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Mimma a Laura: “Sei disposta a tutto?”

a cura di in data 5 Maggio 2018 – 23:10
Mimma Rolla a Castiglioncello in un'immagine recente  (foto archivio famiglia Rolla)

Mimma Rolla a Castiglioncello in un’immagine recente
(foto archivio famiglia Rolla)

Città della Spezia, 29 aprile 2018- “Quello era il mio mondo, con le sue gioie, i disagi e le paure. In esso si svilupparono la mia affettività e la sensazione di appartenere ad una numerosa famiglia, dove mi sentivo accolta con amore e di cui assorbivo le scelte ideali. Questo senso di appartenenza mi è rimasto nel ricordo indelebile e forte come non l’ho mai provato all’interno di altre comunità che ho frequentato (la scuola, l’università, l’ospedale, etc.) Si è invece reso cosciente e concreto nel periodo della Resistenza”. Sono parole di Mimma Rolla, tratte dal suo libro appena uscito “La mia Resistenza. Memorie e riflessioni di una partigiana”.

Si tratta di un libro postumo, a cui Mimma lavorava da tempo e che purtroppo non è riuscita a finire. E’ stato pubblicato grazie alla tenacia di Bianca Lena, che da quattro anni seguiva il lavoro dell’autrice e la aiutava ad aggiustarlo e a digitalizzarlo. Non è un’autobiografia vera e propria: il libro ha una struttura molto mossa, raccoglie un flusso di ricordi che dall’infanzia arriva al 25 aprile 1945 e poi a incontri e dialoghi successivi con altre persone che hanno partecipato alla Resistenza. Le memorie sono divise per sezioni tematiche e non per ordine cronologico. La mente di Mimma spazia, si allaccia ad altri ricordi, in uno scorrere continuo. Il linguaggio è elegante e impeccabile: nelle parole c’è lo stile della persona.

Mimma fu un grande medico, con un’enorme cultura professionale. Ed ebbe anche una vita politica, sia pure nel senso non “tradizionale” del termine: aiutò sempre gli altri, e in modo particolare i più umili, i più deboli. Ma di questa vita molto ricca Mimma sceglie, quando decide di scrivere, il momento per lei più bello: quello con il “senso di appartenenza… come non l’ho mai provato all’interno di altre comunità che ho frequentato”. La Resistenza. E’ una considerazione comune a tutte le ragazze che fecero le partigiane o le sostenitrici dei partigiani. Nel libro mio e di Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana”, di cui anche Mimma è protagonista, tutte dicono: “Però, è stato bello”. Perché per loro quei giorni furono “vissuti veramente da me”. E’ una generazione di donne che, come mai prima, irrompe nella storia, si assume una responsabilità, rischia e fa la scelta giusta. Come dice Mimma nel libro: “Le donne nella Resistenza hanno avuto il primo riscatto sociale”.

I ricordi di Mimma partono dalle perquisizioni dei fascisti a casa sua durante la dittatura, quando lei aveva tra i 5 e i 10 anni (Mimma nacque nel 1927). Il padre e la madre erano antifascisti e comunisti. L’impegno antifascista di Mimma iniziò a 16 anni nel Fronte della Gioventù. Il padre Amedeo fece parte delle SAP (Squadre Azione Patriottica), la madre Iva dei GDD (Gruppi di Difesa della Donna). L’orientamento familiare pesò indubbiamente nella scelta di Mimma. Però non ci fu solo questo. Nella sua testimonianza, similmente a quelle di altre donne raccolte in “Sebben che siamo donne”, emerge anche un antifascismo “esistenziale”, un moto di ribellione spontaneo di una generazione che si affaccia alla vita e che, con entusiasmo a volte un po’ incosciente, fa la scelta morale di combattere per la libertà. Mimma parla di “impeto giovanile”. E, scrivendo del suo dialogo con Ione Nevia Ricco, che nella Resistenza fece la dattilografa, parla di “una scelta spontanea, connaturata con la sua morale di vita e il suo sentire”.

E’ significativo che, in entrambi i libri, Mimma si soffermi di più su un episodio “minore” rispetto ad altri – più importanti nella storia della nostra Resistenza- dei quali fu protagonista. Molto probabilmente perché fu un episodio contrassegnato dall’”impeto giovanile” e da una generosità un po’ incosciente. Altrettanto fa, in entrambi i libri, Laura De Fraia, amica e compagna di Mimma nel Fronte della Gioventù, pure lei proveniente da una famiglia antifascista e comunista. L’episodio, avvenuto nell’estate del 1944, viene denominato da Mimma “W i Patrioti e della Disubbidienza”. Sia Mimma che Laura ne ricordano ogni dettaglio, ogni momento, ogni sensazione. L’ordine comunicato dal Fronte della Gioventù fu quello di scrivere sui muri della provincia spezzina “W i Patrioti”. Ma, nei giorni immediatamente successivi, ci fu un contrordine: l’azione doveva essere al momento sospesa, perché l’arresto di alcuni giovani resistenti induceva a sospettare la possibilità di una situazione molto rischiosa. “Noi ragazze -scrive Mimma- decidemmo di disubbidire con risentite critiche e motivazioni varie, senza però misurare adeguatamente il pericolo e le conseguenze. Non era per dimostrarci coraggiose, avevamo la consapevolezza della nostra paura, ma prevaleva l’impeto giovanile del nostro appassionato impegno del ‘fare concreto’”. Mimma e Laura corsero enormi rischi perché incontrarono la ronda tedesca e poi i fascisti della X Mas: solo per un miracolo non furono scoperte mentre scrivevano di notte, con la vernice rossa, quella frase che, per le forze occupanti e per i loro alleati, rappresentava il messaggio di un popolo solidale con la lotta partigiana. Il giorno dopo ci fu un rastrellamento tedesco, durante il quale fu arrestato il padre di Mimma, insieme all’amico Giuseppe Stretti. Per fortuna i due prigionieri furono liberati. “Nei giorni successivi -racconta Mimma- fummo convocate io e Laura per una reprimenda durissima, riguardante la nostra ‘disubbidienza’”.

Sono indicative, a questo proposito, le parole che sancirono l’”entrata” delle due ragazze nella Resistenza. Un giorno Mimma andò a trovare Laura a casa sua e, senza preamboli, le chiese: “Sei disposta a tutto?”. E Laura rispose: “Sì”. Scrive Mimma: “Non aggiungemmo altro in quel momento. Un intendimento così rapido e simultaneo non l’ho mai più avvertito nella mia vita. Io ricordo le parole dette a Laura e. dopo un’infinità di anni, sorrido quasi con tenerezza per quella presunzione di assolutezza adolescenziale”.

Mimma Rolla ad Arcola nel dopoguerra  (foto archivio famiglia Rolla)

Mimma Rolla ad Arcola nel dopoguerra
(foto archivio famiglia Rolla)

Nel libro Mimma ripercorre tutti i momenti chiave di quei venti mesi: il corteo arcolano dopo il 25 luglio 1943; le riunioni clandestine ad Arcola, nella sua casa in Vico Solitario; la decisione, subito dopo l’8 settembre 1943, che il padre di Mimma e la sua famiglia si allontanassero momentaneamente per evitare rappresaglie, e il conseguente trasferimento a Borgotaro; l’assistenza ai militari sbandati; l’esperienza di Mimma come giovanissima insegnante nelle scuole elementari, che erano state chiuse; il ritorno ad Arcola nel novembre 1943, e la ripresa degli studi al Liceo Scientifico a Spezia. E poi il volantinaggio clandestino al Liceo; il nascondiglio provvisorio, prima del padre di Mimma e poi suo, nella stanza murata di una famiglia di vicini generosi; la “casetta” di Pietralba, dove si tenevano le riunioni clandestine; le tante attività da staffetta, e gli incontri di Mimma, ai Giardini Pubblici, con Antonio Borgatti “Silvio”, Segretario provinciale del Pci. Fino ai due episodi “di massa” politicamente più significativi: la “protesta per il pane” delle donne arcolane il 12 febbraio 1945, che si concluse con una vittoria, e il cedimento del Commissario prefettizio; e il funerale del partigiano Enzo Fosella, ucciso dalle Brigate Nere a Pietralba. Leggiamo le parole di Mimma: “Rivedo il funerale di Enzo: è una processione di sole donne, allineate con disciplina in una duplice fila, nella fierezza del loro dolore. Precedono il feretro lungo la ‘strada di Pitelli’, in un severo e tristissimo silenzio tale che mi pare di non averne più avvertito l’eguale. Alcune giovanissime portano in mano dei fiori a significare che “la tenerezza non è mai dimenticata’” (Mimma cita una frase di Ernesto “Che” Guevara, NdR). Fino al bombardamento degli Alleati il 22 aprile 1945 e alla Liberazione di Arcola, il 23 aprile: Laura portò una bandiera per rappresentare il Fronte della Gioventù di Arcola, mostrando le sue caratteristiche di artista e pittrice, che ha conservato fino ai nostri giorni. Il ricordo di Mimma va infine ai giorni successivi, quando il padre Amedeo fu invitato a vendicarsi nei confronti del mandante di un’aggressione squadrista che aveva subito, cosa che assolutamente non volle fare.
Fu il 1944, scrive Mimma, a “cambiare la vita e soprattutto il ‘sentire di molti’”… a sviluppare “le capacità di una ‘resistenza interiore’ che aiutava a sopportare con dignità il dolore”. “Per gli adolescenti -aggiunge- fu un crescere più rapido verso l’età adulta per le responsabilità che venivano assumendo”.

“La mia Resistenza” si caratterizza poi per una serie di ritratti molto belli, di persone in gran parte dimenticate: non solo lo zio paterno Domenico Bruno Rolla, combattente in Spagna, in Etiopia e nella Resistenza, e Paolino Ranieri, Commissario politico della Brigata “Muccini”, ma anche lo zio materno Palamede Ratti, anarchico, Teresa Bernabò, compagna “segreta” di Ugo Muccini, martire della guerra di Spagna, che fu arrestata nel 1938, e poi le donne della Resistenza arcolana, come Elisa Chiappini, Maria Biso, Iosella Maggiani, Ione Nevia Ricco. Ma a spiccare sono soprattutto i delicati ritratti del padre e della madre.

Nell’introduzione Bianca Lena scrive che “la vicenda di Mimma si può sintetizzare in poche parole: è stata la vita di una vera comunista”. E’ certamente così. E ciò invita ancora una volta a cercare di capire l’originalità del comunismo italiano, certamente legato a quello sovietico ma a esso altrettanto certamente non riducibile. E a cercare di capire come mai la necessaria innovazione rispetto al Pci e ai suoi limiti ed errori abbia comportato non un passo in avanti ma la vera e propria distruzione di un patrimonio politico, culturale e umano. Dopo avere ricordato le scelte ideali di chi aderiva al Pci, Paolino Ranieri dice a Mimma, il 16 maggio 2008: “Oggi che cosa si prospetta e si chiede a colui che vuole iscriversi al Partito di sinistra? Altre cose, molto diverse…”. Sabato sera ero a presentare “Sebben che siamo donne” a Framura. Prima di cominciare una donna mi ha detto: “Ho passato la vita a contestare il Pci, ma quanto mi manca oggi… è come non avessi la stampella”. Parole che hanno la stessa lucidità e amarezza di quelle di Paolino e di Mimma.

Post scriptum:
a Mimma ho dedicato, in questa rubrica, l’articolo “Mimma, una piccola grande donna” (5 marzo 2017).

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