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La coalizione sociale e la politica

a cura di in data 28 Marzo 2015 – 15:39
Le Alpi Apuane all'alba dalle alture di Tresana   (2011)   (foto Giorgio Pagano)

Le Alpi Apuane all’alba dalle alture di Tresana
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 22 marzo 2015 –

La politica è sempre più devitalizzata e dominata da ristrette oligarchie, i partiti e i corpi intermedi sono sempre più svuotati, il cittadino è sempre più uno spettatore. Il tema del come uscire dalla crisi radicale della politica è il mio assillo da molto tempo: da quando decisi, nel 2005, di non fare il parlamentare e di lasciare la politica tradizionalmente intesa, quella nei partiti e nelle istituzioni. Ho sempre pensato che il problema si risolve partendo dal basso, dalle persone, dalle associazioni, dalle spinte sociali e culturali a cambiare questa società sempre più diseguale e ingiusta. E ho sempre cercato di praticare questo pensiero, prima da uomo di partito, poi da amministratore pubblico. Ma ora, dopo otto anni di esperienza nel sociale, in questa nuova fase della mia vita, lo faccio ancora di più. Il filo rosso che mi guida è questo: la politica, e soprattutto la mia parte, la sinistra, o è sociale o non è. Ho dedicato il mio ultimo libro al tema della ricostruzione della sinistra: la tesi di fondo è che la sinistra del futuro deve essere un soggetto al contempo politico e sociale, che potrà sorgere solo da un’osmosi permanente tra politico e sociale. Da forze dei partiti e dalle persone, da forze della società.

Riporto un brano chiave del libro: “Io sono critico nei confronti dell’idea del primato dei partiti e dell’autonomia della politica: perché i partiti hanno bisogno del sociale e perché anche i movimenti sociali hanno contenuti politici. Nel contempo sono critico anche dell’idea del primato dei movimenti e dell’autonomia del sociale: perché i movimenti hanno bisogno del politico e perché i partiti devono essere stessi società. La sinistra politica esiste in quanto si ricostruisce una sinistra sociale: ma quest’ultima non può essere lasciata a se stessa, avulsa dai partiti. Il lavoro politico non può non essere insieme un lavoro sociale, di radicamento nella società, di costruzione della capacità di rappresentanza sociale: la politica senza rappresentanza diventa solo il campo della competizione per il potere. Il lavoro sociale a sua volta non può non essere insieme un lavoro politico, non può disertare la politica né pensare di sostituirsi alla politica, ma deve ambire a ridefinirne lo spazio, introducendovi nuovi attori e procedure di democrazia rappresentativa. Il nuovo partito della sinistra dovrà essere l’esito dell’apertura dello spazio della politica alle pratiche di partecipazione dal basso di associazioni e movimenti”.

Lunigiana, Castiglione del Terziere    (2011)    (foto Giorgio Pagano)

Lunigiana, Castiglione del Terziere
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Ho ritrovato questa impostazione di fondo nella recente riflessione, ovviamente ben più approfondita, di Stefano Rodotà, così come nell’iniziativa di Maurizio Landini e della Fiom. Il tema è la “coalizione sociale”. Leggiamo Stefano Rodotà: “Ma, ci si chiede, esiste un’area a sinistra del Pd dove potrebbe insediarsi una nuova forza politica? Il limite di questa impostazione sta nel riportare ogni questione all’interno del funzionamento del sistema dei partiti, identificando politica e partito e banalizzando tutto intorno alla domanda se tizio o caio stia per fondare un nuovo partito. Proprio la possibilità di un’altra politica viene oggi descritta parlando di una coalizione sociale, espressione che individua un progetto concreto di collaborazione organizzata di molti soggetti attivi nella società, legati ai grandi principi costituzionali”. Solo dopo questo diverso radicamento sociale, culturale e politico, continua Rodotà, “verrebbe legittimamente il tempo di una discussione generale sulla rappresentanza e, se si vuole chiamarla, sulla leadership”. Altri, conclude, “spostano l’attenzione dalla coalizione sociale alla creazione di un soggetto unico della sinistra. Questione non nuova, con la quale si sono cimentati tanti spezzoni della sinistra con esiti finora insignificanti. L’ostacolo sta nel fatto che i diversi gruppi sono prigionieri di logiche paralizzanti: la sopravvivenza, ad esempio per Rifondazione Comunista; l’appartenenza, per Sel e la variegata galassia delle minoranze del Pd. Una situazione che si trascina da tempo, che non può pretendere il monopolio delle iniziative a sinistra e che, anzi, potrebbe avvantaggiarsi da una discontinuità che obbligherebbe ad abbandonare gli schemi attuali. La coalizione sociale può essere proprio questo. Un risveglio, un benefico ritorno di una politica forte e organizzata”.

Landini si muove in questo solco: sa che i partiti in questo momento sono diventati così impopolari che fare un nuovo partito non porterebbe a nulla. Perché verrebbe accolto nell’indifferenza. E ha fatto partire una coalizione che unisce movimenti e associazioni, nel nome dei diritti e della Costituzione. Un progetto politico ma non partitico. Il partito, se verrà, verrà quando la coalizione sociale si sarà radicata: altrimenti l’unità politica sarà solamente unità di ceti politici privi di qualsiasi relazione con la realtà.

Se scrivo di questo, del rapporto tra politica e società, non è solo perché il tema mi assilla, come ho spiegato, da tempo. Ma anche perché è il cuore di una mia riflessione e di una mia sofferenza interiore in questi giorni, in queste ore. Qualche giorno fa sono stato proposto, da un gruppo di persone della società civile, come candidato a Presidente della Regione. Ho dato una disponibilità, poi ho accettato la candidatura, dopo aver raccolto il sostegno di tante voci, grandi e piccole, della società. Una piccola, piccolissima “coalizione civile, sociale e popolare” -così l’ho definita- che vorrei ampliare rivolgendomi a tutti i liguri che, in questi anni, si sono battuti contro la cementificazione, le ingiustizie sociali, il declino economico e morale (si vedano, su questo giornale, i miei interventi del 2 e del 19 marzo).

Il mio obbiettivo è unire questo civismo alla sinistra politica: ma sto incontrando molte difficoltà. La sinistra dei partiti mi ha contrapposto, all’ultimo momento, un altro candidato, in uscita dal Pd, nel nome di un progetto politico teso a unire le forze della sinistra. Un progetto che rispetto, ma che vedo scarsamente collegato alla realtà sociale, alla ricerca appassionata di tutto ciò che nella società si muove in senso progressivo, contro la competizione e per la condivisione. Io vorrei lavorare, invece, a una lista civica, sociale e popolare, che vada a svegliare la società ligure e la renda protagonista di una grande stagione di cambiamento. Certo, che sia unita alla sinistra politica. Ma il primum, secondo me, è il civismo: è giusto, ed è anche essenziale per vincere le elezioni. Non so se riuscirò a raggiungere l’obbiettivo di tenere uniti questi due mondi, o se dovrò rinunciarvi. Mi batterò fino all’ultimo perché ciò avvenga: è il frutto delle mie convinzioni, ed è tutta la mia vicenda umana che mi spinge a farlo. Sicuramente, comunque vada a finire, continuerò a dare il mio piccolo contributo, come in tutti questi anni, a un processo di innovazione vero e profondo, al sogno di riconnettere politica e vita reale delle persone.

lucidellacitta2011@gmail.com

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