Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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Non dimenticare i morti sul lavoro

a cura di in data 19 Ottobre 2008 – 09:29

Il Secolo XIX – 19 ottobre 2008 – Domenica è morto Alfredo Bellani, precipitato da un ponteggio due giorni prima, mentre lavorava  in un cantiere edile di Vezzano Ligure. La strage continua: ieri l’altro ha mietuto 8 vittime.
I dati sono sconvolgenti: nel 2007 tre morti, 27 invalidi permanenti e 2500 infortuni al giorno, 1200 vittime e 800.000 invalidi nell’anno. I morti sul lavoro  sono quasi il doppio della Francia, il 30% in più rispetto a Germania e Spagna. Numeri pesanti, che segnano una grave sconfitta della nostra classe dirigente.
Particolarmente grave è il bilancio della Liguria: 21 morti e 11.000 infortuni nel 2008.
Che cosa fare? La cosa più importante è non dimenticare, non accorgersi degli operai solo quando soccombono, non smettere mai di rivendicare un’azione più incisiva per la tutela del lavoro.
Le buone leggi esistenti, come il testo unico sulla sicurezza, vanno integralmente applicate e rese operative nei luoghi di lavoro con il concorso delle parti sociali, delle istituzioni, delle forze della cultura (perché la formazione e l’educazione sono elemento fondamentale della prevenzione).
Tutti devono impegnarsi concretamente e a fondo: gli enti preposti, che devono operare in modo più  coordinato, ma anche gli imprenditori, perché la salvaguardia dell’incolumità dei dipendenti -il primato della vita umana- va sempre considerato un bene superiore alla produttività e al profitto.
Mettere in secondo piano la  sicurezza  non rende l’economia più competitiva ma la condanna  all’arretratezza strutturale. Se il lavoro perde dignità sociale, se gli operai tornano ad essere plebe è tutta l’Italia che ritorna all’antico. Ricordiamoci che nel dopoguerra abbiamo ricostruito il Paese grazie al concorso tra capacità imprenditoriale e ritrovata dignità del lavoro: c’era una nazione capace di dare valore alla fatica fisica del lavoro manuale, che non la emarginava e vessava come oggi. C’era l’orgoglio operaio, ma oggi -sono i dati di una ricerca di Aris Accornero-  solo il 5% degli operai sogna, per i propri figli, un avvenire da operaio.
Ce la faremo, dopo l’emozione del momento, ad evitare ancora la rimozione? O l’attenzione ricadrà, come accade oggi, solo sulla sicurezza  dai ladri, soprattutto stranieri, immigrati, zingari? O i morti sul lavoro ritorneranno a essere considerati, di fatto, vittime di serie B?
Sarà difficile farcela, perché i colpevoli dei reati nelle fabbriche e nei cantieri non sono gli “altri”. Sono i valori, le abitudini, gli stili di vita dominanti: un modello sociale.
Tuttavia dobbiamo provarci, cominciando a cambiare le coscienze. Una vera classe dirigente dovrebbe svolgere un’opera educativa, capire e far capire quali sono le priorità dettate dall’interesse generale. Il testo unico sulla sicurezza introduce come materie scolastiche ed universitarie le tematiche della sicurezza sul lavoro. Faccio, allora, una piccola proposta alle istituzioni e alle scuole: anticipiamo questa riforma e proiettiamo per gli studenti “La fabbrica dei tedeschi” di Mimmo Calopresti, il film sulla strage della Thyssen-Krupp. Un colpo al cuore, allo stomaco e al cervello. Uno sguardo lucido e commovente, che andrebbe proiettato a reti unificate sulle reti televisive…Ma non accadrà, e allora cominciamo noi. Perché ognuno può e deve fare qualcosa, anche una piccola cosa, che aiuti a  sperare che il presente si può cambiare.

Lontanoevicino@gmail.com

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