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Le aree dell’Arsenale e l’incognita permute

a cura di in data 23 Agosto 2010 – 14:40

Il Secolo XIX – 23 agosto 2010 – Al declino dell’Arsenale, di cui ho scritto la scorsa settimana, si accompagna il blocco di ogni processo per liberare parte delle sue aree a vantaggio della città. Sono due facce della stessa medaglia: quella dell’incapacità di decidere, che porta alla morte lenta di un’ormai ex grande fabbrica e insieme all’indisponibilità di “aree/infrastrutture rese disponibili dalla razionalizzazione delle lavorazioni”, come pure recitava il discutibilissimo documento del Cramm (Comitato per la riconversione degli  Arsenali) di fine 2009. Non c’è stata la “razionalizzazione delle lavorazioni”, e quindi nemmeno la dismissione di aree/infrastrutture. L’utilizzo dei bacini da parte di qualche azienda spezzina in cambio di prestazioni di lavoro, tema di cui si discute in questi giorni, è importante, ma non va certo alla radice del problema.
Qualcosa, nel frattempo, è accaduto invece per le aree esterne all’Arsenale. Il Ministero della Difesa, a inizio 2010, ha cominciato l’opera di riorganizzazione del proprio patrimonio immobiliare, così come vuole l’articolo 14-bis del decreto legge 122 del 2008. Sono state individuate 36 strutture militari da destinare ad altri usi e da affidare in concessione, in accordo con i Comuni; e altri 76 beni da mettere in vendita, ma non prima  di averne modificato, d’accordo con i Comuni, la destinazione d’uso, così da aumentarne il valore. I Comuni potranno ottenere fino al 20% delle somme incassate dalla vendita. Negli elenchi sono contenuti  molti beni militari spezzini: l’aeroporto di Cadimare, la caserma Duca degli Abruzzi, l’ex Mariperman di viale San Bartolomeo, l’ex deposito Mardichi di via XV giugno, e altro ancora.
In realtà la via più semplice, quella della vendita con il conseguente incasso dei soldi, non interessa alla  Difesa, dato che essa non può ricevere pagamenti. Le somme dovrebbero essere incamerate  dal Ministero dell’Economia, e conoscendo Tremonti… L’intenzione è quindi quella di affidarsi alla via più complessa della permuta: permutare il valore degli immobili per costruire nuove caserme o alloggi o per ristrutturare edifici esistenti. Uno strumento appunto complesso, tant’è che il protocollo d’intesa tra Comune della Spezia, Ministero della Difesa e Agenzia del Demanio del maggio 2009, imperniato sulle permute, è rimasto sulla carta.
A complicare ulteriormente le cose è arrivato, a maggio di quest’anno, il decreto legge sul federalismo demaniale. I beni del demanio potranno essere acquisiti dai Comuni “a titolo non oneroso”, cioè gratis. Se il bene frutta qualcosa, c’è subito un taglio corrispondente nei trasferimenti finanziari da parte dello Stato. A parte il fatto che i Comuni hanno storto il naso, perché molti beni potrebbero rappresentare più un problema (di spesa) che un’opportunità, per noi il vero punto di debolezza riguarda l’esclusione dei beni appartenenti al demanio della Difesa “protetti da norme precedenti”, come i protocolli d’intesa. Insomma: quel protocollo sbandierato in pompa magna dal Governo prima delle elezioni  europee del 2009 si sta rivelando un boomerang. E, come nel gioco dell’oca, si torna sempre indietro. Ecco perché tutta la città e la Regione devono farsi sentire.

lontanoevicino@gmail.com

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