Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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Il Mediterraneo è vivo

a cura di in data 29 Settembre 2014 – 22:17
Egitto, il lago Nasser, originato dalla diga di Assuan sul Nilo (2012)   (foto Giorgio Pagano)

Egitto, il lago Nasser,
originato dalla diga di Assuan sul Nilo
(2012) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 21 Settembre 2014 – Davvero dobbiamo considerare tutto l’Islam, tutti i musulmani come dei nemici? L’autoproclamazione a califfo dell’invasato el Baghdadi e il terrorismo dell’Isil (Stato islamico in Iraq e nel Levante) ci stanno riportando alla stagione dei grandi attentati e delle tesi sullo scontro di civiltà di Samuel Huntington, secondo il quale le identità culturali e religiose sarebbero la fonte primaria di conflitto nel mondo post Guerra fredda. Anche a Spezia il fatto che i musulmani vogliano aprire un luogo di culto per pregare incute paura in strati della popolazione. Ne abbiamo discusso ieri nella manifestazione “Lerici legge il mare”, dove ho presentato il libro di Gianluca Solera “Riscatto mediterraneo”, un diario appassionato che ha come protagonisti i giovani delle due sponde del Mediterraneo che si battono per i diritti e per la dignità.

L’Islam è solo quello che, declinato in politica, ha come esito un regime teocratico o c’è anche un Islam che cerca la conciliazione con la democrazia? E’ possibile un modello che tenga insieme religione, laicità e libertà, contro il fondamentalismo? Nel suo libro Solera dà una risposta positiva: nei Paesi arabi, sostiene conversando con un salafita progressista, serve una “Sinistra indigena”, cioè un’alleanza tra forze progressiste laiche e almeno una parte delle forze dell’Islam politico. Perché è l’unico modo per includerle e farle maturare, rompere i pregiudizi interessati dei detentori della ricchezza e affrontare insieme la battaglia per la giustizia sociale. Il giorno più bello della “primavera egiziana”, racconta Solera, è quando, davanti a una chiesa cristiana di Alessandria d’Egitto, i giovani cristiani e musulmani si sono incontrati e abbracciati cantando che “cristiani e musulmani sono una cosa sola”: perché la fonte del problema non è lo scontro tra identità e tra religioni, ma lo scontro tra coloro che ce la fanno e coloro ce non ce la fanno, tra ricchi e poveri, tra potenti e oppressi. Contro le tesi di Huntington vale l’immortale commento di Sancho Panza nel “Don Chisciotte”: “nel mondo ci sono solo due razze, quella di chi ha e quella di chi non ha”.

Ci sono, quindi, più Islam. E serve la contaminazione tra “noi” e “loro”, non l’isolamento reciproco. Perché è la contaminazione che permette il radicamento, da noi, di un Islam dai caratteri europei (si veda, su questo punto, il mio “Moschea, ultima occasione per la politica. Basta dividersi, serve una prova di maturità”, in La Repubblica-Il Lavoro, 11 febbraio 2012, ora in www.associazioneculturalemediterraneo.com). Non dobbiamo chiuderci in noi stessi e non dobbiamo spingere l’Islam a chiudersi in se stesso, ma stimolarlo a dialogare con la nostra cultura dei diritti, che è poi la stessa cultura dei diritti che è stata alla base delle primavere arabe e che ha unito in questi anni i giovani delle due sponde del Mediterraneo.

Egitto, la Sfinge a Giza (2012) (foto Giorgio Pagano)

Egitto, la Sfinge a Giza
(2012) (foto Giorgio Pagano)

Non c’è dubbio che ci siano responsabilità pesanti nei Paesi arabi, se siamo arrivati a questo punto: la divisione e la frammentazione delle forze laiche, la pessima prova di governo dei partiti di stampo religioso, la loro estromissione, in Egitto, non con il voto ma con un golpe, la crescita del terrorismo fondamentalista… Ma ci sono anche le nostre responsabilità, di un Occidente, e di un’Italia, che non hanno dato nessuna sponda, a livello politico e culturale, ai fermenti sociali e civili delle primavere. Io, nel mio impegno di cooperante, sono riuscito a dare una mano alla nuova Libia nell’emergenza umanitaria del dopo Gheddafi, ma quando abbiamo cercato di dare una mano anche nel rafforzare la società civile e i corpi intermedi, così come le istituzioni e il decentramento amministrativo, non ce l’abbiamo fatta perché ci siamo trovati completamente soli. Bisognerebbe che le nostre democrazie occidentali ritornassero ai loro principi più radicali, specie quelli assai poco praticati come l’eguaglianza e l’ospitalità. Altrimenti non possiamo pretendere di insegnare nulla a nessuno.
Bisognerebbe tornare allo “spirito del Mediterraneo”. Lo descrive molto bene Solera nel suo libro: “Per la sua storia fatta della sovrapposizione di più civiltà, per i valori comuni che i suoi popoli incarnano -il senso di comunità, la spiritualità, il culto dell’ospitalità, l’inventiva e l’operosità, la coesistenza con l’altro, la famiglia, il gusto per le cose belle o il legame con il territorio e il cibo-, il Mediterraneo è diventato un fulcro della resistenza civile contro capitalismo selvaggio, de-democratizzazione e banalizzazione culturale. Tutto ciò che assoceremmo all’idea di Mediterraneo costituisce un naturale antidoto alla globalizzazione mercantilistica e all’individualismo”. Se il Mediterraneo è il “luogo di un prossimo Rinascimento”, è arrivato il momento di progettare un nuovo spazio di integrazione politica, sociale, culturale ed economica: una vera Unione del Mediterraneo. Un obbiettivo che ha visto gli Stati fallire, e che potrà essere raggiunto solo “dal basso”, con l’impegno della società civile e delle istituzioni locali “nostre” e “loro”. Anche la Liguria e Spezia, nel loro piccolo, dovrebbero fare la propria parte: scegliere un Paese arabo su cui concentrare l’impegno, e lavorare a partenariati tra enti locali, sindacati, imprese, associazioni… Il “riscatto mediterraneo” non deve essere solo una speranza, ma diventare terreno di impegno concreto. Scopriremmo terre che miscelano abissi di integralismo e grandi slanci di apertura. Per esempio, proprio ieri, a Erriadh, un paese dell’isola di Djerba, in Tunisia, è stato inaugurato uno straordinario museo en plein air dedicato alla cultura writer: 150 artisti di 34 nazionalità, il meglio del graffitismo internazionale, ha invaso la medina di Erriadh senza stravolgerne l’armonia di fondo. Il Mediterraneo è vivo, nonostante tutto.

lucidellacitta2011@gmail.com

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