Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

Presentazione alla Spezia di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiVenerdì 5 aprile ore 17Biblioteca Civica Arzelà – PONZANO MAGRA
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Inside Italy: «Alla Spezia, perseguitati dalla Politica»

a cura di in data 15 Dicembre 2015 – 11:32

Il blog di Gianluca Solera, 15 dicembre 2015 – Alla Spezia arrivo con Ahmed Saʿd al-dīn, agronomo, ma soprattutto attivista politico siriano, membro del Partito della Repubblica, partito siriano indipendente nato in esilio nel 2014. Sarà la Siria oggetto principale degli incontri, in particolare nella severa Sala Dante, insieme alle classi invitate dalla Consulta provinciale studentesca. Ci accompagna Giorgio Pagano, presidente di Associazione culturale Mediterraneo, ma soprattutto già sindaco della città tra il 1997 e il 2007, quando completò due mandati con il Centrosinistra. Quando scendiamo dalla stazione ferroviaria verso il mare, percorriamo il carugiu drittu, che lo stesso Pagano pedonalizzò durante il suo mandato. Quel giorno, la sua associazione festeggia il primo settennato di vita. Avevo conosciuto Pagano a Lerici l’anno precedente, durante la rassegna di letteratura e cultura marinaresca che si tiene ogni mese di settembre, e lì nacque l’idea di rivedersi a La Spezia. A Lerici, avevo anche incontrato di nuovo gli amici dell’Oloferne, l’imbarcazione con cui, nel luglio del 2012, percorremmo all’inverso la rotta dei barconi dei migranti fino a al-Monastīr, sulle coste tunisine. Innanzitutto il capitano, Marco Tibiletti, storico capitano delle spedizioni di Goletta Verde, la campagna di Legambiente. Quindi, Giampietro Sara, il simpatico membro dell’equipaggio dell’Oloferne. Marco e Giampietro operano con La nave di carta, un’associazione fondata nel 1998 per promuovere e diffondere la cultura del mare e della navigazione a vela come mezzo educativo per i giovani, e per la prevenzione e il recupero del disagio sociale, fisico e psichico.

La Spezia è una città di mare più di altre, avendo ospitato l’Arsenale militare marittimo più importante d’Italia, su un’area pari per estensione a un terzo del centro storico. Ora, quell’area di circa 85 ettari è in gran parte vuota, e resta un’eredità senza pretendenti. L’Arsenale, se aveva circa ventimila dipendenti nei periodi migliori, ora ne conta circa un migliaio. Che fare di aree così importanti come queste? La Spezia vive il dilemma di molte città industriali di mare in declino. L’unica vero nuovo piano per l’Arsenale è quello di farne un cantiere di demolizione delle navi militari in disarmo, con le tutte le conseguenze del caso per la presenza sulle navi di materiali inquinanti come l’amianto[1]. Quello che Giorgio Pagano poté fare come sindaco – quando realizzò cose come il recupero degli spazi pubblici del centro storico, l’apertura di nuovi musei e del Polo universitario, la creazione di un parco in ogni quartiere, lo sviluppo di nuove vocazioni economiche come il turismo e i cantieri della nautica da diporto al posto dei vecchi cantieri di dismissione delle navi – cerca ora di farlo tenendo il dialogo cittadino aperto su questioni che vanno oltre la dimensione locale, con la sua associazione. Nel suo manifesto fondativo, si dichiara: «Mediterraneo vuole essere lo strumento di una città civile e libera che si impegna a fare cultura, a partecipare allo scambio di idee, a cogliere le urgenze dell’attualità, a incontrare e ascoltare i protagonisti della vita culturale italiana, a far crescere un pensiero critico e riflessivo, a formare, d’intesa con scuole e università, le nuove generazioni»; e più avanti: «La politica senza cultura è condannata ad avere respiro corto: può vivere e crescere solo insieme alla cultura. I promotori dell’associazione sono uniti da un interesse a un lavoro di ricerca e di elaborazione, a una riflessione culturale “alta”. Solo se la cultura è “alta” potrà essere “popolare” e “democratica”, e non elitaria. La cultura dei luoghi comuni e degli schemi precostituiti non giova a nessuno e radicalizza le “banalità”, di cui nessuno ha bisogno.»

Mentre mangiamo la farinata di ceci con una tranche di pizza, piatto popolare che consumiamo nel locale storico «La Pia», Giorgio ci parla da politico deluso che ha deciso di fare la politica con altri mezzi (dopo aver rinunciato alla carica di parlamentare alla fine del secondo mandato di sindaco).

«Ma non governa ancora il PD?» faccio io.

«Sì, ma ormai ci si occupa solo di amministrazione ordinaria, senza visione o passione».

La sua disaffezione ha anche ragioni più recenti. Giorgio era stato proposto a candidato alla presidenza della Regione Liguria da una rete di persone e associazioni della società civile genovese, tra cui un prete che stimo molto, don Paolo Farinella, ma le questioni interne ai partiti di Sinistra l’hanno fanno desistere; e (guarda caso) le elezioni del maggio scorso sono state vinte dal berlusconiano Giovanni Toti, sostenuto da Lega Nord e Fratelli d’Italia. Vi rendete conto? La rossa Liguria governata da partiti come quelli? Incredibile, ma vero!

La storia è questa. A fine marzo, dopo aver lavorato per unire varie forze di progresso, mettendo anche a disposizione la possibilità di ritirarsi, scrive pubblicamente: «In queste settimane ho lavorato, insieme a molti amici, al progetto di una “coalizione civile, sociale e popolare”, alternativa al sistema dominante in Liguria. Un progetto capace di guardare a Sinistra ma non solo, perché vuole mobilitare le coscienze e le passioni civiche di tutte le persone ammutolite di fronte a consuetudini stratificate di malaffare, mediocrità politica, assenza di visione, danni costanti alla cosa pubblica e al territorio. La forza di questo progetto è tutta nella capacità di coinvolgere e aggregare dal basso, di creare fiducia non solo attraverso iniziative e vertenze politiche, ma anche e soprattutto attraverso pratiche solidali e mutualistiche capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone»; e nel suo messaggio conclude: «Ho cercato fino all’ultimo l’alleanza, in vista delle elezioni regionali, con i piccoli partiti della Sinistra, ma il tentativo è stato reso impossibile da una operazione politica vecchia e stantia, organizzata da minoranze partitiche che contano sempre meno, non hanno una reale visione alternativa e si rifugiano da tempo in una cultura minoritaria e perdente, che parla a pochissimi e allontana le tante persone disamorate dalla politica per colpa di questa politica».

«La questione qual’era?» chiedo, mentre ci prepariamo per l’iniziativa serale all’Urban Centre. «La questione» ci risponde «è che solo un’alleanza tra civismo e Sinistra potrebbe sconfiggere il sistema autoreferenziale e partitico dominante. La verità è che la Politica o è sociale o non è. Non si può più identificare Politica con partiti: ci sono tanti altri soggetti attivi nella società, molto più vitali dei partiti». A cena, si parla della Politica come se fosse cosa d’altri, come se non ci appartenesse più. Pagano aveva pensato a una «coalizione civile, sociale e popolare» della Liguria, una grande forza civica organizzata, radicata nei territori, che collabori con le forze di base e civiche che si battono per un cambiamento radicale, pensava a un osservatorio sulle politiche regionali, pensava addirittura alla nascita di liste civiche di cambiamento per le elezioni future. Il programma era ambizioso: programmazione partecipata al posto della mera amministrazione e della gestione del consenso; economia della bellezza: un grande piano di piccole opere alternative alle grandi opere costose e inutili, lotta al dissesto idrogeologico, rilancio dell’entroterra, rigenerazione delle periferie, energie rinnovabili, turismo sostenibile, cultura della creazione al posto di quella del cemento; industria tecnologica ed ecologica al posto di quella inquinante; nuove forme di protezione sociale come il reddito minimo al posto del vecchio welfare… Poi, niente… E noi, attorno alla nostra piccola tavola da osteria, abbiamo dovuto ammazzare questi pensieri nel vino. Tra zuppa e baccalà, ci siamo rimessi a parlare molto di Siria, certo, della guerra, e il fatto di parlare della guerra ci ha portati – per quegli effetti di discordanza propri della convivialità – a São Tomé, dove Giorgio aveva appena passato diversi mesi, lavorando ad un progetto di cooperazione. Ebbene, São Tomé e Príncipe è forse l’unico Stato del mondo a non aver mai conosciuto la guerra, e che ottenne l’indipendenza dal Portogallo senza spargimento di sangue dopo la Rivoluzione dei garofani. «A São Tomé fanno solo l’amore» scherza senza scherzare Giorgio. È divertente che si parli a La Spezia di uno luogo che non ha mai conosciuto la guerra, proprio a fianco di un grande arsanale militare marittimo.

Alla fine di una lunga giornata, Giampietro Sara, Ahmed ed il sottoscritto, congedatici da Giorgio, prendiamo il carugiu drittu in direzione del lungomare, conversando allegramente come tra vecchi amici. Sono ormai le undici di sera. Scende una pioggia fina. Una volante della Polizia ci segue, si accosta e ci fa segno di fermarci. Scende un agente e ci ferma, chiedendoci i documenti. Li esaminano in due, con molta attenzione. Ci guardiamo stupefatti e cominciamo a scherzare a denti stretti.

«Che strano!» faccio io. Ahmad è il più impassibile, anche se ha la carta d’identità italiana.

«È tutta colpa tua, arabaccio» spiffera Giampietro lo spezzino.

«Oh ragazzi, non è il momento di scherzare» li fulmino con sguardo severo.

Non mi era mai successo in una città italiana. Per di più, in una città portuale. Segno dei tempi a cui neanche la città in fondo al Golfo dei Poeti sembra sfuggire.

Firenze, 15 dicembre 2015.

[1] L’amianto era utilizzato soprattutto per la coibentazione delle tubazioni nel loro interno. Sulla questione della presenza di amianto in Arsenale è, tra l’altro, già in corso un’indagine su sollecitazione della famiglia di un operaio navale deceduto nel 2009. Cfr.: NN, «Arsenale della Spezia, indagine sull’amianto», in Il Secolo XIX, 19 novembre 2015. Anche il Consiglio comunale spezzino comincia a innervosirsi sul piano di demolizioni di vecchie unità navali presentato dalla Marina Militare. Vedasi: NN, «Mozione di Guerri sulla demolizione della navi della Marina dismesse», in Città della Spezia, 6 dicembre 2015.

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