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Città protagoniste in Europa: la pianificazione strategica

a cura di in data 31 Dicembre 2011 – 15:47

CITTA’  PROTAGONISTE  IN  EUROPA:  LA  PIANIFICAZIONE  STRATEGICA

Centro  in  Europa, numero  4/2011

I tagli governativi hanno reso drammatiche le condizioni dei Comuni. In particolare, il calo degli investimenti è fortissimo. Qualche giorno fa  il sindaco di Torino Piero Fassino ha lanciato una provocazione che la dice lunga sulle difficoltà delle città: “Probabilmente ai Comuni conviene ignorare il Patto di stabilità, perché i benefici che se ne otterrebbero in termini di sblocco della spesa e di sviluppo potrebbero essere più sostanziosi, a conti fatti, delle sanzioni da pagare”. Insomma: le aree urbane costituiscono un forte potenziale per un nuovo sviluppo dell’Italia, che però è del tutto sottoutilizzato. In Europa, per fortuna, prevale una spinta diversa. La Commissione europea ha proposto di sviluppare una “ambiziosa agenda urbana” che permetta alle città di essere protagoniste. I Comuni italiani, quindi, devono attrezzarsi.

La visione europea  è molto chiara: serve un approccio multilivello, multisettoriale e integrato delle politiche dei territori. Le aree urbane sono sollecitate a presentare, in modo coordinato e costruendo reti e alleanze tra loro, grandi progetti integrati. Avranno, quindi, un ruolo sempre più importante in Europa a patto che lavorino come nuovi soggetti programmatori, con il metodo dei patti e delle strategie.

Il ragionamento va posto, allora, sul Piano strategico, lo strumento di policy più innovativo ed efficace sperimentato nell’ultimo ventennio dalle città europee più dinamiche: uno strumento di innovazione istituzionale e di governance che è per sua stessa natura multilivello, multisettoriale e integrato. Oggi più che mai c’è bisogno di una programmazione integrata, capace di individuare le strategie, di non disperdere risorse e di selezionare poche ma grandi priorità per un nuovo sviluppo e per fronteggiare la crisi.  E soprattutto in grado di costruire quella governance multilivello che crei coalizioni e alleanze, patti tra tutti i livelli di governo, per riuscire a intercettare i fondi europei, che oggi sono le principali risorse per gli investimenti pubblici. La strada della pianificazione strategica e della programmazione integrata è dunque obbligata per non essere tagliati fuori drasticamente e drammaticamente dall’accesso ai finanziamenti europei.

In questi anni la consapevolezza dell’Europa su questo punto è cresciuta progressivamente. La programmazione integrata è entrata ufficialmente tra gli obbiettivi della politica di coesione economica e sociale con il Trattato di Lisbona (firmato nel dicembre 2007 e entrato in vigore nel dicembre 2009) sotto il nome di “coesione territoriale”. Ora l’Europa, con la strategia Europa 2020, ce lo chiede con forza ed esplicitamente. Nel prossimo ciclo di programmazione economica europea 2014-2020 le priorità della politica di coesione sono chiare: saranno finanziate strategie e azioni di sviluppo integrato su cui Comuni, Regioni e Governo investano in modo coordinato e coerente. Per ciò che riguarda la dotazione finanziaria, essa prevede fino al 5% di finanziamenti per investimenti dedicati allo sviluppo urbano. Si tratta di un risultato importante: le città, tuttavia, dovrebbero farsi sentire per raddoppiare questa percentuale.

Ma come stanno le cose in Italia? Paolo Perulli, teorico della pianificazione strategica e delle reti dei territori, descrive tre scenari per il nostro Paese: il primo è quello attuale, della frammentazione, della logica in cui ognuno va avanti da sé; il secondo è quello delle “cittadelle”, ossia quello in cui solo alcune grandi aree metropolitane ce la faranno (ma sono poche: e comunque nel caso italiano, a differenza per esempio di quello francese, manca una politica centrale che sostenga questo scenario);  il terzo è quello che viene definito dell’”effervescenza dei sistemi”, cioè dei tanti sistemi territoriali in grado di essere integrati e dinamici e di portare avanti progetti condivisi dal territorio. Questo è lo scenario auspicabile e forse anche possibile: quello delle città che riescono a fare sistema.

La piattaforma per lo sviluppo urbano proposta dal regolamento per i prossimi fondi Fesr spinge in questa direzione: le alleanze multilivello, la condivisione da parte di Comuni, Regioni e Governo di piani di interventi che siano l’esito di una reale concertazione territoriale. L’Europa, quindi, sta facendo un passo verso le città soprattutto ridisegnando una filiera decisionale in cui esse possano essere interlocutori credibili. Ma le città italiane devono fare lo sforzo per rispondere a questa chiamata. E’ uno scenario che va reso credibile nei prossimi due anni, per arrivare pronti al 2014, con un’agenda urbana che sia il frutto di un percorso decisionale serio, condiviso, creativo. La crisi italiana va quindi colta anche come occasione per riorganizzare il sistema decisionale, per ricostruire una filiera credibile dei processi decisionali sulle politiche urbane e sui processi di sviluppo che metta finalmente al centro le città.

Sono questi i temi centrali su cui oggi è impegnata la ReCS, la rete che associa le città italiane (una quarantina) impegnate nella pianificazione strategica e nella programmazione integrata. Noi crediamo fermamente che la strategia Europa 2020 debba essere sostenuta sia dall’alto -l’Europa- sia dal basso: dalle città intese come “soggetto collettivo” in quanto capaci, e molti Piani strategici lo hanno provato, di coinvolgere tutte le forze potenziali dei territori (individui, istituzioni, società civile).

Su scala locale la ReCS aiuta le amministrazioni locali delle città dei Piani strategici a fare quel salto di qualità necessario per rafforzare la loro capacità di cooperazione interistituzionale; le segue nella elaborazione di progetti europei; le sostiene nella creazione di sistemi di monitoraggio innovativi per valutare l’impatto degli interventi sull’intero sistema locale, sovralocale e del Paese: anche questo l’Europa ce lo sta chiedendo per il prossimo ciclo di programmazione e per noi, in ritardo su questo punto, rischia di diventare un vero e proprio elemento discriminante.

Su scala regionale e nazionale la ReCS, con il supporto delle Regioni e del Governo, sta mettendo a confronto regione per regione i Piani strategici con il Quadro Strategico Regionale e il Quadro Strategico Nazionale, proprio con l’obbiettivo operativo di costruire la programmazione integrata del territorio, a partire dalla messa in coerenza dei piani di sviluppo alle diverse scale. Su scala europea, infine, con alcune città leader della pianificazione strategica in Europa -Torino, Barcellona, Lille e Stoccarda-  e con il supporto del Consiglio europeo dei Municipi e delle Regioni, la ReCS sta promuovendo una Carta urbana sulla Pianificazione strategica, affinché questa forma di policy sia indicata e riconosciuta dall’Unione europea quale strumento di programmazione integrata e di coesione territoriale.

Certamente l’Europa sta prospettando sempre più uno scenario che “sostiene” la missione della ReCS e sollecita il nostro impegno a rafforzare la voce delle città e la loro capacità di rispondere alla crescente domanda di progettualità che nasce dalle società locali.

Raffaella Florio

Direttore della Rete delle Città Strategiche e docente presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze in Città e Sistemi locali di innovazione

 

Giorgio Pagano

Segretario della Rete delle Città Strategiche e Presidente di Funzionari senza Frontiere; in Liguria è portavoce di Januaforum e Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

 

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