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“Il grande saccheggio” di Piero Bevilacqua

a cura di in data 1 Gennaio 2012 – 17:54

Piero Bevilacqua, “Il grande saccheggio”

«Il capitalismo negli ultimi trenta anni – afferma nel video l’autore de Il grande saccheggio – è stata una macchina di distruzione: di distruzione delle relazioni sociali, di distruzione delle risorse naturali e dell’ambiente, di distruzione di economie; di logoramento e di vero e proprio svuotamento degli istituti consolidati della democrazia.
«La mercificazione delle relazioni sociali ha investito anche la politica. Ha svuotato i partiti, ha ridotto la rappresentanza che lega gli interessi dei cittadini, delle masse popolari, allo stato di una mera parvenza, a una finzione.
«Una delle analisi contenute nel libro riguarda ciò che è accaduto ai partiti di massa.
I partiti di massa nei paesi occidentali, nei paesi di antica industrializzazione – tra cui l’Italia – hanno svolto una funzione di grande rilevanza, perché hanno portato gli interessi delle masse popolari nel cuore dello stato. E questi interessi, bisogni, necessità, hanno costituito un contrappeso alla preponderanza degli interessi capitalistici della grande finanza, della grande impresa. E quindi hanno creato una società più equilibrata, ma hanno anche valorizzato la democrazia, perché le esigenze dei lavoratori, del ceto medio, dei giovani, trovavano una voce nei parlamenti, nelle decisioni dei governi.
«Oggi questo legame si è spezzato. I partiti politici sono diventati delle agenzie di marketing elettorale che lanciano e vendono messaggi, ma non producono realmente trasformazioni nel corpo della società in grado di modificare a favore dei ceti medi e delle masse popolari i rapporti di forza.
«Da ciò la sfiducia dei cittadini nei confronti della politica, una sfiducia sempre più pericolosa perché qualunque sia la formazione politica che vince le elezioni e va a governare non fa che produrre lo stesso programma con poche variazioni. E questo, naturalmente, perpetuato per un bel numero di anni, spinge i cittadini a non credere più nella possibilità che la politica possa cambiare la loro vita, la loro condizione.
Ciò crea un vulnus drammatico alla democrazia, perché la democrazia è fatta di partecipazione, non è solo un insieme, un’architettura istituzionale dello stato di diritto. La democrazia o viene riempita con la partecipazione, con l’ethos, con una morale civile sempre rinnovata, oppure muore.
«Quindi i problemi anche drammatici che abbiamo in Italia non sono solo del nostro paese. È che da noi appaiono più gravi perché in Italia i grandi partiti di massa, sorti dopo la seconda guerra mondiale, hanno surrogato in qualche misura le divisioni tradizionali della nostra classe dirigente, la fragilità di consenso su cui è nato lo stato unitario. Partiti come la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista riuscivano a tenere al loro interno classi sociali molto diversificate: il grande industriale e il piccolo contadino. Nel Partito Comunista coesistevano e convivevano l’imprenditore emiliano e il bracciante calabrese, tutti uniti da un medesimo progetto di società a venire, dall’idea di un’emancipazione che portasse con equità tutte le classi sociali a un approdo di società più giusta e quindi a un livello superiore di civiltà.
«Venendo meno questi partiti, questi grandi collanti ideali e sociali della nostra società, il paese si è trovato smarrito. Abbiamo non dei partiti politici, ma delle chiuse oligarchie in perpetua lotta non per programmi e idealità, ma per posti di potere. Questo è un paesaggio, una geografia politica che riguarda ormai tutte le forze politiche, quasi nessuna esclusa. Questo spettacolo, a cui quasi quotidianamente assistiamo, naturalmente allontana i cittadini dall’impegno politico.
«Ma il libro non si ferma a questo. Per esempio analizza a livello internazionale che cosa hanno significato questi ultimi trent’anni di globalizzazione, che cosa è avvenuto alle risorse naturali. Questi ultimi trent’anni sono stati anni di intenso sviluppo, ma non di una crescita economica superiore a quella dei decenni precedenti. La grande sfida neoliberista, che si è conclusa con la crisi del 2008 e 2009, non porta a casa grandi risultati, neppure sul piano del PIL, questo misuratore della ricchezza alquanto fasullo, ormai inadeguato, ma consegue dei risultati ridotti rispetto al passato e nel frattempo, tuttavia, ha creato livelli di iniquità sia all’interno dei paesi sviluppati, sia tra i paesi sviluppati e i paesi del sud del mondo, quale mai si erano verificati nella nostra storia.»

Fonte: http://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=358:il-grande-saccheggio&catid=40:primopiano

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