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Cresce la povertà, ecco come combatterla

a cura di in data 30 Dicembre 2016 – 09:15
Mostra fotografica “Sixty” di Giorgio Pagano, 18 ottobre - 22 novembre 2014, Archivi multimediali Sergio Fregoso: Paesaggi urbani, Torino (2011)

Mostra fotografica “Sixty” di Giorgio Pagano, 18 ottobre – 22 novembre 2014, Archivi multimediali Sergio Fregoso: Paesaggi urbani, Torino (2011)

Città della Spezia, 25 dicembre 2016 – In Italia la povertà assoluta, ci spiega l’Istat, è aumentata. Nel 2015 ha raggiunto 4,6 milioni di persone -quasi 400.000 in più rispetto al 2014- pari al 7,6% della popolazione. E’ il dato più alto dal 2005. L’incidenza della povertà continua a essere maggiore nel Sud, ma l’aumento è avvenuto pressoché tutto nelle regioni del Nord, dove riguarda prevalentemente famiglie di persone straniere regolarmente residenti nel nostro Paese. Tra queste si trova in povertà assoluta quasi un terzo, il 32,1%. Se a livello nazionale le famiglie di tutti gli stranieri si trovano in povertà oltre sei volte di più di quelle di tutti gli italiani, nel Nord la differenza è di oltre tredici volte. La crisi ha colpito di più gli stranieri, che faticano a trovare un lavoro. Ma non ha affatto risparmiato i lavoratori italiani, in particolare gli operai: sia per la riduzione del numero di occupati in famiglia, soprattutto a causa della disoccupazione giovanile, sia per la crescita del part time involontario, imposto cioè dall’azienda al lavoratore.La crisi ha inoltre picchiato duro sui lavoratori autonomi: l’Istat registra una forte contrazione per le partite Iva, che in media hanno subito una diminuzione del reddito di circa il28% a partire dal 2009: più di tutti gli altri redditi. Un altro dato preoccupante è quello dell’aumento della povertà assoluta tra le famiglie con due figli, specialmente se minori. Finora era il terzo figlio a far scattare il rischio povertà, ora basta il secondo. Da qui il dato drammatico della povertà tra i minori: il 3,9% di tutti i minori nel 2005, il 10,9% nel 2015. Più del doppio degli anziani, in termini numerici: 1 milione e 131 mila rispetto a 538 mila. Ma non stanno meglio i loro fratelli più grandi. Poco meno della metà dei poveri assoluti appartiene alle giovani e giovanissime generazioni, che non hanno ancora l’età per entrare nel mercato del lavoro o che ne vengono escluse.

Sempre l’Istat ci spiega che è aumentata anche la popolazione a rischio povertà: 17 milioni e 469 mila persone, il 28,7% del totale. Più di uno su quattro. Un dato inferiore, in Europa, solo alla Romania e alla Grecia. Si è allargata, infine, la forbice dei redditi. Dal 2009 al 2014 il reddito è calato di più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche, il cui reddito è passato da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere. L’indice Gini, che misura la diseguaglianza tra i redditi, ha registrato un valore che colloca l’Italia in coda all’Europa: peggio stanno solo Portogallo, Grecia e Spagna.

I dati dell’Osservatorio delle Risorse e delle Povertà della Caritas spezzina spiegano che la nostra realtà è pienamente collocata nel contesto nazionale. I poveri sono gli immigrati, le famiglie più numerose, i giovani disoccupati, gli adulti rimasti senza lavoro, i lavoratori in part time o con contratti a chiamata… Nel 2015 è aumentato ilnumero delle persone che si sono rivolte ai servizi di accoglienza della Caritas. Secondo Stefano Strata, responsabile dell’Osservatorio, i poveri a Spezia sono tra 8000 e 9000.

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Torino, "Luci d'artista" (2012) (foto Giorgio Pagano)

Torino, “Luci d’artista” (2012) (foto Giorgio Pagano)

Come scrive la sociologa Chiara Saraceno, la povertà si combatte con l’aumento dell’occupazione, ma anche con la revisione critica delle politiche sociali e redistributive. Per esempio gli 80 euro elargiti dal Governo Renzihanno una logica paradossale, che esclude i più poveri. E’ sempre l’Istat a spiegarlo: la metà della spesa destinata agli 80 euro viene erogata a famiglie con redditi medi e medio-alti, mentre solo un terzo ha beneficiato i nuclei più poveri. L’Italia, rispetto agli altri Paesi europei, non solo spende sistematicamente di meno per la protezione dei più deboli, ma spende anche male. Quindi occorre non solo aumentare le risorse ma anche redistribuirle meglio. Il che vale sia per il Governo nazionale sia per le Regioni e i Comuni. Serve una legge contro la povertà, e serve un provvedimento sul reddito minimo: insieme alla Grecia, l’Italia è l’unico Paese a non averlo. Anche in Liguria e a Spezia:uno dei grandi temi del cambiamento necessario in Regione e nei Comuni è spendere di più per la spesa sociale e spenderlo meglio.

Si dirà: belle parole, ma i soldi non ci sono. In realtà quel che manca sono le scelte nette: la lotta all’evasione fiscale e una manovra fiscale progressiva che tassi i più ricchi per redistribuire il reddito e diminuire le diseguaglianze. A proposito di evasione fiscale, è sempre l’Istat a dirci come è composto il Pil del 2014: l’economia sommersa è il 13%del Pil, 211 miliardi, 7,55% in più rispetto al 2011. Un’enorme quantità di denaro assente da tassazione. Il ricavato di queste scelte nette in campo fiscale dovrebbe essere usato per un piano del lavoro (altro che Jobs Act!) e per la revisione della spesa sociale, reddito minimo incluso. Politiche che dovrebbero essere fatte anche a livello regionale e comunale. Anche nella nostra città la sfida del cambiamento vero passa innanzitutto per un piano del lavoro e per nuove politiche sociali.

Deve tornare quindi in primo piano la battaglia redistributiva, che era stata al centro dell’attenzione negli anni Settanta, e poi fu contrastata dal neoliberismo che dava la priorità alla crescita. Si impose, con Margareth Thatcher e Ronald Reagan, il dogma secondo cui non conta la diseguaglianza tra i ricchi e il resto della società, perché “quando sale la marea alza tutti i battelli, grandi e piccoli”. Più di trent’anni dopo, lo studioso delle diseguaglianze Thomas Piketty ha sconfitto il padre del neoliberismo Milton Friedman: ha dimostrato che un eccesso di diseguaglianzecontribuisce alla “stagnazione secolare”, bloccando la crescita. Non propongo la rivoluzione, ma semplicemente la giustizia sociale, che dovrebbe stare a cuorea chi si professa di sinistra, anche di una sinistra “moderna” e “moderata”. Di più, dovrebbe stare a cuore a tutti, anche alla destra, perché la giustizia sociale è il valore fondante della Costituzione che è la “casa di tutti”, appena confermata a grande maggioranza dal voto popolare.Un po’ più di giustizia sociale non è un obbiettivo impossibile, basta volerlo.

Buon Natale a tutte e a tutti.

lucidellacitta2011@gmail.com

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