Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Sabato 23 marzo ore 17 ad Arcola
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Le migrazioni tra etica e pragmatismo

a cura di in data 3 Marzo 2017 – 09:02
Egitto, lungo il Nilo da Luxor ad Assuan    (2012)    (foto Giorgio Pagano)

Egitto, lungo il Nilo da Luxor ad Assuan
(2012) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 26 febbraio 2017 – Nando Pagnoncelli di Ipsos ha presentato nei giorni scorsi l’indagine “L’accoglienza dei migranti tra valori e pragmatismo”, un’utile bussola per capire come governare il processo migratorio.

Le paure dei cittadini del mondo
La prima parte esamina le paure. Solo nel Regno Unito l’immigrazione è al primo posto. E soltanto per tedeschi e britannici l’immigrazione rientra tra i tre problemi più citati. Per gli italiani sono, in ordine, la disoccupazione, le tasse e le povertà e le diseguaglianze: l’immigrazione è al quarto posto. Tuttavia gli italiani sono tra i più preoccupati in Europa sul problema dell’immigrazione: sono il 33% della popolazione.

Le dinamiche demografiche in Italia
La seconda parte dello studio si sofferma sulla demografia. La crescita demografica italiana si è fermata. Il tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) è dell’1,35%, un dato che è frutto soprattutto di una forte diminuzione al Sud; gli over 65 erano il 14,9% della popolazione nel 1990, il 22,8% nel 2015; gli under 14 sono invece scesi, nello stesso periodo, dal 16,5% al 13,8%. Diminuiscono le coppie con figli, aumentano le persone sole. Gli immigrati sono il 9,1% e rallentano il calo demografico, che senza di loro sarebbe ben maggiore. Inoltre sono molto più giovani: l’età media degli italiani è 47 anni, quella degli stranieri 33 anni. E fanno più figli: il tasso di fecondità è dell’1,94%. L’Italia nel 2050 sarà un Paese più multietnico ma più anziano: saremo 63 milioni e gli over 65 supereranno il 30% della popolazione, dal 22% attuale; gli over 80 cresceranno dall’attuale 5,8% al 15%. La percentuale di stranieri sul totale della popolazione arriverà al 20%.

Giudizi e pregiudizi sugli stranieri
La terza parte rivela innanzitutto che la presenza di immigrati è ampiamente sovrastimata: gli italiani pensano che gli stranieri siano il 26%, in realtà sono il 9% (17% in punti di differenza tra percezione e realtà). Così la presenza di musulmani: i punti di differenza sono sempre 17 (si crede siano il 20%, sono il 3,7%). L’immigrazione è percepita come problema soprattutto negli ultimi due anni, con la crisi dei rifugiati. Molti temono che tra i rifugiati si nascondano dei terroristi: il 40% è molto d’accordo, il 30% abbastanza d’accordo. Un dato che desta preoccupazione è che un terzo dei carcerati italiani è di cittadinanza straniera: il 32,6%. Un dato complesso da leggere, probabilmente frutto combinato di vari fattori tra i quali la penalizzazione del reato di clandestinità e l’utilizzo più diffuso nei confronti degli immigrati della custodia cautelare. Tuttavia il dato, spiega la ricerca, “è sicuramente anche indice di un processo di integrazione degli stranieri in Italia che ha ancora molta strada per potersi dire compiuto”. E’ diffusa l’opinione che l’immigrazione eserciti una forte pressione sui servizi pubblici , togliendo risorse agli italiani (il 59% è molto – abbastanza d’accordo). L’indagine rivela poi che gli stranieri sono spesso sovraistruiti per le posizioni lavorative che occupano e che hanno subito maggiormente gli effetti della crisi: il tasso di disoccupazione è al 16,2% tra gli stranieri, all’11,2% tra gli italiani. Nonostante questo, si percepisce un pericolo per l’occupazione dei lavoratori italiani (il 49% è molto – abbastanza d’accordo). Molti poi dubitano che i rifugiati siano davvero rifugiati (il 64% è molto – abbastanza d’accordo). Metà degli italiani vorrebbe chiudere totalmente i confini ai rifugiati (il 48% è molto – abbastanza d’accordo). In generale l’apertura al mondo è percepita come una minaccia per il nostro Paese (36%), e anche per la nostra economia (38%). Pochissimi sono convinti che l’immigrazione arricchisca culturalmente l’Italia: il 14%, un dato tra i più bassi nel mondo.

Gli stranieri in Italia da emergenza a opportunità
La quarta parta spiega che gli stranieri sono il 10,6% degli occupati, che su 656.000 imprenditori 165.000 sono comunitari, 491.000 extracomunitari; e che il loro lavoro ha generato 120 miliardi nel 2015. Inoltre con i consumi e le tasse aiutano i conti pubblici: le uscite per sanità, istruzione e pensioni sono 12,6 miliardi, le entrate 16,5 miliardi, con un saldo finale di più 3,9 miliardi.

L’accoglienza tra etica e pragmatismo
Nelle conclusioni lo studio sostiene che “l’immigrazione è un fenomeno inevitabile e strutturale” e che è necessaria “l’affermazione di una cultura inclusiva”. Gli immigrati “sono prima di tutto persone, che fuggono da situazioni di gravi deprivazioni”. In Italia “si trovano in fondo alla scala sociale: reddito più basso, maggiore disoccupazione, abbandono scolastico”. Ancora: “gli stranieri compensano la riduzione della popolazione italiana e, in prospettiva, dei lavoratori”.Affinché ci sia integrazione, “dobbiamo contribuire a formare le generazioni più giovani: in futuro avremo bisogno di medici, ingegneri, tecnici che sostituiscano quelli che andranno in pensione”. Gli stranieri, infine, “contribuiscono alla crescita del mercato italiano sia per quanto riguarda i prodotti di largo consumo, sia per quanto riguarda i servizi” e la loro presenza “ha anche un impatto positivo sulle finanze pubbliche”. La considerazione finale è questa: non bisogna “fare appello solo all’etica e ai valori laici o religiosi”, ma coniugare “i valori con il pragmatismo, l’etica con la razionalità”. Le ultime righe contengono una citazione dal Rapporto del Centro Studi della Confindustria: “Integrare gli immigrati non è solo un dovere morale o ina questione di equità. Va fatto anche per ragioni di efficienza economica e lungimiranza politica. Se gli stranieri sono ben integrati i vantaggi che apportano alle economie ospitanti si amplificano”.

Milano, Museo del Novecento: "La rosa nera" di Jannis Kounellis    (2014)    (foto Giorgio Pagano)

Milano, Museo del Novecento:
“La rosa nera” di Jannis Kounellis
(2014) (foto Giorgio Pagano)

Ma alla base di tutto c’è l’etica
E’ un’analisi che condivido, e che è costantemente al centro dell’iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo, tesa a combattere gli stereotipi e a fare emergere i dati della realtà (si vedano su questo giornale solamente, a mo’ di esempio, gli articoli sulle nostre due ultime iniziative: “Il mondo in una scuola, la presentazione al Camec”, 6 febbraio 2017, e “Dialogo, ponti e apertura alle migrazioni”, 25 febbraio 2017). Tuttavia credo ci sia un primum: è l’etica. La politica è prima di tutto uno sguardo sull’altro: dallo sguardo attento nasce il riguardo, il rispetto, il farsi carico della sofferenza dell’altro. Il pensiero unico in cui stiamo abbozzolandoci, ha scritto il filosofo Aldo Rovatti, “tende a bruciare ogni etica, anche minima, in quanto ci disabitua all’ascolto reale di chi ci sta vicino o ci viene incontro, come se fosse ormai un gesto inutile, una semplice perdita di tempo. L’altro viene così ridotto a un’utilità. Se è utilizzabile per confermare il nostro potere individuale, piccolo che sia, allora lo tolleriamo o appunto lo adoperiamo come uno strumento, altrimenti lo ignoriamo e perfino lo calpestiamo quando intralcia i nostri passi. Naturalmente, ogni volta, alziamo il vessillo della presunta verità che sostiene il nostro comportamento, e non vogliamo sentire altre ragioni. Ci lamentiamo di continuo della fragilità di ciò che chiamiamo ‘democrazia’, fino al punto di temere che si tratti ormai di una parola vuota. Ci chiediamo come possiamo difenderla mentre essa si sgretola sotto i nostri piedi, e non abbiamo granché da rispondere. È difficile dare una risposta finché seguitiamo a ignorare cosa significhi ascoltare e rispettare gli altri. Il dilagante monoteismo del pensiero sembra facilitare e accogliere proprio questo nostro analfabetismo etico. Non ci invita ad ascoltare l’altro e neppure alimenta la curiosità per tale ascolto. Peggio: non sollecita neanche la domanda sul senso da dare a questa pratica che è essenziale – come è ovvio – a una compagine sociale destinata a diventare sempre più plurale e composita”. Alla base c’è quindi l’etica: è innanzitutto sull’etica che sorgono le differenze. Da un lato Matteo Salvini a Recco qualche giorno fa: “Ci vuole una pulizia di massa… via per via, quartiere per quartiere. E con le maniere forti se serve”. Le stesse parole dei nazisti e dei fascisti. Le stesse parole sentite da Nelson Mandela,pronunciate dai razzisti bianchi in Sud Africa, da Rosa Parks, pronunciate da quelli del Ku Klux Klan negli Stati Uniti, dagli abitanti di Srebenica, mentre i cetnici di RatkoMladic entravano in città… Bisogna stare molto attenti alle parole. Dall’altro lato i Sindaci di tanti piccoli Comuni (non tutti) e di tante associazioni e persone che sanno accogliere, e che stanno costruendo dal basso un “modello” di accoglienza diffusa. Servirebbe anche una grande città, che so, Roma o Milano: dovrebbero smetterla di parlare solo o quasi di beghe di palazzo o di palme e banani e fare come Barcellona. 250.000 persone nei giorni scorsi sono scese in piazza chiedendo di poter accogliere più rifugiati. Con l’appoggio della Sindaca Ada Colau: “Offriamo a tutti un aiuto-ponte per sei mesi, che includa una casa e un’assistenza completa per arrivare prima possibile al punto in cui non sia più necessario il nostro intervento”. Il piano di accoglienza di Barcellona si chiama “Nausicaa”, come il personaggio dell’””Odissea” che incontra Ulisse dopo il naufragio, gli offre rifugio e lo aiuta a continuare il suo viaggio.

Post scriptum:
Dedico questo articolo a Janis Kounellis, uno dei più grandi artisti contemporanei, scomparso nei giorni scorsi. Bruno Corà, il primo direttore del Camec, al suo funerale lo ha ricordato come “uno strenuo amante della libertà, un pittore moderno e un uomo antico”.Ricordo tante sue opere straordinarie (nella foto in basso ammirate “La rosa nera”, al Museo del Novecento di Milano). E ricordo cheintrodusse un congresso del Pds con un discorso memorabile. Queste frasi, pubblicate su “Micromega” nel 2004, riassumono il suo pensiero: “Oggi il pittore è l’ultimo anello di un’espansione di debolezza, voluto anche da una certa politica di sinistra, che ha voluto questa perdita di peso. Mentre una volta il quadro centralizzava l’interesse culturale, oggi è l’istituzione burocratica che offre la centralità, ma questa idea globale di pluralità allontana la critica ed è un discorso nefasto nascosto sotto un’apparenza libertaria”. Lo stesso giorno dei funerali, fuori dalla chiesa, a Roma, il partito erede del Pds si stava sfasciando.

Sul tema dell’immigrazione ho scritto molto in questi anni. I testi sono leggibili su www.associazioneculturalemediterraneo.com. Rimando in particolare alla relazione “Il fenomeno migratorio e la sfida dell’incontro e della solidarietà”, tenuta all’Università delle Tre Età di Lerici.

lucidellacitta2011@gmail.com

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