Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Moschea, ultima occasione per la politica. Basta dividersi, serve una prova di maturità

a cura di in data 23 Febbraio 2012 – 13:28

La Repubblica-Il Lavoro – 19 Febbraio 2012 – Genova, come tutta l’Europa, vive una nuova fase di pluralismo religioso. In particolare crescono i musulmani. Misurarsi con i musulmani genovesi e europei richiede di comprendere che sono portatori di specificità, dovute all’ambiente culturale in cui risiedono. Una politica intelligente, cioè consapevole del futuro da costruire, deve cercare di realizzare le condizioni che permettano il radicarsi di un islam dai caratteri europei. O meglio il radicarsi della molteplicità degli islam europei, perché un islam culturalmente unitario non esiste, neppure nei Paesi di origine. E’ la politica dell’Europa che non si chiude in se stessa e non elude il dialogo con l’islam; e lo spinge a dialogare a sua volta con l’Europa dei diritti della persona e dell’autonomia della politica e della religione. L’alternativa è la politica non intelligente: che prepara al nostro continente un futuro di declino nel mondo e regimi di apartheid nelle nostre città. Il dialogo sarebbe sconfitto. La miscela sarebbe esplosiva.

La civiltà del diritto di culto per tutti e del dialogo tra le culture e le religioni non è impossibile da costruire. Io ne sono testimone a Betlemme. Alloggio dai Francescani, accanto alla Basilica della Natività. Nella stessa piazza, quella della Mangiatoia, c’èla Moscheadi Omar. Alla mattina mi sveglio con la mescolanza tra rintocco delle campane e preghiera del Muezzin. Subito dopo, mentre mi reco in Municipio, incontro donne musulmane con il velo camminare fianco a fianco con donne cristiane con la gonna al ginocchio. Negozi e ristoranti cristiani e musulmani sono uno accanto all’altro. Il Natale, poi, è uno straordinario segno di convivenza. Ci sono due feste a distanza di pochi giorni e entrambe le volte la piazza della Mangiatoia si riempie di cristiani e musulmani che festeggiano insieme. Che si sentono innanzitutto palestinesi. E che mi fanno pensare a un seme che germoglia: il riconoscimento che cristianesimo e islam hanno come centro comune della fede l’amore di Dio e del prossimo.

La civiltà  del dialogo è quella in cui crede anche Salah Husein, presidente della Comunità islamica genovese: “Abbiamo discusso e siamo andati sulla strada del dialogo con il Comune, che non ci è costata poco, economicamente e emotivamente. Un nuovo rinvio produrrebbe delusione e darebbe spazio al pessimismo di chi crede che il dialogo sia inutile”. Husein si riferisce alla convenzione tra Comune e Comunità: una sorta di patto tra diversi per crescere insieme, un’importante novità. Colgo il fascino, evocato durante il confronto nelle primarie del centrosinistra, di una Moschea in un’area più centrale. Se c’è una proposta credibile, la si avanzi subito. Ma si eviti di tornare indietro e di ricominciare tutto da capo. Proviamo per un momento a metterci dal punto di vista degli islamici genovesi, e ne converremo. Gli Husein non possono essere sconfitti.

Quello che è possibile a Betlemme può succedere anche da noi, pur se ci vorranno anni: là la convivenza tra palestinesi, qui a Genova, in coerenza con la sua storia di porto-emporio multietnico, la convivenza tra vecchi e nuovi europei. Il centrosinistra è unito, pur con accenti diversi, per andare avanti. Cioè per rispondere alle paure e al loro uso politico con una convincente narrazione del mondo diverso che ci aspetta, orientando l’opinione pubblica in una visione di lungo periodo che illumini la nuova realtà in cui ci troviamo, quella di società sempre più interculturali. La via d’uscita dalla crisi della vecchia Europa, e della vecchia Genova, si troverà solo con i nuovi arrivati, non contro di loro. Chi si candida a fare il  sindaco di Genova deve essere all’altezza della  storia della città e del fatto che, come ha scritto Giuliano Amato su Repubblica, il mondo ci sta guardando. Per capire che civiltà vogliamo esprimere.

Giorgio Pagano

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