Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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I nostri mercati locali della terra

a cura di in data 2 Novembre 2008 – 10:43

Il Secolo XIX2 novembre 2008 – Domenica ero a Terra Madre a Torino. In occasione del Salone del gusto di Slow Food la città è la  capitale degli alimenti da salvare in Italia e nel mondo: una vera e propria Onu del cibo “buono, pulito e giusto”.
Nell’Italia del declino della politica, priva di un pensiero sui problemi del mondo, solo il movimento di Carlin Petrini riesce ad avere una così grande ricchezza di relazioni internazionali. C’erano 7000 persone da 154 Paesi: contadini, pescatori, nomadi raccoglitori. Una Babele di linguaggi e di colori, un esempio, spesso commovente, di “globalizzazione giusta”. Rappresentano oltre il 50% della popolazione terrestre, ma a noi sembrano emergere da profondità lontanissime. Torino, con la tragedia della Thyssen-Krupp, ci ha ricordato che esistono ancora gli operai. Ora ci ha fatto riscoprire i lavoratori della Terra, protagonisti di economie minacciate di estinzione, assediate dalla produzione agroindustriale che, con le sue colture estensive, distrugge le colture intensive tradizionali, ricche di biodiversità.
Terra Madre ha il grande merito di mettere in rete e di far parlare tra loro queste esperienze, e di sollecitare accordi di cooperazione che sostengano un modello di agricoltura ecologica e cooperativa fondato sull’esperienza e i saperi delle comunità locali. L’unico modello che offre una prospettiva di sviluppo alle regioni più povere del pianeta, e che può consentire loro di nutrirsi.
Ma questo messaggio sul modello di sviluppo vale anche per noi occidentali. Petrini sostiene che gli umili della Terra sono “gli unici già pronti per rispondere alle sfide che il mondo ci pone innanzi” perché “l’economia locale è la base per ripartire con un nuovo new deal dopo la crisi”. E’ difficile pensare a un mondo fatto solo di economie locali, ma è certo che le nostre società non possono sopravvivere senza la riserva di valori, innovazione, diversità che le economie locali assicurano.
Dobbiamo quindi cooperare con le comunità del Sud del mondo ma anche favorire lo sviluppo dei prodotti autoctoni, riscoprire e valorizzare la nostra tradizione agricola.
E a Spezia che fare? Devono crescere le esperienze di cooperazione, come quella dell’Arci, che sostiene l’agricoltura biologica in una comunità brasiliana coinvolgendo il movimento contadino dei Sem Terra e gli agricoltori del biologico della Val di Vara. O quella del Comune di Pignone, che ha appena ospitato la Comunità di Humahuacha, una regione argentina dove opera un presidio di Slow Food che ha recuperato la varietà delle patate andine.
E vanno sostenute le nostre comunità del cibo: a Terra Madre c’erano gli olivicoltori di Ortonovo, i coltivatori di Pignone, i raccoglitori di funghi di Carro, i coltivatori di pisello nero di L’Ago, i castanicoltori della Val di Vara e gli allevatori del gallo nero di Varese Ligure. Sarebbe bello, la prossima edizione, vedere anche i mitilicoltori e i farinatai, ma con il prodotto di una volta, come mi dice sempre Barbara Schiffini della Condotta spezzina  di Slow Food, cioè con (poco) olio d’oliva… Le idee sono molte: organizzare i “mercati della terra”, luoghi di presentazione e vendita dei prodotti locali; sperimentare questi prodotti nelle mense, e così via. Non resta che crederci in tanti, enti pubblici in testa.

lontanoevicino@gmail.com

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