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Giugno ’68, a Spezia si affaccia una nuova generazione

a cura di in data 30 Giugno 2018 – 08:15
Padova, Stadio Euganeo, concerto "The Wall" di Roger Waters, 27 luglio 2013  (2013)  (foto Giorgio Pagano)

Padova, Stadio Euganeo, concerto “The Wall” di Roger Waters, 27 luglio 2013
(2013) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 24 giugno 2018 – Cinquant’anni fa, il 12 giugno 1968, come da tradizione, gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori spezzine sfilarono in maschera in piazza Verdi e in via Chiodo per festeggiare la fine dell’anno scolastico 1967-1968 e il loro addio alla scuola, in attesa dell’esame di Stato. Fischietti, petardi, urla gioiose. Le studentesse erano vestite da squaw indiane, da Bonnie (in omaggio alla protagonista del film di successo “Bonnie & Clide”), da Magnifici Rettori e da odalische. Gli studenti da indiani e da achei, quelli dei Geometri portavano carriole, rulli compressori e un motocompressore. Verso mezzogiorno nel corteo goliardico entrò un gruppo di giovani con il cartello “A Parigi si muore e qui si ride”. Il riferimento era alla rivolta del maggio ’68 in Francia. Erano giovani universitari e non, tra loro c’era Aldo Rescio, che gestiva una libreria -o meglio, agenzia, come la chiamava lui- in via Galilei, che fu per molti anni un importante centro di ritrovo politico-culturale per chi era impegnato a sinistra. L’incursione provocò un po’ di discussione e qualche assembramento.

Fu un piccolo episodio, che non fece immaginare allora quanto poi successe in quell’anno, da ottobre a dicembre: gli scontri il 5 ottobre in piazza Verdi tra gli studenti che protestavano contro la strage di Piazza delle Tre Culture a Città del Messico e un gruppuscolo fascista; la manifestazione il 30 novembre dei giovani allievi operai dell’Arsenale, ritenuti idonei ma non assunti, che manifestarono in centro e vennero caricati dalla polizia; le manifestazioni di solidarietà al popolo vietnamita in lotta contro gli americani e ad Alexandros Panagulis, il poeta greco condannato a morte dalla dittatura dei colonnelli; il corteo dopo l’uccisione da parte della polizia di due braccianti ad Avola, in Sicilia; soprattutto l’occupazione nel dicembre di quasi tutte le scuole superiori di Spezia e di Sarzana. Fino alla partecipazione di molti giovani spezzini alla manifestazione davanti alla Bussola di Viareggio la notte del 31 dicembre, in cui la polizia ferì gravemente lo studente sedicenne pisano Soriano Ceccanti.
Un episodio, quello del giugno, preceduto da un altro “segnale”: nel febbraio si era registrato un momento di tensione al Liceo Scientifico Pacinotti, dove c’erano state proteste e una breve occupazione legate ad alcune richieste interne e più in generale alla riforma della scuola.

E’ una storia, quella del ’68 a Spezia, che merita di essere raccontata. Ecco perché io e Maria Cristina Mirabello abbiamo iniziato una ricerca basata sulle fonti di archivio e sulla raccolta di testimonianze.

Certamente il ’68 non nacque dal nulla, ma ebbe alle spalle un lungo processo di gestazione politica e culturale: la crisi del centrosinistra e dell’apertura di credito dei giovani nei confronti delle classi e dei partiti dominanti; la ripresa delle lotte operaie, non solo salariali ma politiche; le nuove elaborazioni culturali sia in campo marxista che cattolico e le nuove filosofie “anticonsumiste”; il rapido precipitare del mito americano -a causa prima dell’aggressione contro Cuba e poi dell’uccisione di John e Robert Kennedy e di Martin Luther King-, che finì con l’essere travolto nelle risaie del Vietnam. Non a caso si parlò di “generazione del Vietnam”: il mio primo ricordo degli slogan di quegli anni va sempre alla sequenza ritmica “Giap – Giap – Ho Chi Minh” (i nomi dei protagonisti dell’offensiva del Tet nel 1968, in cui i vietcong portarono la battaglia fin dentro la capitale Saigon).

Questa lunga maturazione si verificò anche a Spezia: si pensi alle lotte operaie e alla ripresa dell’iniziativa politica e sociale del Pci, frutto della sua autocritica dopo le sconfitte elettorali del 1957 e del 1960, che avevano portato alla guida della città il centrosinistra (Dc e Psi, con alleati minori) al posto della sinistra (Pci e Psi). Nelle elezioni politiche del maggio 1968 il Pci ottenne alla Camera il 35,02% dei voti in Provincia e il 34,21% nel Comune capoluogo; il Psiup (nato nel 1964 da una scissione a sinistra nel Psi) prese il 4,10% in Provincia e il 6,69% in Comune. La sinistra di opposizione raggiunse il 40%, con oltre 11.000 voti in più in Provincia, di cui oltre 6.500 nel Comune capoluogo: nelle elezioni politiche dell’aprile 1963 il Pci aveva il 32,58% in Provincia e il 31,38% in Comune. Ed è significativo che al Senato, dove i giovani non votavano, Pci e Psiup nel Comune arrivassero solamente al 37,85%: alla Camera presero 4.000 voti in più, tutti dei giovani.

Ma si pensi anche al vivace dibattito culturale sia nella sinistra che nel mondo cattolico (un solo nome a simboleggiare tutti gli altri: don Sandro Lagomarsini).
Va detto che in questa maturazione la nostra provincia fu molto influenzata, per quel che riguarda il mondo giovanile, da quel che accadeva nella vicina Toscana, dove studiavano tanti spezzini: sia all’Università di Pisa, che fu occupata per la prima volta nel febbraio 1967, sia all’Istituto Chimico di Carrara.

La Spezia, molo attiguo al Circolo Velico, l'ultima scritta rimasta in città dedicata ai Pink Floyd, risalente alla fine degli anni Sessanta  (2011)  (foto Giorgio Pagano)

La Spezia, molo attiguo al Circolo Velico, l’ultima scritta rimasta in città dedicata ai Pink Floyd, risalente alla fine degli anni Sessanta
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Questo lungo processo provocò una miscela esplosiva, probabilmente irripetibile, che riguardò gran parte della gioventù. Fu una “rivoluzione” in primo luogo “esistenziale”, che non riguardava solo la politica ma anche la vita privata, il rapporto con la famiglia, la musica che si ascoltava, i film che si vedevano: tutto era impregnato da un’unica atmosfera, un brulicar di vita che legava e teneva unite le cose più disparate nel nome del cambiamento della società e dell’emancipazione di sé, del voler diventare sé stessi. La cosa più coinvolgente fu la solidarietà, la cordialità, lo stare insieme agli altri, il conoscere tantissime persone: l’occupazione -delle scuole, delle Università, delle fabbriche- ne fu il simbolo, così come i doposcuola “alternativi”, che furono organizzati anche nei quartieri popolari di Spezia e in Val di Magra. Il ’68 fu, insomma, un anno senza solitudine. Cominciò probabilmente allora -almeno per me, per molti e soprattutto per molte- la ricerca di una politica non separata dalla vita.

Il ’68 fu inoltre una “rivoluzione” che metteva al centro la scuola. Noi studenti eravamo contro la “scuola di élite” o “di classe”, volevamo sceglierci gli argomenti di cui occuparci, i metodi didattici… Eravamo molto ingenui, ma cercavamo comunque di affrontare il problema di fondo di ogni comunità, l’educazione. Luigia Cordati Rosaia, insegnante, poi assessore comunale alla Pubblica Istruzione, sostiene, nella sua testimonianza già rilasciata, che fu la scuola la “molla” e il tema più importante del ’68.

Il ’68, infine, fu studentesco ma anche operaio, e operaio fu soprattutto il ’69. Si pensi, a Spezia, alle lotte del Muggiano, dello jutificio, della Snam… E naturalmente alla Fiat. Un simbolo è Valdagno, nel vicentino, dove, il 19 aprile 1968, gli operai abbatterono la statua in bronzo del conte Gaetano Marzotto. Era una classe operaia con una forte componente “morale”, che si batteva non solo per il salario ma per la democrazia e la salute in fabbrica, e per cambiare l’organizzazione dell’intera società.

Ma questi sono solo spunti per una riflessione collettiva. Ci rivolgiamo a una generazione, perché ci piacerebbe scrivere insieme a loro proprio il “ritratto di una generazione”. La nozione di generazione non è aritmetica ma politica: si può parlare di una generazione nuova quando si manifestano negli orientamenti delle ragazze e dei ragazzi che si affacciano alla vita alcuni elementi omogenei e nuovi. Fu questo certamente il caso della “generazione del ‘68”. Ecco perché la storia del ’68 merita di essere raccontata. Alle ragazze e ai ragazzi di allora chiediamo una testimonianza, una memoria, che non è solo personale, ma anche generazionale. Il ’68 appartiene alla storia, ma nel giudicare un evento passato hanno un peso anche le intenzioni, le illusioni, le aspirazioni di quanti vi parteciparono. Scrivendo insieme questo “ritratto” comprenderemo forse meglio sia gli errori del ’68 che gli stimoli morali e culturali che ci ha lasciato. Certo, stimoli morali e culturali: come ha scritto nella sua testimonianza Guido Tonelli, studente che occupò il Liceo Costa, poi fisico che ha partecipato alla scoperta del bosone di Higgs, “essere stato un giovane ribelle del ’68 mi ha dato il coraggio e la determinazione per esplorare nuove strade mai percorse prima e per guardare con fiducia alla possibilità di compiere imprese che tutti consideravano impossibili”.

Post scriptum:
Tutti coloro che sono interessati possono scrivere una testimonianza e fare pervenire ogni documentazione utile. La data ultima è il 22 luglio 2018. L’indirizzo email a cui scrivere è il68allaspezia@gmail.com

Le fotografie di oggi sono dedicate ai Pink Floyd, uno dei gruppi rock più importanti della storia. Nel 1968 i Pink Floyd tennero tre concerti a Roma, ad aprile e a maggio. Pochi giorni prima uno dei fondatori del gruppo, Syd Barrett, il “diamante pazzo”, genio lucente e malato, era stato definitivamente sostituito da David Gilmour. Gli altri fondatori del gruppo furono Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason. La foto in alto è stata scattata durante il concerto di Roger Waters “The Wall” a Padova (27 luglio 2013). La foto in basso riprende l’unica scritta murale dedicata ai Pink Floyd -risalente alla fine degli anni Sessanta- rimasta nella nostra città.

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