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Home » Il Secolo XIX locale, Rubrica Lontano&Vicino di Giorgio Pagano

Spezia città simbolo dell’unità nazionale

a cura di in data 23 Agosto 2009 – 12:12

Il Secolo XIX – 23 agosto 2009 – 140 anni fa, il 28 agosto 1869, fu inaugurato l’Arsenale. Fu l’atto di nascita di una nuova città, che si aggiunse alla vecchia città murata, fino alla frazione di Marola. La vita di Spezia ne fu sconvolta. L’Arsenale si estese su una superficie 14 volte più grande della città esistente. La popolazione passò da 11.000 abitanti nel 1858 a 24.000 nel 1871 e a 31.500 nel 1901, a cui vanno aggiunti le migliaia di militari nelle caserme e di lavoratori pendolari. La città militare si espanse in altre direzioni: a levante con il viale San Bartolomeo e un cantiere navale, a nord  con la via Militare (oggi viale Garibaldi), il Quartiere Umbertino per le case operaie e l’Ospedale Militare nell’attuale viale Fieschi.

Spezia era votata al militare già da molto tempo: Napoleone nel 1808 dichiarò la città porto militare, ma il suo progetto di un Arsenale tra le Grazie e il Varignano non si realizzò. Fu ripreso dal Regno sabaudo, soprattutto da Cavour, che tirò dritto tra le opposizioni  genovesi e le difficoltà finanziarie, fino all’approvazione del nuovo progetto di Chiodo, nel 1861.

Erano possibili altre scelte di sviluppo della città? In teoria sì. Nella prima metà dell’Ottocento fu praticata l’opzione turistica. I Savoia facevano le vacanze da noi, ed eravamo una delle mete dei viaggiatori. Sorsero, per iniziativa di imprenditori locali, hotel e stabilimenti balneari. Ma queste aspirazioni cozzavano contro la volontà dello Stato e di poteri molto più forti, che trasformarono la città in piazzaforte militare e poi in centro industriale e  portuale.

Il mare, da allora, non “entra” più in città, è ai margini, sullo sfondo, alle nostre spalle. Il mare e la città diventano due realtà che quasi non si toccano più. La città “dialoga” con bacini, moli, banchine. Oggi, però, ci sono le condizioni perché si affermi un nuovo modo di essere città militare. Quello che non si poté realizzare a metà Ottocento, cioè la compatibilità tra un Arsenale di dimensioni minori, lo sviluppo turistico e la disponibilità di spazi sociali e culturali sul mare, appare praticabile. Le nuove tecnologie rendono possibile la realizzazione, in Arsenale, di un polo di eccellenza industriale che occupi un perimetro più ristretto, in modo tale da poter usare le aree non più strategiche per altre funzioni.

Certo è che Spezia, 140 anni dopo, si conferma uno dei simboli dell’unità nazionale. E’ stata una città ospitale, costruita grazie all’apporto di migliaia di lavoratori di altre città e regioni, che diedero vita a un crocevia di culture, costumi, idiomi. E’ stata una città con un consolidato senso delle istituzioni. Ancora: una città del sapere tecnico (si pensi al ruolo della Scuola allievi operai). E, infine, una città della democrazia di massa: polo industriale, quindi di aggregazione sociale, con forti sindacati e partiti, che hanno conquistato le persone alla battaglia politica sul terreno della democrazia.

In vista del 150° anniversario dell’unità d’Italia nel 2011 dobbiamo dare valore a questo rapporto tra storia di Spezia e storia della nazione. Il Corriere della Sera ha aperto una polemica giusta contro il Governo, che non offre programmi e risorse per questa ricorrenza. L’Italia dimostrerebbe così di non avere a cuore la propria identità, che è passato e futuro. Spezia, città dell’Arsenale, e Genova, città da cui partì l’impresa dei Mille, in cui prese forma l’inno nazionale e in cui nacque Mazzini, hanno molto da dire. La Liguria deve farsi sentire.

lontanoevicino@gmail.com

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