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Referendum, correnti e nuovo patriottismo

a cura di in data 17 Dicembre 2016 – 19:53

Il Secolo XIX nazionale, 11 dicembre 2016 – Nel voto referendario sono emerse correnti profonde che agiscono nel Paese. I ceti popolari avvertono istintivamente che la Costituzione non è una reliquia da conservare in una teca ma un’eredità vivente, un corpo di principi che sta dalla loro parte. E anche ai giovani, a cui è stato tolto quasi tutto, la Costituzione è apparsa come una promessa per l’avvenire: nello smarrimento provocato dalla globalizzazione i millennials italiani stanno con i loro nonni partigiani, come in America stanno con Sanders.

Il nostro è stato quindi un voto molto più simile a quello austriaco che a quello americano. Il no non è stato cioè un voto “trumpista”, di mera protesta, ma un voto per conservare lo “spirito costituente”, contro il tentativo di impadronirsi della Costituzione per farla diventare non più “terreno comune” ma “affare di parte”; e un voto per conservare la democrazia parlamentare, contro il disegno di concentrazione del potere nel governo. Il referendum ha attivato anche da noi una sorta di conflitto sociale alto/basso di antica memoria, tra chi è dentro il sistema e chi si sente escluso, ma questi ultimi hanno scelto la Costituzione, un testo “antico” che ancora li protegge. Cento milioni di voucher sono in contrasto con la Costituzione: ecco perché la Carta continua a mobilitare.

E’ sbagliato, dunque, vedere nel voto solo le correnti superficiali degli schieramenti partitici. I partiti hanno avuto un ruolo ma tardivo. Più che i partiti si sono viste, anche a Spezia, le energie civiche, con una mobilitazione volontaria straordinaria che ha consentito all’Anpi e ai comitati per il no di dialogare e di ragionare con tantissimi cittadini.

Se i giovani hanno preferito il novantenne Smuraglia al quarantenne Renzi, vuol dire che occorre voltare pagina rispetto al culto marinettiano dell’innovazione e dell’anagrafe così in voga in questi anni. Contano di più i vecchi valori, e il messaggio centrale diventa non quello di cambiare la Costituzione ma di attuarla. E’ un nuovo “patriottismo costituzionale”, che cerca nella tradizione della Carta anche la protezione da un potere politico intrusivo e si incontra in questo modo con il pensiero non dell’antipolitica ma della riforma radicale della politica e dei partiti.

Giorgio Pagano
Dirigente dell’Anpi

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