Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Non abbiamo bisogno di j’accuse, ma di una nuova fase della collaborazione tra pubblico e privato

a cura di in data 28 Febbraio 2011 – 15:48

Cronaca4 – 28 febbraio 2011 – Il presidente di Confindustria Enzo Papi, inaugurando la nuova sede degli imprenditori edili, ha lanciato un forte “J’accuse alla politica”, come titola Cronaca4.  Letto il titolo, pensavo che Papi riprendesse la dura critica al Governo Berlusconi della sua presidente nazionale Marcegaglia intervistata da Fazio a “Che tempo che fa”: “la politica economica nazionale è insufficiente, c’è una totale disattenzione sulla crescita”. Il Paese è davvero in apnea, e non c’è crescita. Le radici sono molte: le crescenti diseguaglianze sociali; la dimensione troppo piccola delle imprese, inferiore a quella di ogni altro Paese avanzato; l’infimo livello delle spese per la ricerca, pubbliche ma soprattutto private. E’ vero, come dice il ministro Tremonti, che non sono i Governi a fare il Pil; ma sono i Governi che, occupandosi delle istituzioni e dell’amministrazione, potrebbero creare un ambiente favorevole alla crescita. In tre anni, invece, non si è visto un segno di avvio. Solo l’attacco al lavoro e, ora, all’incolpevole articolo 41 della Costituzione.
In realtà il bersaglio di Papi è la politica locale: “Sono a Spezia dal 1995 e i temi sul tappeto erano già l’Arsenale, l’area ex Ip e si parlava di waterfront: sono passati 15 anni e i problemi sono rimasti in buona parte in divenire”. Cito ancora da Cronaca4: “Le cose vere che sono accadute a Spezia sono successe fuori dal sistema pubblico, come quando rilevammo Termomeccanica. Proponemmo di far confluire in una nuova società, Luniambiente, Acam e Termomeccanica, e Luniambiente fu sciolta dal sindaco allora in carica (il sottoscritto, ndr). Termomeccanica è ripartita non certo grazie agli aiuti pubblici. Come mai il sistema pubblico non è mai strumento di crescita?”. Le critiche sono ingenerose e ingiuste. I “temi sul tappeto” hanno avuto accelerazioni robuste: l’area ex Ip e il Porto Mirabello, che sembravano chimere, oggi sono realtà; il waterfront, da mera aspirazione, è diventato materia del Piano urbanistico, poi del concorso di idee, ora del masterplan. Ancora: al posto dei vecchi cantieri di demolizione navale sono sorti Porto Lotti e i moderni cantieri della nautica; una nuova industria sta per sorgere sulle ceneri della San Giorgio; sono arrivati Megacine, My Hotel e Esselunga… Insomma, il famigerato pubblico è stato un soggetto di sintesi e di ricomposizione dei diversi interessi della comunità locale, compresi quelli delle imprese, e attrattore di investimenti esterni (tutti quelli citati, a parte Porto Lotti).
La stessa rinascita di Termomeccanica fu possibile certamente grazie all’impegno di Papi, ma anche grazie a quello del pubblico: il Comune entrò addirittura nella compagine azionaria (così fecero anche i lavoratori), per poi uscirne gradualmente. Quanto a Luniambiente rimando al Diario contenuto nel mio libro “La sinistra, la capra e il violino”. Ricordo solamente che i legali del Comune ci spiegarono che non avremmo potuto, per motivi giuridici, scegliere la strada suggerita da Papi. Acam era un consorzio pubblico, non poteva fondersi con un privato. Bisognava aspettare la sua trasformazione in Spa (che avvenne nel 2001): ma a quel punto fu Termomeccanica a dirsi non più interessata. Non abbiamo quindi mai potuto fare studi industriali e valutazioni economiche, indispensabili per capire se quell’alleanza avesse avuto un senso o meno. Alla luce della storia successiva (cessione di fatto della divisione ambiente di Termomeccanica alla francese Veolia) sembrerebbe di no. Ricordo poi che l’opposizione politica a Termomeccanica era durissima; e che la capeggiava Giacomo Gatti, capogruppo di Alleanza Nazionale, ora pidiellino legato al sen. Grillo e sostenitore di Papi.
Ma torniamo al ruolo del pubblico in questi anni: abbiamo realizzato il centro fieristico, la darsena, il centro produttivo di via Fontevivo, i musei, l’Università, il Distretto delle tecnologie marine… E’ vero: l’attuazione del Piano regolatore del porto è in ritardo, ma le responsabilità sono da attribuire alla burocrazia ministeriale e all’ignavia di una guida dell’Autorità Portuale che fu imposta dalla Regione e dal Governo di centrodestra, purtroppo con l’accordo di una parte del mondo imprenditoriale, Papi compreso. Ed è vero che la questione del declino dell’Arsenale è uno scandalo: ma va riconosciuto che le soluzioni non sono in mano locale, e che il sindaco ha avviato un’iniziativa forte.
Rivendicare un’azione di governo che ha iniziato a ricostruire le basi economiche della città non significa non vedere il problema della disoccupazione giovanile e non cogliere le nuove sfide progettuali. Le cause della bassa crescita nazionale vanno affrontate anche da noi: come rendere la società meno diseguale? Come aiutare le piccole imprese ad aggregarsi e ad internazionalizzarsi? Come sviluppare le strutture del sapere e della ricerca? Quest’ultimo è un tema chiave, quello della creatività: forti e vivaci Università, poli di ricerca e di innovazione produttiva, luoghi di espressione per i giovani, voglia di tentare strade nuove, elaborazione di nuovi stili di vita, mutamenti dell’organizzazione civile, apertura verso le differenze, ricambio generazionale, mobilità nella scala sociale. Non abbiamo bisogno di j’accuse, ma di una nuova fase della collaborazione tra pubblico e privato, in cui la ricchezza privata trovi allocazione nell’ingegno e nell’innovazione, piuttosto che nella rendita e nel mercato immobiliare.
La rendita e l’ingegno hanno sempre giocato un ruolo importante nella storia italiana. La prima prevale quando la nazione è rivolta al passato. Il secondo vince solo quando il Paese si rivolge al futuro. Questo è il bivio in cui ci troviamo oggi, anche a Spezia. Il mattone non può sostituire lo sviluppo dell’industria tecnologica, dei  servizi moderni, dei saperi e delle arti.

Giorgio Pagano

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