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Il mondo che scotta e la rivoluzione che Spezia può fare

a cura di in data 23 Febbraio 2019 – 09:42
Palestina, dintorni di Gerico, monastero musulmano di Nabi Musa (2018) (foto Giorgio Pagano)

Palestina, dintorni di Gerico, monastero musulmano di Nabi Musa
(2018) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 17 febbraio 2019 – “Il mare si alzerà di un metro entro fine secolo”, questo il titolo di un articolo pubblicato giovedì scorso da “Città della Spezia”. Anche l’area costiera spezzina -si legge nel testo- rischia di finire sott’acqua entro il 2100, a causa dell’innalzamento del livello del mare provocato dal riscaldamento globale. A sostenerlo è una ricerca dell’Enea, presentata nei giorni scorsi da Confcommercio. Il porto di Spezia rischia di finire sott’acqua, anche oltre il metro.
Che cosa aspettiamo ancora per intervenire? Questa stagione della storia è probabilmente la più cieca verso il futuro che la civiltà abbia fin qui conosciuto. Le élite che ci governano ci inchiodano a un “presentismo” ossessivo: ma dobbiamo ribellarci.
Gli orsi polari hanno invaso da dicembre il villaggio di Belushja Guba, sul mar Glaciale Artico, costringendo le autorità locali a dichiarare lo stato di emergenza. Decine di immagini ritraggono i predatori sul ciglio di abitazioni, costretti a cacciare sulla terraferma anziché in mare aperto a causa dello scioglimento dei ghiacci. Ho visto di persona gli effetti del cambiamento climatico in Africa: inondazioni violente, frane, difficoltà dell’agricoltura, problemi nella fornitura di acqua potabile… Due terzi delle città africane sono sotto minaccia da qui al 2035. Durante i miei viaggi in Norvegia ho conosciuto il popolo Sami, pastori lapponi delle terre artiche di Norvegia, Russia, Finlandia e Svezia, che pascolano renne e che sono stati emarginati per generazioni. Ora che la loro cultura viene finalmente protetta, il cambiamento climatico divora le loro terre: scioglie la prima neve e crea uno strato di ghiaccio a contatto con il terreno, che impedisce alle renne di trovare cibo. Gli esempi potrebbero continuare a lungo.
Chi ci governa ci spinge a un “sovranismo” chiuso a difesa di casa propria. Dobbiamo mantenere come sfondo, invece, la rigenerazione della Terra intera. Siamo preoccupati più della fine del mese che della fine del pianeta perché ignoriamo i nessi dell’una con l’altra, e la responsabilità in entrambe le crisi, l’economica e la climatica, di quella cupola (l’1, o lo 0,01 per cento) dei signori del capitalismo finanziario, estrattivo e predatorio che domina il pianeta, contro la moltitudine sterminata dei popoli e delle comunità che ne subiscono le conseguenze. Una moltitudine di cui i profughi e i migranti che cercano di varcare -anche sotto la spinta dei cambiamenti climatici- i confini di un mondo protetto non sono che un’avanguardia.
Tra i pochi che mettono in relazione le migrazioni con i cambiamenti climatici e che legano la lotta ai cambiamenti climatici a una prospettiva di emancipazione per tutti, cittadini delle nostre ex cittadelle del benessere e popoli affamati della Terra, c’è Papa Francesco. E c’è Naomi Klein, che ci invita a partire dai territori e ci spiega che la difesa dei territori è una rivoluzione, l’unica in grado di garantire vita e benessere alle comunità che li abitano, ma anche di segnalare le tante cose da fare per cambiare il mondo. E di adottare, qui e ora, migliaia di iniziative diffuse di conversione ecologica dell’economia per garantire un futuro a noi e a chi verrà dopo di noi.

LA RIVOLUZIONE POSSIBILE: LA DISMISSIONE DELL’ENEL
Anche Spezia, che corre i rischi che sappiamo, deve fare la sua parte. A partire dallo stop all’uso del carbone nella centrale Enel e dalla sua dismissione in tempi brevi, nel nome di una conversione ecologica che veda al centro le energie rinnovabili. Nei giorni scorsi Ernesto Azzolini, che è stato per decenni il segretario del Consiglio di Fabbrica dell’Enel, mi ha detto: “Negli anni Settanta e Ottanta era sbagliato proporre la chiusura della centrale, perché era un obbiettivo impossibile. La nostra era la centrale più grande d’Europa, era strategica: se si fermava un giorno si fermava metà Italia. Abbiamo fatto bene a fare una battaglia diversa, quella per l’ambientalizzazione della centrale. Ma oggi non è più così”. Chissà, forse allora avevano ragione i “vinti”, gli ambientalisti. Lo dico perché penso che bisogna fare una storia che non sia solo quella dei “vincitori”, detentori del potere. Ma certo è che oggi la proposta ambientalista è realistica, e l’obbiettivo è possibile.

Palestina, deserto di Giuda (2018) (foto Giorgio Pagano)

Palestina, deserto di Giuda
(2018) (foto Giorgio Pagano)

LA RIVOLUZIONE POSSIBILE: LA RIDUZIONE DEL TRAFFICO PRIVATO
L’altro grande fattore dell’inquinamento atmosferico e del conseguente cambiamento climatico, oltre a quello industriale, è quello del traffico e dei trasporti. Anche a Spezia, ovviamente. Leggiamo quanto ha deciso pochi mesi fa, nel novembre 2018, la Giunta regionale ligure:
“Sul territorio ligure, nonostante un miglioramento complessivo della qualità dell’aria, sono presenti criticità che riguardano il biossido di azoto (NO2), per il quale si registrano superamenti della concentrazione limite media annua, e l’ozono (O3), per il quale si registrano superamenti dei valori obiettivo e della soglia di informazione.
Visti i ripetuti superamenti dei limiti di qualità dell’aria e la procedura di infrazione n. 2015/2043 – attuazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un aria più pulita in Europa, con riferimento ai valori limiti medi annui di NO2- avviata dalla Commissione Europea, ai fini della tutela della salute pubblica, si è reso necessario incrementare le misure di risanamento della qualità dell’aria, rispetto a quelle già adottate ai diversi livelli istituzionali.
Le misure approvate riguardano: la limitazione della circolazione dei veicoli a motore, le attività di cantiere, le attività portuali, i Piani urbani per la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico e l’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi. Le misure, che trovano riferimento nel Piano regionale di risanamento e tutela della qualità dell’aria e nel D.lgs. n. 155/2010, sono principalmente indirizzate al contenimento del biossido di azoto, ma hanno effetto positivo anche sulle concentrazioni di ozono nonché di polveri. Per il monitoraggio dell’andamento delle misure programmate, la deliberazione dispone le attività a carico di Regione e Arpal e l’istituzione della commissione tecnica composta da Regione, ARPAL, Comuni di: Genova, Savona, La Spezia e Busalla”.
La Regione ci dice che i dati della qualità dell’aria di Spezia sono preoccupanti, e che il traffico automobilistico va limitato. Le misure approvate devono essere attuate entro febbraio 2019. A che punto sono? Come ha lavorato la commissione tecnica?
Ancora: perché i dati della qualità dell’aria non sono resi pubblici in modo costante dal Comune? Ricordo che, quando ero Sindaco, gli assessori all’Ambiente pubblicavano periodicamente tutti i dati. Bisogna tornare a questa abitudine -scomparsa già nello scorso decennio- nel segno della trasparenza e della partecipazione.
Infine: bisogna riconoscere che la nuova Giunta Comunale -che in altri campi non è ancora riuscita a produrre atti di pianificazione né strategica, né urbanistica, né ambientale, né sociale- nel campo dei trasporti e del traffico si è dotata, nell’aprile 2018, delle linee di indirizzo dello strumento programmatorio, il Piano urbano per la mobilità sostenibile (ponendo così fine all’ignavia dell’ultimo decennio). Leggiamo quanto scriveva il Comune ad aprile:
“L’ultimo piano di intervento risale al 2006, è dunque necessario riorganizzare la mobilità con interventi a medio lungo termine: si parla di modello “La Spezia 2030”, verso un assetto più sostenibile e una città europea più a misura d’uomo e non di macchina. Gli spezzini prediligono l‘uso dell’auto privata, l’obiettivo è pertanto rendere il Trasporto Pubblico una gradita alternativa per i cittadini. Deve essere veloce, diretto, frequente e facile. In sintesi, una città più “green”, volta necessariamente alla:
Mobilità ciclabile: (a oggi presenta criticità, con percorsi disconnessi); l’obiettivo dell’Amministrazione è quello di incentivarla e svilupparla per renderla veramente un servizio valido e alternativo per il cittadino.
Mobilità elettrica: è necessario sviluppare una rete di ricarica capace di fornire un adeguato servizio all’utenza automobilistica che convergerà vero l’auto elettrica.
Il PUT (Piano Urbano del Traffico) prevede una pianificazione a breve termine (due anni), e con ridotti impegni finanziari attua interventi per il miglioramento della circolazione, con l’ottimizzazione delle infrastrutture e dei sistemi di trasporto esistenti. Gli interventi previsti riguardano:
Ampliamento ZTL – “zona Torretto”, con regolamentazione di una situazione già consolidata.
Ampliamento zona pedonale, che necessita di una riorganizzazione della sosta per i residenti e dell’incentivazione dei parcheggi di interscambio.
TPL (Trasporto Pubblico Locale): l’obiettivo è quello di sviluppare ed estendere la modalità filoviaria sull’asse centrale della città con l’uso di veicoli ibridi o elettrici a basso impatto ambientale, e di una riduzione di transiti sull’asse centrale della città. E’ inoltre necessaria una ristrutturazione delle principali linee di frequenza della città in termini di km e modifiche di percorso. In particolare, verranno modificate le linee 1,3, 5 e 12”.
Le linee di indirizzo sono condivisibili, e coerenti con quelle dei Piani Urbani del Traffico approvati e attuati a cavallo del millennio. Fu una rivoluzione, che diede grandi benefici ambientali. Oggi occorre una rivoluzione di portata analoga, che riprenda quella di allora, la completi e soprattutto la sviluppi con nuovi obbiettivi . A che punto siamo?

lucidellacitta2011@gmail.com

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