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10 Aprile 2024 – 20:59

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“Libia, quale futuro?” incontro con Farid Adly – Martedì 15 Novembre ore 17 a Vernazza e Mercoledì 16 Novembre ore 10,30 al Liceo Cardarelli

a cura di in data 9 Novembre 2016 – 22:52
Invito

Invito

LIBIA, QUALE FUTURO?
INCONTRO CON FARID ADLY

Martedì 15 novembre ore 17 Vernazza
Mercoledì 16 novembre ore 10,30 Liceo Cardarelli

Proseguono le iniziative del progetto “Mediterraneo diviso. Prove di dialogo”, a cura dell’Associazione Culturale Mediterraneo: il prossimo ospite sarà lo scrittore e giornalista libico Farid Adly, che affronterà il tema “Libia, quale futuro?” in due incontri, il primo a Vernazza, martedì 15 novembre alle ore 17 nella Chiesa dei Frati, il secondo mercoledì 16 novembre alle ore 10,30 nell’Auditorium del Liceo Cardarelli, in via Montepertico 1. Gli incontri sono organizzati in collaborazione con il Parco Nazionale delle Cinque Terre, il Comune di Vernazza e il Liceo Cardarelli.

Adly, residente in Italia dal 1966, collabora con il Corriere della Sera, Radio Popolare Network e Il Manifesto. Dirige inoltre Anbamed, un servizio stampa bilingue, italiano e arabo, che copre gli eventi del Mediterraneo. Ha fondato nel 1971 la prima rivista dedicata alle questioni mediorientali: Al-Sharara (la Scintilla). Ha pubblicato in italiano racconti e poesie ed è autore di “La Rivoluzione Libica”.

La Libia è un disastro alle porte di casa nostra: un Paese dilaniato dalla lotta tra le diverse milizie libiche, ognuna tutelata da potenze straniere a loro volta in conflitto tra loro. Il tentativo di dar vita a un governo di unità nazionale è fallito, e tutte le mosse sul campo vanno in ben altra direzione, la tripartizione della Libia. A preoccupare, in questi giorni, è soprattutto la situazione della città costiera di Benghazi, da dove era partita la ribellione contro Gheddafi, ma che ora è teatro di scontri senza prospettiva di fine. Il 6 ottobre il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Libia, il diplomatico Martin Kobler, ha chiesto una pausa umanitaria del conflitto nella città per consentire di portare assistenza ai civili intrappolati nel quartiere di Qanfouda, dove alcune milizie legate ad Ansar al-Sharia si stanno scontrando con l’esercito governativo. “È una piccola Aleppo libica -racconta Adly- e la popolazione è vittima del fuoco incrociato tra l’esercito e i miliziani assediati all’interno di questo quartiere. È una tra le situazioni più preoccupanti sul territorio della Libia”. “Il vero problema della Libia -continua Adly- è la presenza di tantissime milizie che sono condizionate non da ragioni di scontro politico, ma semplicemente dal controllo del territorio per avere più potere e maggiore disponibilità finanziaria. Oggi fare il miliziano in Libia garantisce uno stipendio che è il doppio di quello di un medico, e di conseguenza moltissime milizie in Libia non hanno una strategia politica, ma semplicemente puntano al controllo di parti del territorio. Questa situazione crea quelli che io chiamo ‘gli emiri della guerra’, persone che sfruttano la loro situazione per avere più soldi dallo Stato”. Se a ciò si aggiungono i diversi interessi economici tra i Paesi europei tutor delle fazioni libiche, è difficile immaginare che sia possibile l’unità dello Stato.

 


 

“Nella Libia non c’è solo il caos, c’è anche la speranza della concordia nazionale”, ha detto lo scrittore e giornalista libico Farid Adly, invitato a Vernazza e al Liceo Cardarelli dall’Associazione Culturale Mediterraneo, in collaborazione con il Parco Nazionale Cinque Terre, il Comune di Vernazza e il Liceo Cardarelli. Il progetto “Mediterraneo diviso. Prove di dialogo” ha consentito di venire a conoscenza che le “prove” di dialogo esistono anche in Libia, nonostante la vulgata dominante nei media. Adly è partito dalla caduta di Gheddafi, per dire che nessuno in Libia desidera tornare al passato: “Con la dittatura i libici avevano paura di esprimersi, non c’era distribuzione equa della ricchezza, la disoccupazione era enorme… la rivolta fu genuina e insopprimibile, anche se purtroppo fu decisivo l’intervento francese perché l’opposizione non aveva una forza militare”. Prese voce la società civile, e i movimenti islamisti non vinsero le elezioni, a differenza che in Tunisia ed Egitto, ha continuato Adly, ma poi “gli islamisti rovesciarono il processo democratico, forti delle milizie armate”, fino ad arrivare a oggi, agli scontri armati tra fazioni e al blocco dell’economia, con la caduta fortissima dell’esportazione di petrolio. Il governo di unità nazionale di Sarray, con sede a Tripoli, esiste solo sulla carta, mentre a Bengasi c’è un altro uomo forte, Haftar. E tuttavia, ha spiegato Adly, “il dialogo interlibico non è mai cessato, i libici, anche gli stessi islamisti, stanno capendo che o c’è l’unità o c’è la ‘somalizzazione’, cioè la frammentazione del Paese in più staterelli senza futuro”. Il problema, ha aggiunto, è che “le milizie non devono più essere finanziate, altrimenti Sarray e Haftar non potranno mai fare l’accordo”. Su questo “la responsabilità primaria è dei libici, ma anche la comunità internazionale deve fare la sua parte: gli attori internazionali, Italia in primis, devono favorire il processo unitario con un’opera di mediazione, non pensare soltanto ai propri interessi economici e ai nuovi equilibri di potere nel Sud del Mediterraneo”. Servirebbe, ha concluso Giorgio Pagano, Presidente di Mediterraneo, impegnato come cooperante in Libia al tempo della caduta di Gheddafi, “quello che Europa e Italia non vollero fare allora, cioè il supporto alla costruzione dello Stato decentrato e al rafforzamento della società civile”. E servirebbe “mediare tra le forze in campo per dare stabilità al Paese”. Un Paese in cui, hanno spiegato Adly, Pagano e Gianfranco Damiano, intervenuto a nome della Camera di Commercio italo-libica, tantissime sono le potenzialità di lavoro per i nostri giovani e di investimento per le nostre imprese.

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