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Presidente Papi, Lei con me sbaglia bersaglio

a cura di in data 14 Aprile 2013 – 09:21

Il Secolo XIX – 14 Aprile 2013 – Il presidente di Termomeccanica Enzo Papi, nel suo intervento sul Secolo, sbaglia bersaglio. Io non addebito alla sola Termomeccanica la responsabilità di non essere mai andati a verificare la convenienza del “matrimonio” con Acam. Non individuo capri espiatori ma una responsabilità collettiva, sia pure con gradi diversi, di tutta la classe dirigente cittadina.

Papi è un bravo imprenditore: a Spezia tanto ha dato (il rilancio di un’impresa storica) e tanto ha avuto (il sostegno del Comune, della banca locale e del sindacato quando rilevò Termomeccanica, e di Acam, che assunse una parte dei lavoratori Termomeccanica in esubero). Negli anni in cui fui Sindaco Papi cercò l’alleanza con Acam, e fu appoggiato e osteggiato, quasi aprioristicamente, da settori diversi, e trasversali, della politica e della classe dirigente. Io cercai di uscire da questa morsa e di andare a “vedere”: tener conto delle leggi e fare studi industriali ed economici, bandendo le discussioni generiche. Se si rimase al politichese, la responsabilità è di tanti. Io mi prendo la mia parte, ma tutti dovrebbero riflettere. 

Vengo ai due passaggi chiave. Il primo riguarda Luniambiente, società tra Comune e Termomeccanica costituita nel 1997 per occuparsi di raccolta e spazzamento dei rifiuti nel capoluogo. Subito ne fu contestata la legittimità giuridica per la modalità di scelta del socio privato: i nostri esperti ci sconsigliarono di prodeguire. Del resto Luniambiente era ormai superflua: Acam stava per occuparsi anche dei rifiuti su scala provinciale (prima lo faceva il Cir), sarebbe diventata Spa e Termomeccanica, tramite gara, avrebbe potuto diventarne partner privato. Non prima, però: finché Acam era consorzio pubblico non poteva allearsi con privati.
Il secondo passaggio chiave: nel 2001 Acam divenne Spa, i soci nominarono l’advisor Rothschild per la scelta del partner privato, ma Termomeccanica si dichiarò non interessata. Si ritirava, cioè, quando era finalmente giunto il momento di “vedere”. Papi dice al Secolo XIX, per la prima volta, di averlo fatto dopo aver “rotto” con Pierluigi Tortora, amministratore delegato di Acam, per avergli detto che nell’alleanza non avrebbe più ricoperto questo ruolo. Un episodio che non conoscevo, su cui non ho motivo di dubitare. E accusa “il sistema dei partiti”, che “aveva paura di perdere il controllo di una realtà strategica”, cioè “il giocattolino”. Accusa generica, perché non distingue, ma che coglie un dato incontrovertibile. Io cercai di assicurare ad Acam sicurezza e sviluppo mediante un’aggregazione con le aziende che manifestarono all’advisor il loro interesse, in primis le ex municipalizzate Amga di Genova e Acea di Roma. Ma fui sconfitto. L’azienda e la maggioranza dei soci spinsero per un’altra scelta: rimanere da soli nell’acqua e nei rifiuti e vendere una parte del gas, il settore più remunerativo. Buona parte dei guai successivi dipese da quella scelta sbagliata, assunta per “paura di perdere il radicamento territoriale” e di “trasferire la testa altrove”. Preoccupazioni nobili ma sbagliate, che ne nascondevano altre, meno nobili e “di bottega”. Non mi tiro fuori, perché chi perde ha sempre delle responsabilità. Avrei dovuto aprire una discussione pubblica: sarebbe scoppiato il finimondo e probabilmente sarei stato in ogni caso sconfitto, ma col senno del poi avrei dovuto farlo. Le mie conclusioni le ho comunque tratte: finito il mio mandato, nel 2007, rinunciai volontariamente ad ogni incarico pubblico e di partito, uscendo dal “sistema” in modo “radicale”. Del “sistema” avevo visto il degrado e la decadenza, la perdita di ogni dimensione ideale ed etica. E’ per questo che scelsi l’impegno culturale, associativo e civile: una rinuncia al “cursus honorum” che non è però rinuncia a cercare di cambiare l’esistente.
Infine il futuro: Papi si dichiara d’accordo con me sulla necessità, per Acam, di aprirsi ad alleanze ed aggregazioni. E annuncia “un possibile interessamento sui rifiuti, a patto che l’aggregazione sia utile ad Acam e a noi”. Bene, la mia opinione è la stessa di 15 anni fa: si vada a “vedere”, cioè a tener conto delle leggi (il partner privato di Acam Ambiente va scelto con gara) e a fare studi industriali ed economici. Con un’aggiunta, sulla base dell’esperienza: la dimensione ottimale per i rifiuti è quella regionale, l’ATO (l’ambito territoriale) deve essere regionale, e la Regione Liguria non può più tergiversare sulla necessità di una sua politica in materia. Non se ne esce se ogni provincia va per conto suo.

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