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Syriza, la politica e la vita

a cura di in data 8 Febbraio 2015 – 22:28
Mostra fotografica "Sixty" di Giorgio Pagano, 18 ottobre - 22 novembre 2014, Archivi multimediali Sergio Fregoso: Paesaggi naturali, Riccione  (2014)

Mostra fotografica “Sixty” di Giorgio Pagano,
18 ottobre – 22 novembre 2014,
Archivi multimediali Sergio Fregoso:
Paesaggi naturali, Riccione (2014)

Città della Spezia, 1° febbraio 2015 – La vittoria di Syriza alle elezioni politiche in Grecia ha senza dubbio “una portata storica”, come ha scritto il filosofo Etienne Balibar: per la prima volta in Europa, da quando le politiche di austerity sono diventate la regola, una forza di sinistra, radicata nel popolo, ha conquistato la maggioranza. In Grecia è maturata la prima risposta di sinistra alla crisi del 2008 e al disegno neoliberista del grande impoverimento di massa nel nome di un dio chiamato rigore. Ora siamo certamente all’inizio di un periodo difficile, ma pieno di speranza per un cambiamento democratico generale in tutta Europa. Leggiamo le parole dell’economista Thomas Piketty: “Il trionfo di Syriza in Grecia potrebbe capovolgere la situazione dell’Europa e farla finita con l’austerity che mette a rischio la sopravvivenza del nostro continente e dei suoi giovani. Tanto più che le elezioni previste per la fine del 2015 in Spagna potrebbero produrre un risultato simile, con l’ascesa di Podemos. Ma perché questa rivoluzione democratica venuta dal sud possa modificare davvero il corso delle cose, bisognerebbe che i partiti di centrosinistra attualmente al potere in Francia e in Italia adottassero un atteggiamento costruttivo e riconoscessero la loro parte di responsabilità nella situazione attuale. Concretamente, queste forze politiche dovrebbero approfittare dell’occasione per dire con voce alta e forte che il trattato sui bilanci adottato nel 2012 è stato un fallimento, e per mettere sul tavolo nuove proposte, tali da consentire una vera rifondazione democratica della zona euro”.

Ci diranno che è complicato cambiare i trattati, ma nel 2012 bastarono loro sei mesi per scriverli… Certo è che se la Francia e l’Italia si unissero alla Grecia e alla Spagna per proporre la “rifondazione democratica dell’euro”, la Germania dovrebbe scendere a patti e tutto cambierebbe. La situazione è davvero in grande movimento. In Grecia e in Spagna sono nati in poco tempo, sulla base di forti movimenti sociali, partiti innovativi e dinamici come Syriza e Podemos -con due leader giovani e carismatici come Alexis Tsipras e Pablo Iglesias- che hanno riconnesso politica e vita e sconfitto non solo i vecchi partiti socialdemocratici diventati di centro ma anche i partiti di sinistra-sinistra residuati del passato. Si pensi a come Syriza ha praticato una giustizia sociale dal basso maturata in risposta alla sofferenza sociale: ambulatori gratuiti, mercati popolari, mense, ricoveri notturni… Ciò che sta avvenendo in Grecia e in Spagna scompaginerà la “grande intesa” tra socialdemocratici e conservatori che domina l’Unione europea. Il Partito socialista europeo vede improvvisamente stravolti e invecchiati i suoi paradigmi. Molto spetta a Francoise Hollande e a Matteo Renzi: sapranno schierarsi dalla parte dell’Europa dei popoli a discapito dell’Europa delle banche? Sbagliano a cullarsi negli allori: il loro “partito fratello” greco, il Pasok, è crollato dal 43% al 5%, il Psoe spagnolo non se la passa molto meglio mentre il Ps francese è già stato sconfitto, alle europee, dalla destra xenofoba lepenista. Molto spetta anche ai movimenti sociali e alle forze di sinistra di Francia e Italia, finora minoritarie anche per i loro errori. E molto spetta, infine, ai popoli e alle sinistre del Nord Europa, a partire dalla Germania: l’austerity porterà guai anche ai tedeschi, devono capirlo in tempo. E poi, con loro, c’è un argomento “morale”: non devono mai dimenticare che il debito tedesco fu cancellato del 70% nel 1953! Può nascere un nuovo europeismo solidale sulle ceneri dell’austerity: una gran bella notizia per il futuro dell’Italia.

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Un’altra bella notizia per il nostro futuro è l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. L’ho conosciuto quando era Ministro e l’ho sempre apprezzato. Sarà il custode e il garante della nostra Costituzione così in pericolo, e il punto di riferimento di tutti gli italiani giusti e onesti, capace di infondere speranza e fiducia. Mattarella è un galantuomo delle istituzioni, molto lontano dallo “spirito del tempo”, quello dei tweet, della superficialità imperante e delle smargiassate. Il che è un buon viatico per affrontare una fase così difficile per l’Italia. Certo, ha vinto Renzi. Il Presidente del Consiglio è stato costretto a compattare il suo partito: ha capito che “il troppo stroppia” e che, dopo la famosa clausola del 3 per cento a favore del Berlusconi evasore fiscale e l’approvazione dell’Italicum al Senato, oltre un certo limite non poteva seguire il suo partner del “patto del Nazareno”. E così lo ha fregato, e con lui Alfano. Ma l’abilità di Renzi nella manovra tattica, e la sua stessa slealtà, hanno comunque portato a una scelta giusta per il Paese. Il che non vuol dire che il “patto del Nazareno” sia morto: è solo ferito, perché Berlusconi è oggi un partner gregario. Siamo dunque in una situazione che va sfruttata sino in fondo per bloccare le “ riforme” renziane-berlusconiane.

Mostra fotografica "Sixty" di Giorgio Pagano, 18 ottobre - 22 novembre 2014, Archivi multimediali Sergio Fregoso: Paesaggi naturali, Capri   (2004)

Mostra fotografica “Sixty”
di Giorgio Pagano,
18 ottobre – 22 novembre 2014,
Archivi multimediali Sergio Fregoso:
Paesaggi naturali, Capri (2004)

Un amico mi ha scritto che “moriremo democristiani”, alludendo alla provenienza comune di Mattarella e Renzi. Io sono per una lettura diversa: l’elezione di Mattarella non significa il ritorno alla Dc, ma alla Prima Repubblica, e alla sua storia più dignitosa. Si può -si deve- criticare la Prima Repubblica, che è anche una storia di corruzione e di stragi, ma si deve riconoscere che tutti i partiti della Prima Repubblica hanno prodotto una classe dirigente che in parte è ancora in piedi e continua a essere utile al Paese. Quella che è andata fuori scena è la Seconda Repubblica, quella dei politici sotto i settant’anni. Se gli ex comunisti Fassino, Veltroni, Finocchiaro, ecc. non sono diventati presidenti non è perché sono ex comunisti, ma perché sono stati protagonisti del fallimento della seconda Repubblica, al pari di Franceschini e di altri ex democristiani. La vicenda dei comunisti della Prima Repubblica -pur piena di ombre ed errori, che ho scandagliato nel mio “Non come tutti”- resiste invece alla decadenza e all’oblio. Veltroni, Fassino e Finocchiaro non passeranno alla storia, Togliatti e Berlinguer sì. Non a caso è proprio Alexis Tsipras che a questa storia guarda con rispetto. Una vitale traccia di comunismo italiano, e di socialismo italiano, affiora lungo il cammino che ha accompagnato Tsipras al trionfo grazie alla capacità di mediare radicalità e riformismo di governo. Leggiamo dal suo libro-intervista “La mia sinistra”: “Ricordo -anche se ero piccolo- il Pci di Enrico Berlinguer, ricordo in modo molto vivo il giorno della sua morte. E non posso non serbare nella memoria l’immagine del segretario del partito eurocomunista greco, Leonidas Kircos, il quale, alla vigilia delle elezioni europee del 1984, ha suonato la fisarmonica, dal palco del suo comizio di chiusura, proprio in memoria del compagno Berlinguer. E’ stata la manifestazione più grande che il partito abbia fatto ad Atene”. Oltre trent’anni dopo le piazze di Atene si sono nuovamente riempite per festeggiare la vittoria di Syriza al canto di “Bella ciao”, melodia da tempo rimossa dalla politica italiana. Ho sentito “Bella ciao” anche a Istanbul, con tutti quei turchi che battevano il tempo con le mani, come simbolo di resistenza al martirio di Kobane e all’oscurantismo religioso. Ora che ha conquistato il mondo, forse riconquisterà anche l’Italia.

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Brutte notizie, invece, dalle primarie del centrosinistra in Liguria. Tutta l’informazione nazionale ha dipinto il voto come un’autentica schifezza. Giro l’Italia per lavoro, la Liguria è veramente alla berlina. Non solo chi le ha “vinte”, ma tutto il Pd e, per il ruolo che esso ha, di riflesso un po’ tutta la politica ligure. Il Comitato regionale dei garanti ha annullato il voto di tredici seggi. Tra questi il seggio 8 di Spezia (centro Allende) con questa motivazione: “l’accompagnamento di un interprete che spiegava a soggetti non italiani quello che dovevano fare e che provvedeva per loro a versare i due euro dovuti”. E i seggi di Beverino e Deiva Marina, dove “viene segnalato il voto di persone esponenti di liste di centrodestra”. Su altri seggi indaga l’autorità giudiziaria. C’è da chiedersi quanti episodi simili siano accaduti in altri seggi, non denunciati o non provati. Leggiamo quanto ha scritto al suo circolo di appartenenza Mariano Vergassola, dirigente del Pd, che pochi mesi fa fu candidato Sindaco per il centrosinistra a Riccò del Golfo, sconfitto da un esponente del centrodestra: “A mio parere anche Riccò doveva entrare nell’elenco dei seggi annullati. Può essere accettabile una politica che trascende un ideale? Posso permettere a chi si è battuto contro di me, contro di noi, per amministrare il nostro territorio, di scegliere chi di noi, pur in un altro organismo, si candida a governare lo stesso territorio? Come si può pensare che il Sindaco che ci offende e ci infama possa scegliere il nostro candidato? Perché il Sindaco di Riccò si sente così vicino a Raffaella Paita e io, che ho condiviso con lei anni di impegno politico, non riesco ad avere questa sintonia? Prendo un’altra strada, non condivido più il cammino del Partito democratico”. E’ la “scissione silenziosa”, in atto da tempo, che ora precipita.

Di fronte a questa disfatta ha certamente ragione Andrea Ranieri, che pure fa parte della Direzione nazionale del Pd, quando dichiara: “Vogliamo ricostruire una forza di centrosinistra vera. Dove le parole chiave siano: trasparenza, democrazia, legalità, rispetto delle regole. Dobbiamo riportare le persone a votare. Tra la disciplina di partito e la costruzione di una candidatura che riporti i cittadini a votare, io scelgo la seconda”. Anche se il termine “centrosinistra” non mi pare adeguato: non esiste più, ormai indica una semplice posizione geometrica e basta. Però è giusta l’aspirazione che c’è dietro: conquistare, alle prossime elezioni regionali, il voto non solo della sinistra, ma di tanti elettori del Pd, del M5S e che a votare non vanno più. Le parole chiave sono senz’altro trasparenza, democrazia, legalità, rispetto delle regole: quelle che reclama tanta parte del mondo della cultura ligure, e del cosiddetto “ceto medio riflessivo”. Ma questa forza in costruzione deve rivolgersi a un popolo più ampio: donne e giovani, precari che combattono con un lavoro sottopagato, lavoratori, dipendenti e autonomi, che vedono minacciato il proprio lavoro, pensionati a cui vengono erose passo dopo passo tutte le loro conquiste, persone con affitti che non riescono a pagare e con costi sanitari troppo alti… Questa è la vita. E poi c’è la vita della natura, che è un’entità avente diritti: la vita difesa dal popolo che si batte in Liguria contro il dissesto idrogeologico, per la salvezza della costa, per il rilancio dell’entroterra. Questo è il popolo con cui fare politica, quello che in Grecia e in Spagna crede in Syriza e in Podemos. Questo è lo spazio lasciato vuoto da una politica, e da un Pd, sempre più separati dalla vita. In Liguria vincerà le elezioni chi prenderà in mano la bandiera della legalità e chi riconnetterà la politica alla vita. Ridando a tanti la speranza di cambiare, contro l’indifferenza.

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