per poi tornare nella sua Fezzano. Scrisse, con Anna Maria Bruzzone, il primo libro sulla Resistenza delle donne, “La Resistenza taciuta”. Un libro fondamentale, che aprì tutto un filone di ricerca. Eravamo molto legati. Volevamo lavorare insieme a una ricerca sul Battaglione femminile Alice Noli, che operò nella Resistenza genovese. Ma l’aggravamento delle sue condizioni di salute ce lo ha impedito. Ricorderò sempre la sua intelligenza, il suo impegno sociale, la sua grazia e la sua eleganza. Rachele onorò con il suo nome il Comune di Portovenere, che dovrebbe ricambiarla.

lucidellacitta2011@gmail.com

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