Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
10 Aprile 2024 – 20:59

Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu“Sabato 13 aprile ore 17Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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Economia, società, politica: anticorpi alla crisi

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Riflessioni su un progetto di economia solidale

a cura di in data 12 Maggio 2014 – 19:31

Premessa
Giuseppe Lena e Augusto Licausi hanno partecipato, a titolo volontario, in questi ultimi 12 mesi, in rappresentanza dell’Associazione Culturale Mediterraneo, come membri del Comitato Tecnico, al Progetto: “Innovazione e integrazione territoriale per economie sostenibili e solidali”.

Si è trattato della realizzazione di una ricerca/intervento svolta nel territorio della nostra provincia e nelle aree contigue della Lunigiana, al fine di dar vita a percorsi formativi/informativi che favoriscano il rafforzamento delle reti di economia e collaborazione solidale.
Istituzione locale di riferimento: l’Amministrazione Provinciale della Spezia; finanziamento da parte del Fondo Sociale Europeo.
Il Progetto era stato presentato dal CNR – ISSiRFA (Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie “Massimo Severo Giannini”) in partnership con “Solidarius Italia sas”, il Consorzio Intercomunale “Il Cigno” e “Mediterraneo”.
E’ stata un’interessante esperienza di lavoro in comune tra realtà organizzative nazionali e locali diverse.

Il contributo dell’ Associazione Culturale Mediterraneo quale partner del Progetto di Economia Solidale
Chi siamo:
“I promotori dell’Associazione Culturale Mediterraneo vogliono dar vita ad un luogo di riflessione, di elaborazione e di confronto e offrire alla città un’occasione di impegno e di partecipazione. Mediterraneo è un’associazione di persone di diversa provenienza e con diverse opinioni su molti temi, che credono nella democrazia culturale e cercano di approfondire e far amare valori come la libertà, l’autonomia, la consapevolezza, la tolleranza, la partecipazione, la solidarietà sociale.
è questo il “minimo comune denominatore condiviso” che accomuna i promotori dell’associazione.

Mediterraneo vuole essere uno strumento di una città civile e libera, che si impegna a fare cultura, a partecipare allo scambio di idee, a cogliere le urgenze dell’attualità, a incontrare e ascoltare i protagonisti della vita culturale italiana, a far crescere un pensiero critico e riflessivo, a  formare, d’intesa con scuole e università, le nuove generazioni.

… La politica senza cultura è condannata ad avere respiro corto: può vivere e crescere solo insieme alla cultura
Questo è l’inizio del Manifesto Programmatico redatto nel 2008 dai promotori  dell’Associazione Culturale Mediterraneo.
E’ abitudine rara tornare a rileggere le parole che racchiudono gli impegni fondativi riguardanti un patto pubblico tra persone.

Sembra un’operazione retorica, inutile; spesso si danno per scontati i presupposti. Ma così non è.
Soffermarsi a riflettere sull’inizio, ci può dare la misura di quanta e quale strada è stata fatta nella coerenza e ci fa capire le motivazioni che hanno condotto la nostra Associazione ad aderire in maniera convinta a questo Progetto. (Nota n. 1)

La rilettura del testo, oggi, ci suggerisce qualche annotazione:

  • il “… minimo comune denominatore condiviso… ” ha rappresentato, allora, per i promotori dell’associazione, diversi tra di loro, la costruzione di una “zattera” sulla quale salire per dare occasioni alla città di riflettere su sè stessa.
  • in tutte le iniziative,  una particolare attenzione è stata rivolta ai portatori naturali di futuro: i giovani. Contribuire a stimolare tra loro la crescita di un pensiero critico e riflessivo costituisce una nostra responsabilità primaria.
  • Troppo scarsi, inadeguati sono apparsi l’interesse e l’impegno della classe dirigente locale nei confronti delle sollecitazioni che sono emerse dai nostri incontri pubblici, dal nostro lavoro; tranne qualche rara, benvenuta, eccezione.

Dal novembre 2008 ad oggi  “Mediterraneo” ha organizzato, autonomamente o in collaborazione con le istituzioni, con le scuole e con altre associazioni, una ricca serie di iniziative.
A tal proposito, sono stati costituiti cinque gruppi di lavoro (“Ripensare il Mediterraneo, un compito dell’Europa”; “Quale scuola per l’Italia”; “Religioni e politica”; “Crisi climatica e nuove politiche energetiche”; “Economia, società, politica: anticorpi alla crisi”).
Un’altra modalità operativa scelta, oltre agli incontri, è stata quella di partecipare  a progetti di più lunga durata, che vedano coinvolte altre realtà associative e istituzionali, quali, ad esempio sui problemi dei migranti e sul conflitto israelo-palestinese.
Qualche cenno sulle possibili, presenti e future connessioni tra il lavoro svolto in questi settori e l’impostazione strategica di questo Progetto.
Sui problemi dei migranti nella nostra città: è stato fatto qualche tentativo di coinvolgimento nelle attività del Progetto di persone migranti e di operatori nel settore.
In particolare l’attenzione è stata rivolta alla possibilità di dare qualche risposta parziale alla grande schiera di giovani disoccupati (migranti e non), favorendo il contatto tra questi e i produttori agricoli alla ricerca di aiuto stagionale nei campi (anche utilizzando il “voucher”, che si è poi mostrato, per ragioni giuridiche, poco utilizzabile).
Un’altra area parzialmente esplorata è stata quella del lavoro artigianale all’interno delle comunità dei migranti. Ma è un’attività di ricerca che richiede molto più tempo di quello previsto dal Progetto. è un lavoro di “scavo” che va fatto con loro, con i migranti, sulla base di un rapporto di fiducia reciproca che necessariamente si dipana nel tempo. Bisogna tenere presente che quello che noi europei vediamo delle comunità migranti nelle nostre città è spesso una “facciata”, che loro, per autodifesa, ci fanno vedere.
Ed anche noi, con le nostre classi dirigenti locali, qualche volta, contribuiamo a costruire questa “facciata”, individuando come interlocutori, come rappresentanti pubblici delle diverse comunità quelle persone che “ci fanno più comodo”, che più facilmente corrispondono  docilmente ai nostri interessi.
Sono questi comportamenti (anche non del tutto consapevoli) che riproducono in periodo postcoloniale, alcuni dei comportamenti che risalgono dal profondo dell’età coloniale.
Tutto questo gioco di specchi tra mondi diversi provoca irrigidimenti, falsità, diffidenza, che non si scalfiscono nel tempo breve e senza strumenti di conoscenza reciproca, costruiti insieme.
Per capire meglio questi aspetti basta riflettere sulla delicatezza che assumono sia il lavoro artigianale dei migranti, spesso condotto all’interno delle loro case, spesso secondo modalità “informali”, sia il problema dei microcrediti solidali all’interno delle comunità.
Dato che in tutta l’Africa è molto diffuso lo strumento di prestito popolare e solidale (la tontine) che ha come unica garanzia “la fiducia” (“merce” da noi, in Occidente, molto rara), appare improbabile che questa consolidata abitudine non sia arrivata qui nella valigia dei migranti. Ma sia il “lavoro informale”, sia la tontine sono preziosi strumenti per la sopravvivenza qui; e quindi da celare all’“uomo bianco”.
Questi sono soltanto spunti di riflessione per un lavoro da fare, che derivano da uno scacco “annunciato”.
Se in un prossimo futuro si vorrà, anche nella nostra città, avviare un lavoro di ricerca con le persone migranti, strettamente connesso con gli analoghi problemi dei cittadini “bianchi” poveri, dovrà anche essere ristudiata quella parte delle migliori esperienze di cooperazione internazionale, quelle che sono state indirizzate nella direzione metodologica accennata. (Nota n. 2)
L’Associazione Culturale Mediterraneo è, inoltre, stata promotrice, insieme con il Comune della Spezia ed altre realtà istituzionali e associative di “Dialoghi di Pace in Medio Oriente”.
Da molti anni questa è la sede per incontri tra quella parte di palestinesi  e di israeliani, che, vivendo quotidianamente, sulla propria pelle, il dramma del conflitto permanente tra i loro due popoli, cerca insieme, dialogando, di riannodare i fili di una speranza concreta di pace.
Si sono incontrate persone molto diverse tra di loro, ma animate dal forte, dolente desiderio comune di cercare insieme le strade strette, per uscire da una crisi che divora i loro figli e non solo.
Di solito gli incontri si sono tenuti prima in una scuola, poi in una sala pubblica.
Questa iniziativa permanente si inscrive nell’ambito di una lunga serie di rapporti di cooperazione tra gli Enti Locali della nostra provincia (capofila il Comune della Spezia) e la città israeliana di Haifa e la città palestinese di Jenin.
In particolare, negli ultimi anni sono stati condotti a termine, con la determinante partecipazione, (qui e là), di gruppi di cittadini volontari,  progetti di cooperazione decentrata  per lo sviluppo socioeconomico di Jenin.
Credo che  per questo nostro Progetto di economia solidale, sia utile, con lo sguardo volto al futuro, accennare al Progetto svoltosi nel 2011, che aveva quale oggetto: “…..il viaggio come occasione di scambio e di promozione della realtà economico-culturale dell’area di Jenin”.
Il Progetto era finalizzato a sostenere lo sviluppo di un’autonoma capacità del tessuto socio-economico di Jenin di realizzare percorsi turistico-culturali come occasione di incontro tra cittadini delle diverse sponde del Mediterraneo con l’intento di far scoprire una ricca tradizione culturale e una vivace realtà artigianale, tentando di realizzare, al contempo, collaborazioni e intese professionali.

Si è trattato, in sintesi, di un progetto pilota nell’ambito del “turismo culturale”.

Durante 6 viaggi, 50 persone della nostra zona, ospitate presso le famiglie, hanno potuto condividere per una settimana la vita quotidiana degli abitanti di una città ricca di storia quale Jenin, situata sulla strada tra  Gerusalemme e Damasco.
Dato che un “nodo” della rete solidale recentemente intessuta è costituito dall’Istituto Professionale Einaudi-Chiodo, che ha tra i suoi ambiti di studio  il “turismo”, forse, l’analisi di questa esperienza, della metodologia adottata dagli operatori volontari, potrebbe essere utile per costruire un’idea di turismo che sia sempre meno momento per un frettoloso  scambio di merci e di stereotipi, ma sempre più occasione di accoglienza e conoscenza reciproca, di relazioni significative .

Infine nel 2010 è nato un gruppo di studio sui temi dell’economia solidale costituito da giovani universitari della zona, da Soana Tortora di Solidarius Italia e da alcuni soci di “Mediterraneo”.
L’intento era quello di collegare di più l’Università, a partire dagli studenti, con la realtà variegata delle esperienze di altraeconomia sul territorio.
Gli studenti, poi, un bel giorno, sono migrati, come rondini, verso terre lontane; e sappiamo che alcuni di loro stanno facendo esperienze molto interessanti.
Il gruppo, arricchito dalle presenze di Chiara Cavallaro (CNR ISSiRFA), e di Paola Letardi (CNR ISMAR), persone con una buona esperienza  nella costruzione di reti di economia solidale, rispettivamente a Roma e a Genova, ha, comunque, continuato a lavorare, cercando di condividere alcune iniziative pubbliche con i Gruppi di Acquisto Solidale (G.a.s.) e alcuni produttori  della zona.

Uno dei contributi più rilevanti da parte nostra, in quel periodo, è stato quello di organizzare nel 2011 a Sarzana, nel 2012 alla Spezia, incontri pubblici con Euclides Andrè Mance, antropologo e pedagogista brasiliano, esperto di reti di economia solidale, artefice, come socioecomista, di una grande opera di sostegno ad una miriade di aziende brasiliane, nell’ambito del programma “Fame zero” del Governo Lula. Tutte queste circostanze hanno permesso all’Associazione Culturale Mediterraneo di partecipare al Progetto in maniera convinta degli obiettivi da raggiungere e consapevole anche delle difficoltà da affrontare. (Nota n. 3)
Innanzitutto ci preme sottolineare come, la partecipazione ai lavori del Progetto, a stretto contatto con Silvano Zaccone, presidente del Consorzio Il Cigno, Fiduciario della Condotta La Spezia-Cinque Terre di Slow Food, ha permesso a noi, e quindi alla nostra associazione, di ampliare i propri orizzonti culturali: le storie di fatica dei produttori, i saperi contadini, l’etnobotanica (gli usi alimentari, terapeutici, magici nell’impiego delle specie vegetali  da parte delle comunità del nostro territorio), le lunghe  radici nel passato rappresentate dalle vicende dei Liguri Apuani nello sfondo del nostro operare,  hanno rivelato un ampio terreno di conoscenza, un ricco patrimonio culturale locale da valorizzare e trasmettere.

Ed è anche su  questo piano, quindi, che si è rafforzato un “nodo” della rete di collaborazione tra le nostre realtà associative.
La partecipazione nel Comitato Tecnico di Augusto Licausi, volontario della mensa di “Missione 2000”,  ha favorito l’incontro con il “Tavolo delle povertà”, la cui portavoce, Eloisa Guerrizio, ha operato attivamente per la riuscita del Progetto.
L’incontro della rete del Tavolo delle Povertà (l’esperienza del Buon Mercato, la lotta allo spreco) con la rete dei produttori agricoli ha provocato una scintilla di attenzione tra mondi che si sfiorano tutti i giorni, ma che non si conoscono. E sono partiti dalla concretezza delle c.d. eccedenze dei campi da indirizzare alle mense dei soggetti più deboli della comunità, per poi proseguire con progetti sempre più intrecciati da legami di interessi reciproci.
Ad esempio: la partecipazione al bando comunale sugli Orti Urbani (e conseguente esito positivo) da parte di Auser, Associazione Buon Mercato e Slow Food, che potrebbero coinvolgere giovani disoccupati (anche migranti). Questa potrebbe essere una modesta proposta per la costruzione di una “piccola forza” sinergica, composta dall’unione dei saperi degli anziani con il lavoro dei giovani.

Per quanto riguarda, poi, l’Artigianato, bisogna dire che è rappresentato per ora nel Progetto soltanto da 3 realtà, che hanno fatto della “polivalenza” lo strumento della propria sopravvivenza.

In estrema sintesi:
Giancarlo è artigiano nei settori: pelletteria, cartotecnica, rilegatoria; ha subito i morsi della crisi; svolge un’altra attività, ma, anche per non perdere di vista la sua professione, ha aperto un laboratorio di pelletteria in carcere. Hanno cominciato a produrre, partecipando a un mercato su una pubblica piazza. Una piccola rete di sostegno, guidata dalla pastora della Chiesa Valdese della Spezia, ha permesso l’avvio di questa esperienza.
Moira collabora con il marito nella produzione di olio, frutta  ed ortaggi; ma riserva a sè il piacere (e la fatica) di lavorare la lana, secondo le antiche tradizioni rispettose della natura e della salute. Produce una miriade di oggetti utili sia per l’abbigliamento che per alimentare la fantasia.
Alberto, finalmente pensionato, coltiva a tempo pieno la sua passione utilizzando legno di riciclo per costruire mobili ed altri oggetti utili.

Si conoscevano, ma ognuno lavorava per conto suo.
Ora: si stanno collegando sempre di più tra loro, cercando di costruire un nucleo operativo a tre, che possa, poi, aggregare altri artigiani.
Comunque, il processo avviato con prudenza, ma anche con determinazione, sta avanzando; in sintesi:

  • ipotesi di lavoro: nuovo prodotto comune di Moira e Giancarlo; marchio: Cooperativa L’Ortara di Caprigliola;
  • possibilità concreta  di un punto vendita a Riomaggiore;
  • ipotesi di lavoro: nuovi prodotti comuni di Moira ed Alberto (giochi e giocattoli); marchio: Cooperativa L’Ortara di Caprigliola; ricerca di un punto vendita; qualche prospettiva concreta.
  • Laboratorio di pelletteria in carcere: accordo per un punto vendita presso la Bottega del Commercio Equo e Solidale della Spezia.

Si spera, poi, che un altro artigiano che, pur condividendo l’impostazione strategica del Progetto, è rimasto ad osservare “da lontano” il nostro lavoro, collabori direttamente con questo primo nucleo. Si tratta di un giovane che opera magistralmente con giovani disabili, costruendo e vendendo ottimi prodotti del loro laboratorio di falegnameria, utilizzando materiale di riciclo. Sappiamo che nella nostra zona ci sono altri professionisti altrettanto capaci e vitali, ma restano chiusi tra muri di difficoltà, delusione e diffidenza.

L’attuale modello produttivo, la crisi, la forte miopia di gran parte della classe dirigente locale e nazionale hanno emesso di fatto la sentenza di condanna: gli artigiani, le piccole botteghe sono categorie a forte rischio di estinzione. Contribuire a combattere questa tendenza (è un’agonia che conduce la nostra società verso un destino d’impoverimento, di perdita secca di una vitale “biodiversità socioeconomica”) richiede un duro lavoro che permetta a queste categorie di “invisibili” di trovare occasioni di partecipazione a reti solidali già esistenti, introducendo circuiti innovativi, per soddisfare punti d’interesse reciproco.

A tal proposito fondamentale è cercare insieme le forme, i tempi, i metodi appropriati per ravvivare le “braci” della fiducia tra le persone. La fiducia quale asse fondativo concreto di ogni collaborazione solidale. La fiducia come responsabilità nell’assunzione di un rischio comune.

Ed ecco la metodologia della Ricerca-Intervento che ci viene in aiuto, che apre orizzonti.

Abbiamo, quindi, cercato, in un difficile “corpo a corpo” con la realtà, di intercettare gli operatori sul terreno, guidati dalla lanterna laica delle 3 sostenibilità (economica, sociale, ambientale). Ed è così che abbiamo, ad esempio, incontrato alcuni produttori agricoli ed allevatori, persone testarde ed appassionate, che stanno vivendo questi principi, impastandoli con la realtà faticosa di un mestiere, di una professione individuata sovente come scelta di vita. Ed è insieme a queste persone che sono state costruite la fasi del Progetto, operando per cerchi concentrici, individuando gli snodi, contemperando interessi diversi, nel rispetto reciproco delle storie di ognuno.

Due connessioni sono state per noi paradigmatiche, rappresentative del portato di concretezza della metodologia adottata:

  • l’incontro con la rete del “Tavolo delle Povertà”, cui abbiamo accennato sopra;
  • la partecipazione al Progetto degli studenti e degli insegnanti dell’Istituto Professionale Einaudi-Chiodo, che hanno predisposto il sito web, offrendo così, da subito, ad esempio, un utile strumento ai  produttori per conoscersi meglio tra di loro e farsi conoscere meglio sul territorio, favorendo un intreccio moltiplicatore di occasioni tra domande e d offerte plurime.

Il sito, poi, adeguatamente incrementato ed adeguatamente interrogato, sarà utile per rafforzare la rete di collaborazione solidale tra produttori, combattendo l’isolamento e l’ ansia di concorrenza.

Nota n. 1:
A tal proposito, interessanti articoli sono leggibili sul sito della Associazione, ad esempio: Giorgio Pagano da La Repubblica del 6/03/2014  “L’innovazione: alta tecnologia e credibilità sociale”.

Nota n. 2:
Un testo illuminante, che ci può aiutare a lavorare meglio con i migranti, cominciando a  comprendere le complesse vicende che i territori di provenienza hanno vissuto dalla colonizzazione ad oggi, è:
“Voci e silenzi postcoloniali. Frantz Fanon, Assia Djebar e noi” di Renate Siebert; Carocci Editore, 2012.
L’ambito di ricerca è diverso, ma il tema cruciale è lo stesso. La Siebert, presentandosi al cospetto delle diverse fasi della recente storia di Algeria (prima, durante, dopo la colonizzazione), ci invita a riflettere sempre sulla compresenza dei diversi piani da affrontare nell’analisi di un medesimo contesto e sulle folgoranti relazioni tra gli stessi. Pena lo sviamento. E’ utile riflettere sulla necessità, per chi ha desiderio d’immergersi nelle acque limacciose del cambiamento, di procedere attrezzandosi sempre  meglio per valutare le diverse luci, i diversi tempi, le diverse lingue, le complessità dialettiche e gli impasti che si presentano.

Dice, ad esempio, a pag. 233:
“…… Mettere qui ed ora al lavoro i concetti, le intuizioni e le suggestioni che ci vengono da Fanon e Djebar ci può aiutare a cogliere continuità e rotture tra l’era coloniale e quella postcoloniale e potrà agevolare una riflessione critica e autocritica in vista di un futuro progetto comune, basato sulla reciprocità, l’uguaglianza nelle differenze e il rispetto reciproco: tra ex colonizzatori ed ex colonizzati, tra donne e uomini, tra generazioni diverse. Tale progetto, in grandi linee, potrebbe essere immaginato nei termini del “nuovo umanesimo” prospettato da Fanon … ”.

Nota n. 3:
Non c’è stato un livello, un ambito esente dalla difficoltà a costruire lentamente una lingua comune, ad esempio:
ne il Comitato Tecnico (6 persone in rappresentanza dei Partners): il C.T. ha costituito nei confronti del Progetto il motore di avviamento, il motore garante del ritmo e della composizione delle attività in vista dei risultati attesi: 2 realtà: 3 persone esterne al territorio (CNR, Solidarius Italia); 3 persone interne (Il Cigno, Mediterraneo).
Esperienze diverse, modi di fare e di dire diversi, ma sensibilità in gran parte comuni. Forti discussioni iniziali, grande attenzione ai punti di convergenza, ma anche di dissenso, ci hanno permesso di adottare un ritmo di tenuta tutto sommato soddisfacente (rispettoso delle differenze, ma teso al raggiungimento degli obiettivi condivisi).

Nè i G.a.s. (Gruppi di Acquisto Solidali) della zona. Negli anni precedenti all’avvio del Progetto avevamo condiviso con loro alcune iniziative. Pensavamo (forse a torto) che si potesse adottare uno stile di comunicazione più rapido, diciamo un pò sbrigativo (che dà per scontato passaggi comuni), ma alcune incomprensioni latenti, alcune braci sotto la cenere hanno continuato a bruciare……..ad esempio: il timore della “colonizzazione” del nostro territorio da parte di esterni …. il pericolo di “concorrenze professionali”…..
Questo ha causato una “presenza non partecipata” (diciamo così) da una parte dei G.a.s. ai lavori del Progetto. Ci sono, comunque da segnalare alcuni, recenti, reciproci ripensamenti e conseguenti riavvicinamenti. Qui si apre per noi tutti il delicato tema della diffidenza o meglio della ricerca delle forme, dei tempi, dei metodi appropriati per far crescere un rapporto di fiducia tra le persone. Sin dall’inizio, poi, c’è stata sempre la nostra preoccupazione e conseguente attenzione che i fondi pubblici del Progetto avessero un’immediata, diretta ricaduta nel nostro territorio. Così è stato; è avvenuto, infatti, un oculato dosaggio dei finanziamenti secondo le necessità delle attività del Progetto.

(Giuseppe Lena, Augusto Licausi)
La Spezia, 6 maggio 2014

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